GreMo80
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Francesco BaroniFinita questa intervista ho un consiglio per chi sia convinto che si debba scegliere tra carriera e famiglia: rivolgetevi a Francesco Baroni e fatevi raccontare la sua storia (oppure ri-leggete questo articolo!). Perché non è facile capire come abbia fatto, ma Francesco - lecchese trapiantato a Milano – naviga da quasi tre decenni in ruoli di rilievo ai massimi livelli professionali ed è riuscito a crescere una famiglia solida e molto (ma molto) numerosa, sulla quale preferisce mantenere uno stretto riserbo. Le sue parole trasmettono la passione per il lavoro, ma non nascondono il sentimento e l’amore per una vita privata ricca e stimolante.

“Non amo rendere pubblica la mia sfera privata, ma sono orgoglioso di aver cresciuto una famiglia grande e soprattutto unita. Non è certo facile, ma è sicuramente possibile, avendo ben chiare le priorità ed accettando dei compromessi. Quando mi è stato chiesto di andare all’estero ho fatto altre scelte. Forse ho rallentato la mia carriera, ma ho tutelato la serenità di chi mi stava vicino ed oggi non ho alcun rimpianto”.

  • Oggi sei a capo di un’importante azienda italiana, non sembra che ti sia andata male
  • "Quando ero alle superiori non brillavo purtroppo negli studi. Non so perché, forse non ero ancora maturo. La scuola era molto dura, selettiva. Ricordo che in prima Liceo Scientifico eravamo in 33 ed alla fine della maturità in 7! Arrivati alla fine dissi ai docenti che avrei voluto fare l’Università ed una professoressa disse a mia madre di mandarmi a lavorare perché non sarei stato in grado di laurearmi.
    Questa cosa mi ferì e mi colpì molto. Mi sentii addosso un giudizio che mi andava stretto, che mi poneva un limite che non potevo accettare. Così scattò in me un senso di orgoglio e di riscatto e decisi di iscrivermi a Ingegneria Meccanica.
    Quindi certo, non mi è andata male, ma il mio non è stato un percorso in discesa. Tutto quello che ho avuto sono andato a cercarmelo".

  • E sei riuscito a laurearti?
  • "Sono diventato Ingegnere Maccanico al Politecnico di Milano, proprio come mio padre che mi disse: se studierai ingegneria al Politecnico qualsiasi cosa vorrai fare o ti sarà chiesto di fare potrai farla. Ed è andata proprio così. Studiare è stato difficile ed impegnativo, ma ponendomi obiettivi ambiziosi, da superare uno alla volta, ho acquistato fiducia in me stesso e maturato la convinzione che non ero affatto un “somaro” come mi aveva dipinto la prof. del liceo!".

  • Poi sono arrivate le scelte lavorative?
  • "Eh già… era il 1994, anni di grande crisi lavorativa. Non certo come oggi dove tutte le aziende si contendono i laureati. In quegli anni la disoccupazione era altissima e farsi assumere da grandi aziende molto difficile. Per un caso fortuito (serve anche la fortuna nella vita), conobbi uno dei miei primi “mentor”, ex manager di Olivetti a fine carriere che aveva da poco creato una società di consulenza, piccola, ma formata da professionisti di grande livello.
    In quel periodo la consulenza non era vista, come invece avviene oggi, come una vera e propria professione e come un trampolino di lancio per giovani ambiziosi; era piuttosto un’attività riservata a persone di lunga esperienza. Vidi però in questa occasione l’opportunità di imparare ed in effetti devo agli otto anni trascorsi lì, gran parte della mia formazione professionale".

  • Come ci si forma per fare il manager o addirittura il Chief Executive Officer?
  • "Nel mio percorso ho cercato di fare di tutto, nel senso di sfruttare ogni occasione per mettermi alla prova e fare cose nuove. Ho, però, sempre seguito un “file rouge”, quello di guardare all’azienda secondo la prospettiva dei processi, dell’organizzazione e delle tecnologie in un periodo nel quale si iniziava a capire meglio il valore delle tecnologie informatiche, dai PC alla rete. Esperienze che mi hanno insegnato a leggere trasversalmente le aziende, interpretarne le culture, analizzare e facilitare le opportunità di crescita ed integrazione. La chiave di lettura è sempre il cambiamento: devi saperlo guidare, ma soprattutto devi riuscire a 'vederlo'".

  • Servono anche buoni maestri?
  • "Ho conosciuto grandi personalità, anzi direi grandi persone. Da ciascuna di loro ho imparato e preso esempio, anche confrontando stili di leadership diversi.
    Ho lavorato diversi anni in IBM, una grandissima scuola di management, dove i miei capi di allora avevano la statura per prevedere (ed influenzare) le evoluzioni di interi settori di business. L’importanza della Ricerca e Sviluppo, dell’innovazione, dell’integrazione, della gestione dei talenti. Tutte competenze approfondite e consolidate in quel periodo. Ma ho lavorato anche nel pubblico, come Direttore di alcune importanti funzioni della Regione Lombardia e di quella fase mi porto dietro l’esercizio della leadership negoziale e relazionale ai massimi livelli. Saper gestire le persone, ascoltare gli altri e indirizzarne l’operato nel lungo periodo".

  • È stato difficile gestire gli equilibri familiari?
  • "Mi sono posto delle regole, dei limiti da non superare, consapevole delle conseguenze.
    In IBM ero stato inserito nella lista dei migliori manager, quelli ai quali viene riservato un percorso di crescita super accelerato. Dopo tanti anni di lunghe e continue trasferte avrei dovuto trasferirmi all’estero, ne ho parlato in famiglia, non c’erano le condizioni ed ho rifiutato. Non ho rimpianti, bisogna conoscere il proprio equilibrio e rispettarlo".

  • Non ti sono mancate comunque occasioni per continuare a crescere…
  • "In effetti è la cifra della mia vita. Tutte le volte che sto per prendere una decisione difficile, arriva un’altra opportunità che cambia le carte in tavola!
    Quando ho rimesso il mio mandato come Direttore in Regione avevo maturato la convinzione di tornare nel mondo della consulenza e delle tecnologie, ero sicuro, convinto della mia scelta. Ma è arrivata la chiamata di GI Group ed in un attimo ho capito che era la strada giusta per me. Un’azienda italiana, con ambizioni internazionali, un ambiente in crescita, leader di un settore fondamentale come i servizi per il lavoro, guidata da un imprenditore illuminato. Cercavano una persona che aiutasse nello sviluppo organizzativo e nell’integrazione aziendale".

  • E tu avevi le competenze giuste per questa sfida?
  • "A quanto pare avevo studiato per arrivare preparato a questo momento! Mi sono stati utili tutti gli insegnamenti appresi in consulenza, in IBM, in Regione.
    Oggi GI è un’azienda grande e complessa, che cresce anche attraverso acquisizioni ed in grado di proporre servizi che vanno dalla classica ricerca e selezione, alla formazione professionale, fino alla completa gestione di processi (ndr denominata outsourcing) per conto delle aziende (ad esempio nella logistica)".

    "Soprattutto sono fiero di aver potuto portare una precisa impronta, una cifra non di stile, ma di sostanza che mi rende orgoglioso della mia azienda: l’attenzione alla sostenibilità.
    Oggi in GI l’intera cultura aziendale è concepita per essere inclusiva, non per comodo, ma per precisa scelta di business. Lo sviluppo professionale, l’equità di genere nelle assunzioni, l’accessibilità al lavoro per chi è svantaggiato, il sostegno alla genitorialità sono obiettivi concreti, non sono soltanto slogan, che guidano l’operato di tutte le nostre persone. Questo è l’unico modo per poter incidere e far cambiare le cose. Abbiamo la possibilità di farlo".

  • Parlando di lavoro, hai una “parola del lavoro” da consigliare agli studenti?
  • "Me ne vengono in mente due: gusto e bellezza.
    Oggi per chi ancora deve scoprirlo, il mondo del lavoro sembra insidioso, noioso, un obbligo o un peso da sostenere. Eppure può nascondere l’essenza della propria vita. Se fai le scelte giuste puoi scoprire il gusto e la bellezza di lavorare e chiunque può farlo, a prescindere da come vanno gli studi o da che cosa gli altri consigliano di fare.
    Certo, non sempre si può fare quello che ci piace, ma nelle proprie scelte possiamo farci guidare anche dal cuore.
    Il mio consiglio è: scopri quello che ti piace e poi piegalo per farlo diventare quello che serve!".

    Ma questa intervista racchiude solo una piccola parte del pensiero di Francesco Baroni e delle opportunità per i giovani offerte dalla sua azienda. Per saperne di più, puoi seguire il suo profilo LinkedIn.

    Gregorio Moretti
    Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende

    Data pubblicazione 15 Novembre 2023, Ore 15:27 Data aggiornamento 15 Novembre 2023, Ore 15:35
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