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Il discorso di Penteo

Nel suo discorso discorso Penteo manifesta un atteggiamento ossessivo nei confronti della situazione che sta vivendo (le donne di Tebe sono scappate sui monti per seguire Dioniso). Tanto da essere configurato come un malato mentale (= νοσος φρενον, generalmente legato anche all’ accecamento).
Infatti più volte vengono ribadite le stesse parole o gli stessi concetti in maniera ossessiva.
Come suggerisce il verbo θερασομαι la donna è vista come un animale, una bestia (vedi radice θερ-; fera in latino) stanata e aggiogata (catene di ferro) con la violenza.

Penteo vede quindi se stesso come un predatore.
Penteo è quindi caratterizzato dalla sua volontà di imprigionare di vincolare. E in questo si schiera in maniera antitetica a Dioniso, che è λυσιος (= colui che scioglie: dai vincoli sociali, ...) In questo si esprime la dicotomia prigionia- libertà Prigionia delle catene di Penteo che sono le catene dalla legge umana (scritta e morale), libertà data dall' invasamento, dall'inseguimento della sfera istintuale/ irrazionale. Altra dicotomia importante in questi versi è quella chiuso-aperto, chiuso legato alla condizione della donna “domata”, aperto legato alla “libertà degli istinti”.
Questo atteggiamento ossessivo viene interpretato dai più come “il ritorno del represso”. Quello che a livello conscio è mascherabile riemerge nelle sue parole a livello inconscio: l’intimo desiderio di abbandonarsi al furor bacchico. Ad attenuare questa sua “repressione” è il fatto che lui è il capo della città e deve rispondere delle leggi, e in più deve punire chi non le rispetta.
L'unico errore che commette è quello di farsi influenzare troppo dalla sua opinione, non manifestando alcun senso del limite e quindi pecca di hybris.

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