Concetti Chiave
- I nomi femminili in italiano spesso terminano in -a, ma ci sono eccezioni con termini che finiscono in -e come "l'attrice" o "la moglie".
- Molti nomi di professioni maschili hanno un equivalente femminile cambiando l'articolo e a volte aggiungendo una -a, ma non sempre esiste un equivalente femminile.
- La lingua italiana non sempre riflette l'evoluzione sociale delle donne, portando a dibattiti su come denominare le professioni femminili.
- Alcuni termini femminili creati da quelli maschili possono sembrare dispregiativi; si consiglia l'uso del termine maschile seguito dal nome proprio.
- Proposte moderne includono l'uso della "schwa" [ə] per una lingua inclusiva, evitando distinzioni di genere nei termini.
Il femminile dei nomi in italiano
In italiano i nomi femminili coincidono con esseri animati (nomi comuni di persone o animali) di genere femminile. I nomi di cose, invece, possono essere maschili o femminili, per cui in questo caso, il genere ha solo un’importanza ai fini grammaticali, cioè per la concordanza con gli eventuali aggettivi o articoli presenti nella frase. Non è sempre facile capire se una parola, riferita ad un essere animato sia maschile o femminile; per questo è bene imparare ugni parola nuova con il proprio articolo. Esempio: problema Finendo con -a sembrerebbe femminile, invece è maschile (lo stesso si può dire per il tema, il problema, il cinemaDi solito (ma non è sempre così), un nome femminile singolare termina per -a
• la mamma, la sorella, la scuola, la casa, la maestra, la bicicletta, la macchina, l’amica, la vacanza, la felicità
In certi casi, un nome femminile singolare può terminare anche per -e
• l’attrice, la preside, la cantante, la moglie
Ad ogni nome maschile dovrebbe corrispondere un nome femminile, soprattutto si parla di una professione, di un mestiere, di un incarico, di una funzione di una persona. Ma non è sempre così, anzi, a tal proposito esiste un dibattito.
• Il maestro / la maestra
• Il sarto /la sarta
• l’operaio / l’operaia
• il commesso / la commessa
• il cameriere / la cameriera
In questi casi, capiamo che il sostantivo si riferisce al femminile dall’articolo e dalla parola che aggiunge una -a
In certi casi il femminile non esiste perché si tratta di professioni cui la donna, per vari motivi di ordine sociale è arrivata in un’epoca piuttosto recente. Esistono anche incarichi che fino a poco tempo era preclusi alle donne. È proprio il caso di affermare che la lingua non è andata di pari passo con l’evoluzione sociale delle donne e con le loro capacità di affermarsi in campi che, per tradizione, sono sempre stati riservati agli uomini. Pertanto, come devono essere indicate le donne che esercitano una professione?
A volte è sufficiente cambiare l’articolo
• Il presidente / la presidente
• Il dirigente / la dirigente
• Il preside / la preside
• Il farmacista / la farmacista
• Il pediatra / la pediatra
• L’insegnante / l’insegnante (in questo caso, essendo apostrofato, l’articolo non ci aiuta per cui bisogna cercare nella frase un altro indizio.
A volte anche la parola cambia e tale cambiamento è ormai accettato da tutti
• Il dottore / la dottoressa
• L’ispettore /l’ispettrice
• Il senatore /la senatrice
• Il direttore / la direttrice
• Il deputato / la deputata
• In altri casi, la tentata trasformazione al femminile di parole maschili ha portato alla creazione di nomi sgradevoli, a volte con un senso ironico se non dispregiativo e quindi assolutamente da evitare, anche se certe correnti politiche le vorrebbero imporre. Per esempio, il termine “avvocatessa” ad un orecchio attento, soprattutto di una persona colta, suona ironico e sembrerebbe anche voler mettere in dubbio le capacità professionali della persona in questione, ma lo stesso si può dire anche per gli altri termini, riportati qui di seguito:
• L’architetta – l’ingegnera – l’avvocatessa - la vigilessa - la medichessa
La cosa che viene consigliata è di utilizzare il termine maschile anche per la donna, facendolo seguire dal nome proprio
• Ho parlato con l’architetto, la sig.ra Bianchi. - La dott.ssa Carli, sindaco di Milano…..
La Commissione nazionale per le pari opportunità si è spinta ancora più avanti. Per scoraggiare l’uso sessista della lingua italiana, cioè uso della lingua tesa a discriminare l’uomo dalla donna, ha raccomandato di evitare nomi maschili, aggiungendo una – a al maschile
• Avvocata (invece di avvocatessa o di donna avvocato) - la notaia - la magistrata – la studente (invece della studentessa), la sindaca – la prefetta – la consigliera comunale
Addirittura, c’è anche chi vorrebbe sostituire la desinenza maschile e femminile con una “schwa” o [ə] la cui pronuncia corrisponde ad una “e” appena pronunciata, come la “e” muta francese. Per questo, propongono di scrivere “studentə”, per non far capire che si tratta di un maschile o di un femminile e che comprenderebbe tutti coloro che studiano, senza alcuna distinzione di sesso.
Una curiosità. In Francia c’è chi ha proposto di sostituire il pronome personale maschile singolare “il” e il pronome personale femminile singolare “elle”, con “iel”.
Domande da interrogazione
- Qual è la difficoltà principale nel determinare il genere dei nomi in italiano?
- Come si formano generalmente i nomi femminili in italiano?
- Esistono professioni in cui il femminile non è tradizionalmente riconosciuto?
- Qual è la raccomandazione della Commissione nazionale per le pari opportunità riguardo l'uso dei nomi maschili e femminili?
- Qual è la proposta per rendere neutri i nomi maschili e femminili?
La difficoltà principale è che non sempre è facile capire se una parola riferita a un essere animato sia maschile o femminile, quindi è consigliabile imparare ogni nuova parola con il proprio articolo.
Di solito, un nome femminile singolare termina per -a, ma in certi casi può terminare anche per -e.
Sì, ci sono professioni in cui il femminile non esiste perché le donne vi sono arrivate in epoca recente, e la lingua non ha seguito l'evoluzione sociale delle donne.
La Commissione raccomanda di evitare nomi maschili aggiungendo una -a al maschile, come "avvocata" invece di "avvocatessa" o "donna avvocato".
Alcuni propongono di sostituire la desinenza maschile e femminile con una "schwa" o [ə], come in "studentə", per non indicare un genere specifico.