Omero-L'oltraggio al cadavere
La morte di Ettore segna la fine dell’ultimo dei grandi duelli dell’Iliade, che hanno avuto di volta in volta come protagonisti Paride e Menelao, Ettore e Aiace, Sarpedone e Patroclo, Patroclo ed Ettore, Ettore e Achille. La morte di Sarpedone provoca il risentimento di Ettore, che uccide Patroclo, lo spoglia delle armi e tenta di impadronirsi del suo cadavere per mutilarlo . Di qui, il furore di Achille contro di lui, il suo rientro in battaglia, la celebrazione del suo sovrumano ma spietato valore nel massacro indiscriminato, che precede il duello finale fra i due eroi, la ferocia nei confronti dell’avversario abbattuto, dettata dalla volontà di infliggere agli altri tanto dolore quanto ne ha provato egli stesso per la morte dell’amico. Con questo comportamento, Achille conferma in pieno il lato funesto della sua personalità. Non casualmente il poeta esaspera in ogni occasione il contrasto fra l’eccezionalità del valore e l’irrazionale passionalità del Pelide, paragonandone la bellezza a quella di un astro dall’intenso splendore, ma carico di sinistri presagi, e la furia inarrestabile, a quella distruttrice del fuoco. Dal momento in cui si affaccia al limite del campo e , pur disarmato, mette in fuga i Troiani con il terribile suono della sua voce, Achille è sempre avvolto nella luce come un’epifania divina. Sul suo capo, l’elmo risplende come un astro; agli occhi di Priamo, egli appare nella pianura rivestito di bronzo abbagliante, simile alla stella della canicola, antitesi perfetta della tenebra in cui precipita i guerrieri a cui dà la morte e che fra poco avvolgerà anche lui.
“Ὣς ἄρα μιν εἰπόντα τέλος θανάτοιο κάλυψε,
ψυχὴ δ' ἐκ ῥεθέων πταμένη Ἁϊδόσδε βεβήκει
ὃν πότμον γοόωσα λιποῦσ' ἀνδροτῆτα καὶ ἥβην.
τὸν καὶ τεθνηῶτα προσηύδα δῖος Ἀχιλλεύς·
τέθναθι· κῆρα δ' ἐγὼ τότε δέξομαι ὁππότε κεν δὴ
Ζεὺς ἐθέλῃ τελέσαι ἠδ' ἀθάνατοι θεοὶ ἄλλοι.”