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Traduzione degli indirizzi di rete

Sappiamo che ogni dispositivo IP richiede un indirizzo. La proliferazione di sottoreti

sembrerebbe implicare che ogni volta che una di queste vuole installare una rete

locale per connettere più macchine, l’ISP debba allocare un intervallo di indirizzi per

coprire tutte le macchine della sottorete. Di conseguenza, al suo crescere dovrebbe

esserle allocato un blocco maggiore di indirizzi. Ma che cosa dovrebbe sapere il

normale utente per gestire gli indirizzi IP? Fortunatamente esiste la traduzione degli

indirizzi di rete (NAT).

figura 4.20

La mostra l’attività

di un router, abilitato NAT, con

un’interfaccia che fa parte

della rete domestica. Come

visto in precedenza, le quattro

interfacce della rete hanno lo

stesso indirizzo di sottorete,

10.0.0.0/24. Lo spazio

d’indirizzamento 10.0.0.0/8 è

una rete delle tre parti dello

spazio di indirizzi IP riservato

alle reti private, o reame con

indirizzi privati: ossia, una rete

i cui indirizzi hanno significato solo per i dispositivi interni. In effetti, esistono centinaia

di migliaia di reti private, molte delle quali usano un identico spazio d’indirizzamento,

10.0.0.0/24, per scambiare pacchetti fra i loro dispositivi. Ovviamente, quelli inviati

sull’internet globale non possono utilizzare questi indirizzi come origine o destinazione.

Ma se gli indirizzi privati hanno significato solo all’interno di una data rete, come viene

gestito l’indirizzamento dei pacchetti relativi all’internet globale, in cui gli indirizzi sono

necessariamente univoci?

I router abilitati alla NAT non appaiono come router al mondo esterno, ma si

figura,

comportano come un unico dispositivo con un unico indirizzo IP. Nella tutto il

traffico che lascia il router domestico verso Internet ha l’indirizzo IP origine

138.76.29.7, e tutto il traffico in entrata deve avere lo stesso indirizzo come

destinazione. In sostanza, il router abilitato alla NAT nasconde i dettagli della rete

domestica al mondo esterno. Contestualmente, ci si potrebbe chiedere dove i

calcolatori della rete domestica ottengano i propri indirizzi e dove il router acquisisca il

proprio indirizzo IP. Spesso, la risposta è DHCP. Il router ottiene il proprio indirizzo dal

server DHCP dell’ISP, e manda in esecuzione un server DHCP per fornire gli indirizzi ai

calcolatori all’interno dello spazio d’indirizzamento della rete domestica.

Se tutti i datagrammi in arrivo al router NAT dalla rete geografica hanno lo stesso

indirizzo IP destinazione, allora come apprende il router a quale host interno un dato

datagramma dovrebbe essere inoltrato? Il trucco consiste nell’utilizzare una tabella di

traduzione NAT nel router NAT e includere nelle righe di tale tabella i numeri di porta e

gli indirizzi IP.

NAT ha conosciuto un’ampia diffusione negli ultimi anni anche se è stato molto

contestato. Infatti argomentano che i numeri di porta sono stati concepiti per essere

utilizzati nei processi d’indirizzamento, e non per individuare gli host. La cosa può

infatti causare problemi ai server in esecuzione su reti domestiche dato che i processi

server attendono richieste in ingresso su numeri di porta prestabiliti. In secondo luogo,

i router dovrebbero elaborare i pacchetti solo fino al livello 3. In terzo luogo, NAT viola

il cosiddetto argomento punto-punto: gli host dovrebbero comunicare tra loro

direttamente, senza intromissione di nodi né modifica di indirizzi IP e numeri di porta.

NAT è diventato un importante componente di Internet. 1

ICMP

Internet Control Message Protocol

Ricordiamo che il livello di rete di Internet presenta tre componenti principali: il

protocollo IP, i protocolli d’instradamento Internet (tra cui: RIP, OSPF e BGP) e ICMP.

ICMP viene usato da host e router per scambiarsi informazioni a livello di rete:il suo

uso più tipico è il report degli errori.

ICMP è spesso considerato parte di IP, ma dal punto di vista dell’architettura si trova

esattamente sopra IP, dato che i suoi messaggi vengono trasportati nei datagrammi

IP: ossia, i messaggi ICMP vengono trasportati come carico utile IP, esattamente come

i segmenti TCP o UDP. Allo stesso modo, se un host riceve un datagramma IP che

specifica ICMP come protocollo di livello superiore, allora effettua il de multiplexing dei

contenuti del datagramma ICMP, esattamente come farebbe per contenuti TCP o UDP.

I messaggi ICMP hanno

un campo tipo e un

campo codice, e

contengono

l’intestazione e i primi 8

byte del datagramma IP

che ha provocato la

generazione del

messaggio. Alcuni tipi di

messaggio ICMP sono

figura.

mostrati in

Notiamo che i messaggi

ICMP non vengono usati

soltanto per segnalare

condizioni d’errore.

Infatti essi possono

essere usati per:

Segnalare che la

 destinazione di

un pacchetto non è conosciuta o che un pacchetto è troppo grande ma non

deve essere frammentato e quindi non può essere consegnato;

Avvertire che un pacchetto viene scartato perché il contatore del tempo di vita

 si è azzerato;

Avvertire il mittente di rallentare la trasmissione, in caso di congestione;

 Avvertire il mittente che c’è una strada migliore per raggiungere la

 destinazione, in modo che il mittente la memorizzi nella tabella di routing per

usarla successivamente;

Controllare se una destinazione è raggiungibile e attiva; la destinazione

 risponde con un messaggio Echo Reply;

Misurare le prestazioni della rete facendo in modo che il tempo di arrivo della

 richiesta e il tempo di richiesta e il tempo di partenza della risposta vengano

registrati nella risposta del destinatario.

Ricordiamo che i messaggi ICMP si appoggiano sul protocollo IP, cioè vengono

incapsulati in pacchetti IP. 2

IPv6

Nei primi anni novanta, l’Internet Engineering Task Force diede inizio allo sviluppo del

successore di IPv4. Una prima motivazione di tale sforzo era legata alla considerazione

che lo spazio d’indirizzamento IP a 32 bit stava cominciando a esaurirsi, dato che

nuove sottoreti e nuovi nodi IP venivano connessi a Internet con molta frequenza. Per

soddisfare l’esigenza di un grande spazio d’indirizzamento venne sviluppato un nuovo

protocollo: IPv6.

Formato dei datagrammi IPv6 figura

La mostra il formato dei

datagrammi IPv6, in cui sono

stati operati i cambiamenti più

significativi.

 Possibilità

d’indirizzamento. IPv6

aumenta la dimensione

dell’indirizzo IP da 32 bit

a 128 bit, in modo che

gli indirizzi IP diventano

praticamente

inesauribili. In aggiunta

agli indirizzi unicast e multi cast, IPv6 ha introdotto un nuovo tipo, detto

indirizzo anycast, che consente di consegnare un datagramma a un qualsiasi

host all’interno di un gruppo.

 Intestazione efficiente a 40 byte a linea di flusso. Una serie di campi IPv4 sono

stati eliminati o resi opzionali. La risultante intestazione a 40 byte e a lunghezza

fissa consente una più rapida elaborazione dei datagrammi IP, mentre una

nuova codifica delle opzioni ne consente l’elaborazione in maniera più flessibile.

 Etichettatura e priorità di flusso. IPv6 presenta una definizione elusiva di flusso.

Ad esempio la trasmissione audio e video potrebbe essere trattata come un

flusso,così come il traffico ad alta priorità di un utente che paga per avere un

servizio preferenziale; ma non sono considerate come flusso le applicazioni più

tradizionali, quali il trasferimento di file e la posta elettronica. Inoltre,

l’intestazione IPv6 presenta un campo di classe di traffico a 8 bit che, può

essere utilizzato per attribuire priorità a determinati datagrammi di un flusso o

provenienti da specifiche applicazioni (ICMP) rispetto a quelli di altri servizi.

Sono definiti i seguenti campi:

 Versione. Campo a 4 bit che identifica il numero di versione IP

 Classe di traffico. Campo a 8 bit

 Etichetta di flusso. Campo a 20 bit utilizzato per identificare un flusso di

datagrammi.

 Lunghezza del carico utile. Questo valore a 16 bit è trattato come un intero

senza segno e indica il numero di byte nel datagramma IPv6 che seguono

l’intestazione a lunghezza fissa da 40 byte.

 Intestazione successiva. Campo che identifica il protocollo cui verranno

consegnati i contenuti del datagramma.

 Limite di hop. Il contenuto di questo campo è decrementato di 1 da ciascun

router che inoltra il datagramma. Quando il suo valore raggiunge 0, il

datagramma viene eliminato.

 Indirizzi origine e destinazione. 3

 Dati. Carico utile che viene passato al protocollo specificato nel campo

intestazione successiva quando il datagramma IPv6 raggiunge la sua

destinazione.

Confrontando il formato IPv6 con quello IPv4 notiamo che sono stati eliminati vari

campi di IPv4.

Frammentazione/riassemblaggio. IPv6 non consente frammentazione né

 riassemblaggio presso i router intermedi; queste operazioni possono essere

effettuate soltanto da origine o destinazione. Se un router riceve un

datagramma IPv6 che risulta troppo grande per essere inoltrato sul

collegamento d’uscita, non fa altro che eliminarlo e inviare al mittente un

messaggio d’errore ICMP “Pacchetto troppo grande”. Il mittente può quindi

inviare nuovamente i dati, con una dimensione di datagramma IP inferiore. La

frammentazione e il riassemblaggio sono operazioni che consumano tempo;

trasferire l’onere di questa funzionalità dai router ai sistemi terminali rende

assai più rapido l’instradamento IP all’interno della rete.

Checksum dell’intestazione. Poiché i protocolli Internet a livello di trasporto e di

 collegamento calcolano la checksum, i progettisti di IP hanno probabilmente

ritenuto questa funzionalità talmente ridondante nel livello di rete da decidere

di rimuoverla.

Opzioni. Il campo opzioni non fa più parte dell’intestazione IP standard, anche

 se non è del tutto scomparso. Infatti è una delle possibili intestazioni successive

cui punta l’intestazione IPv6.

Ricordiamo che i nodi IP utilizzano ICMP per riportare condizioni di errore e fornire

informazioni a un sistema terminale. 4

Passaggio da IPv4 a IPv6

Consideriamo ora il passaggio da IPv4 a IPv6. Il problema è che, mentre i nuovi sistemi

IPv6 sono retro compatibili, ossia sono in grado di inviare, instradare e ricevere

datagrammi IPv4, i sistemi IPv4 esistenti non sono in grado di gestire datagrammi

IPv6.

 Il metodo più pratico consiste in un approccio a doppia pila, che prevede

l’implementazione di un nodo detto IPv6/IPv4, capace d’inviare e ricevere sia

datagrammi IPv4 sia IPv6. Inoltre deve disporre di indirizzi validi per entrambi i

protocolli ed essere in grado di distinguere i nodi IPv4 da quelli IPv6. Questo

problema può essere risolto utilizzando il DNS, che può restituire un indirizzo IPv6

o IPv4 a seconda del tipo di nodo. Ovviamente con un approccio a doppia pila, se

mittente o destinatario dispongono solo di IPv4, utilizzeremo esclusivamente

datagrammi adeguati a questo protocollo. Ma è anche possibile che due nodi IPv6

Vedi figura.

alla fine si scambino datagrammi IPv4.

 Una strada alternativa è rappresentata dal tunneling, che può risolvere il

precedente problema. L’idea alla base del tunneling è la seguente. Supponiamo

che due nodi IPv6 vogliano utilizzare datagrammi IPv6, ma siano connessi da un

insieme di router intermedi IPv4, che chiameremo tunnel. Vedi figura. Il nodo B, al

lato d’invio del tunnel, prende l’intero datagramma IPv6 pervenutogli da A, e lo

pone nel campo dati di un datagramma Ipv4. Quest’ultimo viene quindi

indirizzato al nodo E, al lato di ricezione del tunnel, e inviato al primo nodo nel

tunnel (C). I router IPv4 intermedi instradano il datagramma IPv4, ignari che

questo contenga un datagramma IPv6 completo. Il nodo IPv6, sul lato di ricezione

del tunnel, riceverà quindi il datagramma IPv4, determinerà che questo ne

contiene uno IPv6, lo estrarrà e lo instraderà esattamente come se l’avesse

ricevuto da un nodo IPv6 adiacente. 5

DNS

Gli host Internet possono essere identificati in vari modi. I nodi degli host (hostname)-

quali www.corrieredellasera.com – risultano abbastanza appropriati per l’uomo, ma

forniscono ben poca informazione sulla loro collocazione all’interno di Internet. Un

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