Etimologia e significato originario
Queste quattro parole italiane sembrano non avere nulla in comune, da tanto che sono diverse per significato. Eppure, l’accostamento è giustificato da una parentela etimologica. IL padre della famiglia il verbo greco κρίνειν (krìnein) che significa “distinguere, vagliare”, ma anche scegliere”, “”decidere” e “giudicare”. In origine, esso era collegato al lavoro agricolo della trebbiatura, cioè nell’attività che consisteva nel separare il chicco di grano dalla pula; in seguito per effetto del fenomeno della traslazione, la parola è passata ad indicare l’azione di operare una scelta. Infatti, a ragion di logica, non è possibile fare una scelta, né prendere una decisione e nemmeno esprimere un giudizio, se prima non distinguiamo ciò che intendiamo scegliere.Crisi
Dal punto di vista etimologico, si riferisce ad un momento transitorio, di equilibrio instabile che implica un cambiamento rapido. Il sostantivo greco κρίσις (= krisis) derivato dal verbo krìnein, ha il valore di “scelta” o “giudizio” e in particolare indica la “fase culminante e decisiva nel decorso di una malattia. Da questo, abbiamo in italiano, tramiti il latino, il termine “crisi”. Ma anche in italiano il termine mantiene il valore etimologico originario perché, pur nelle sue varie sfumature di significato, la “crisi” è pur sempre il momento della scelta, della decisione da prendere.Effettivamente, in una malattia, la crisi corrisponde ad un momento di cambiamento rapido in bene o in male, come se l’organismo decidesse di migliorare o di peggiorare. Così in campo morale, politico od economico si ha la crisi di coscienza, la crisi governativa, la crisi economica in cui, in ultima analisi, si tratta sempre di una fase culminante e decisiva che comporta una scelta e un cambiamento di rotta.
Critico
In greco antico si diceva κρητικός (kritikòs), derivato anch’esso da κρίνειν. Come aggettivo si riferisce sia alla crisi che alla critica (= analisi critica, studio critico). Come sostantivo, invece, il critico è colui che fa una critica. La critica è l’arte del giudicare, cioè la capacità di distinguere ciò che vale di più da ciò che vale meno che comporta la messa in evidenza in evidenza dei pregi e dei difetti. Da questo sono derivate due parole con connotazione negativa: “criticare” e “criticabile”.Criterio, scriteriato
Non bisogna dimenticare che per fare il critico (esempio: critico d’arte) occorre un po’ di criterio e anche questo termine è derivato dal solito κρίνειν. Il criterio non è altro che una norma, un parametro, un mezzo per poter giudicare. Infatti, si dice “stabilire un criterio di scelta”, “cambiare criterio” e così via.Per estensione, la parola assumere anche il valore di “senno”, “buon senso”: avere criterio, essere una persona di molto criterio, essere senza criterio.
Ma chi è senza criterio è scriteriato, cioè uno che non ha giudizio perché non sa giudicare e quindi non è in grado di distinguere il bene dal male.
Ipocrita/ipocrisia
Si tratta del parente degenere del critico e dello scriteriato, ma pur sempre facente parte della stessa famiglia.Se il critico che sa giudicare ha molto giudizio e se lo scriteriato ne manca totalmente, l’ipocrita, invece è colui che nasconde il giudizio, una persona falsa, un bugiardo, un simulatore. La parola è composta dal greco ὑποκριτής (hipokriès), composta da ὑπό (hipò = sotto) e da κρίνειν, per cui significa “giudicare da sotto”, ma che cosa?
Nell’antica Grecia e successivamente anche a Roma, l’ipocrita non aveva il significato negativo che ha oggi. In origine, era un mimi, un istrione, cioè un attore di teatro che recitava una parte, nascondendo il volto dietro una maschera. Da questo è derivato il concetto di nascondere la propria identità e quindi il proprio “giudizio” e il proprio pensiero: apparire diverso da quello che siè in realtà.
La stessa cosa si può dire per ipocrisia che nei Drammi degli Antichi greci e Romani era un’imitazione scenica del parlare e dei gesti di qualcuno, cioè il recitare dell’istrione (chiamato “ipocrita”. Da questa finzione teatrale, è derivato il significato odierno di “ipocrisia”, nel senso di “doppiezza di giudizio” e di “falsità”, cioè dissimulazione dei propri sentimenti per ingannare gli altri.