
Come la goccia che scava la pietra, il pensiero e la parola di Edoardo Borgomeo arrivano con la calma dell’acqua che, determinata e costante, modella il proprio percorso.
Del resto l’acqua ha segnato la sua vita.
Romano del 1989, specialista della Banca Mondiale, consulente per la FAO, oggi professore associato alla Cambridge University, Edoardo ha prima girato il mondo e poi ha deciso di fare qualcosa per questo mondo: dedicare il suo tempo allo studio dell’elemento naturale dal quale dipende la nostra vita.“Credo che nel fare le proprie scelte sia indispensabile confrontarsi con le proprie capacità, ma anche provare a restituire qualche cosa alla collettività - spiega Edoardo - Impegnarsi per il bene comune è bello ed utile e può al tempo stesso consentire di sviluppare competenze fondamentali per il nostro futuro”.
- Nasce da questa convinzione il tuo percorso di studi?
"Quando ho iniziato a studiare non avevo certo in mente che cosa avrei fatto da grande! Anche se la passione per le scienze naturali mi ha accompagnato fin da bambino, forse grazie a mia madre, maestra di scienze e matematica e grande appassionata di astronomia. Il Liceo scientifico era una scelta possibile viste le mie caratteristiche, ma per niente scontata dato che in famiglia, prima di me, nessuno lo aveva mai fatto. All’epoca ero anche convinto che fosse inutile studiare le lingue classiche, come il greco, così scelsi lo scientifico. Con il tempo ho poi cambiato questa mia convinzione: il mondo è così vario, esteso e complesso che servono tutte le competenze per provare a gestirlo, comprese quelle umanistiche."
- E tu come hai affrontato questa complessità?
"In primis non limitandomi allo studio. Mia madre mi ha trasmesso anche la passione per i libri ed io sono stato (e sono) un lettore accanito. I miei amici continuano ancora oggi a prendermi in giro perché quando loro andavano a giocare a calcio io preferivo restare a casa a leggere! Per me è un vero divertimento ed un metodo per comprendere meglio ciò che ci circonda.
In seconda battuta aprendosi al mondo stesso. Amo l’Italia e la mia famiglia, ma ad un certo punto ho capito che il mondo è segnato da profonde differenze culturali che vanno vissute per essere comprese. Così al quarto anno di liceo ho scelto di andare negli USA, in un piccolo stato rurale del nord, l’Idaho. Ho studiato lì per un anno, ospitato da una famiglia del posto. Un’esperienza non semplice, ma significativa che mi ha permesso di migliorare il mio inglese, confrontarmi con un metodo didattico diverso e soprattutto comprendere che il mondo è pieno di persone con culture ed ambizioni diverse. Non possiamo permetterci di restare in casa e pensare che tutto quello che vogliamo sia dovuto."
- Rientrato in Italia avevi già deciso di diventare ingegnere?
"Il libro di Al Gore “Una scomoda verità” mi aveva colpito e fatto riflettere sull’importanza delle azioni a sostegno della corretta gestione dell’ambiente. Vedevo nello studio “scientifico” una strada di interesse collettivo ed anche utile, con molti sbocchi professionali. Mia cugina viveva a Londra e mi suggerì di fare domanda all’Imperial College di Londra, un’ottima università per studiare ingegneria. Io in realtà avrei preferito tornare negli USA, infatti feci application in vari college statunitensi. L’Imperial accettò la mia domanda, le università statunitensi no… la vita non è fatta solo di successi!"
- Non male studiare a Londra. Bisogna permetterselo però…
"In realtà all’epoca la retta era inferiore a quella di prestigiose università italiane ed il costo della vita non diverso da quello di un fuori sede a Milano o Roma. Mio padre fece due conti e verificò che poteva pagarmi la retta e darmi un assegno mensile (ndr qualche centinaia di euro) con il quale avrei dovuto mantenermi. E così è stato… poi ho vinto anche alcune borse di studio che mi hanno aiutato, ma la mia vita londinese è stata molto semplice. Studio, vita al college, qualche visita alla città, ma non sono un tipo da svaghi o eccessi sfrenati."
- Ancora l’acqua non era affiorata nella tua vita?
"Non ancora, no… fu nella scelta della tesi che mi avvicinai all’acqua in modo più convinto. L’Imperial college ha una forte impronta applicativa, garantisce solidi studi teorici, ma accompagna anche all’imprenditorialità ed alle professioni. In uno degli stage che mi era stato proposto passai due mesi in Colombia, a Bogotà, per lavorare sulla gestione dell’acqua, dove compresi che c’era un fabbisogno di competenze interessante nel settore. Quando si trattò di scegliere l’argomento della tesi evitai il petrolio, verso il quale molti dei miei compagni di corso si indirizzavano, dati i forti interessi delle multinazionali ad investire in nuove tecnologie di ricerca ed estrazione. Optai per l’acqua (ndr tesi in idrogeologia), un campo non meno rilevante, ma sicuramente meno esplorato.
Lo stesso motivo che mi spinse poi ad approfondire i miei studi con un PHD che mi fu assegnato ad Oxford (anche in questo caso altre Università non mi accettarono…)."
- Non sentivi il desiderio di tornare in Italia?
"Certamente rinunciare all’Italia e alla famiglia è stata dura. Ma lo studio mi appassionava e la vita ad Oxford fu molto più interessante e ricca dell’esperienza a Londra. Nel college vivevano anche gli studenti delle facoltà umanistiche e questo mi dette modo di socializzare con persone di culture e discipline diverse dalle mie. Un’opportunità unica per aprire la mente ed allargare i punti di vista."
- Come nasce il tuo impegno in organizzazioni internazionali?
"Mio padre era un dirigente pubblico, ha lavorato a importanti politiche e progetti per lo sviluppo del sud Italia. Mi ha trasmesso un senso del dovere profondo, etico. Decidere in modo libero, indipendente, ma cercare sempre di fare qualcosa per gli altri, per il bene comune.
Terminato il PHD sentivo che potevo mettere a disposizione le mie competenze per aiutare i paesi in difficoltà nella gestione dell’acqua. Chiesi consiglio al mio mentor (il professore senior che mi aveva seguito nel dottorato) e mi indirizzò verso la Banca Mondiale, attraverso alcuni contatti personali. Feci un colloquio online e mi proposero un periodo di prova di 30 giorni. Volai subito a Washington ed iniziai a lavorare come consulente e poi come specialista, il mio compito era preparare dossier tecnici utili ai funzionari che dovevano discutere con i governi dei vari paesi. Un’esperienza faticosa,che mi ha aiutato a conoscere il mondo del business e della politica, a confrontarmi con ritmi serrati, burocrazia, spostamenti continui. Ma al tempo stesso bellissima perché mi ha consentito di misurare il valore sociale delle mie competenze, indispensabili per far prendere ai governi dei paesi decisioni molto difficili e significative."
- Quando nasce l’idea di scrivere “Oro Blu” il tuo primo libro?
"Ci sono dei momenti nella vita nei quali “riassetti” le tue idee. Fai ordine e provi a comprendere che cosa rimane delle esperienze che hai vissuto. A me è capitato quando mi sono trasferito in Sri Lanka per un incarico professionale di un anno presso un istituto di ricerca a Colombo, la capitale. Forse i ritmi e la cultura orientale, profondamente diversa da quella occidentale nella quale sono cresciuto, mi hanno trasferito l’esigenza di fare un punto.
L’idea alla base del libro (ndr Oro Blu, Edizioni Laterza, 2020) è far comprendere come la gestione dell’acqua impatti sulle nostre vite e sia correlata al cambiamento climatico. Soprattutto volevo far capire quanto l’approccio all’acqua (ma all’ambiente in generale) non sia materia esclusiva degli “scienziati”, ma richieda competenze complesse e multidisciplinari quali quelle economiche o giuridiche.
La cosa che mi gratifica di più è aver vinto il premio Asimov (https://www.premio-asimov.it/), assegnato ogni anno al miglior libro di divulgazione scientifica pubblicato in Italia nei due anni precedenti. A votare sono gli studenti di licei in tutta Italia. Questa per me è stata una grande soddisfazione: sapere che il mio racconto è piaciuto a molti ragazzi mi aiuta a continuare per la mia strada. Vincere il premio mi ha anche permesso di incontrare centinaia di studenti in giro per l’Italia per confrontarmi con loro sul tema dell’acqua."
- Forte della tua esperienza di studente, ricercatore, analista e professore, hai consigli da dare a chi cerca la propria strada dopo gli studi?
"Il primo consiglio è che seguire la propria passione è importante, ma serve confrontarsi con l’esterno per comprendere che cosa realmente serve. Le proprie scelte vanno fatte analizzando pro e contro e senza vergognarsi di ricercare l’utilità. Se ci sono spazi che offrono maggiori opportunità, può essere intelligente percorrerli per tempo.
Il secondo è di ascoltare chi ha più esperienza. Spesso capita di andare in conflitto con i capi o con coloro che troviamo di fronte a noi, ma, soprattutto all’inizio del proprio percorso dobbiamo fidarci di chi ci sceglie e di chi ha già vissuto i momenti che stiamo vivendo.
Terzo: restare umili. A scuola come a lavoro è meglio non passare troppo tempo a lamentarsi, o a ricordare agli altri quanta fatica si è fatta per raggiungere certi obiettivi."
- Molte ricerche dimostrano che la paura per il cambiamento climatico è uno dei principali fattori di stress per le nuove generazioni. Da esperto del settore, vuoi dare qualche indicazione sul nostro futuro agli studenti?
"Comprendo che l’incertezza sul futuro possa generare un sentimento di paura. Ma avere paura non aiuterà a risolvere i nostri problemi. La forza dell’umanità sta nel poter utilizzare l’ingegno e le competenze – e ovviamente anche l’empatia e le emozioni - per migliorare le proprie condizioni. Quindi metti da parte la paura e applicati nello studio. Non importa se non diventerai ingegnere. Economia, giurisprudenza, lettere, filosofia… la sfida al cambiamento climatico avrà comunque bisogno del tuo sapere!"
Gregorio Moretti
Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende