step.sarto95
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Concetti Chiave

  • F. Nietzsche è una figura centrale nel processo di demitizzazione della cultura, criticando i miti e le certezze costruite per affrontare il caos della vita.
  • La filosofia di Nietzsche si oppone al positivismo, all'idealismo, e alle pretese di verità delle scienze e del cristianesimo, proclamando la morte di Dio e la trasvalutazione dei valori.
  • Nel suo lavoro "La nascita della tragedia", Nietzsche esplora l'equilibrio tra gli impulsi apollinei (ordine e misura) e dionisiaci (caos e creatività) nella cultura greca.
  • Nietzsche critica il razionalismo socratico e platonico, proponendo una giustificazione estetica dell'esistenza attraverso l'arte, in contrasto con la decadenza europea.
  • Nel frammento "Su verità e menzogna", Nietzsche discute il linguaggio come sistema di metafore arbitrariamente stabilite, mettendo in dubbio la legittimità delle verità socialmente accettate.

Indice

  1. Nietzsche e la crisi della coscienza
  2. La morte di Dio e la trasvalutazione
  3. L'influenza di Schopenhauer e Wagner
  4. Apollo e Dioniso: dualità e interdipendenza
  5. La rinascita del tragico e la critica al socratismo
  6. Verità e menzogna: il linguaggio come metafora

Nietzsche e la crisi della coscienza

Critico spietato del passato e “inattuale” profeta del futuro, dissacratore dei valori tradizionali e propugnatore dell’uomo che deve ancora venire, F. Nietzsche è ben consapevole del proprio destino, presentandosi come “il primo uomo decente” dopo la falsità che dura da millenni: una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono una dinamite>>. >. E infatti, in quel vasto processo (tuttora in corso) di demitizzazione della cultura e di desacralizzazione del mondo, la figura di Nietzsche occupa un posto centrale. La filosofia di Nietzsche, per un certo aspetto, è tutta un’incessante distruzione di miti, e di credenze codificate, in quanto egli è convinto che gli uomini, per poter sopportare l’impatto con il caos della vita, abbiano costruito una serie di certezze (metafisiche, morali, religiose ecc.) che, ad uno sguardo profondo, si rivelano soltanto come delle necessità di sopravvivenza, che il filosofo, mediante una serie di “itinerari nel proibito”, ha il gravoso ufficio di mettere a nudo.

La morte di Dio e la trasvalutazione

Contro il positivismo e la sua fede nel fatto (>), contro l’entusiasmo degli idealisti e degli storicisti per un senso evidente e progressivo della storia (>), contro le pretese di verità delle scienze esatte, contro il cristianesimo (>), Nietzsche proclama la morte di Dio e la trasvalutazione di tutti i valori: egli è uno spirito che contraddice e pensa di avere qualcosa di nuovo e di grande da annunciare: superuomo è il senso della terra!>>. Il filosofare di Nietzsche, aforistico ed antisistematico, è ben lontano dal formare una costruzione architettonica conclusa. Anzi, il suo discorso multidimensionale presenta una pluralità di significati e di direzioni di marcia non totalizzabili univocamente. In relazione a questo “pensiero selvaggio” che si nutre di battute, allusioni, aforismi e profezie, non esistono monopoli interpretativi, ma solo schemi o tracce di lettura, sempre aperte, e in modo ancor più accentuato che per gli altri filosofi, a nuovi approfondimenti e riformulazioni.

L'influenza di Schopenhauer e Wagner

La filologia classica classica, la filosofia di Schopenhauer e la musica tragica di Wagner sono le esperienze intellettuali dominanti della prima fase del pensiero di Nietzsche. Il loro punto di approdo è lo scritto su “La nascita della tragedia” che non è tanto uno studio in senso tradizionale, storico e letterario, di uno dei problemi che più hanno tormentato i filologi classici, quello cioè dell’“origine della tragedia” (e questo può spiegare le reazioni nel campo dei filologi veri e propri: difese da Rodhe, le tesi di Nietzsche furono apertamente contestate dal grande filologo Wilamowitz, che le definì ironicamente “una filologia del futuro”) quanto piuttosto un’indagine sul modo in cui si è formata l’immagine che i moderni hanno dell’antichità classica e sulla possibilità di una nuova “epoca tragica” nell’età moderna, che la musica wagneriana sembrava preannunciare. L’epoca moderna infatti, sostiene N., è un’epoca di DECADENZA: tuttavia questa decadenza non deriva, come voleva il classicismo, dal confronto con un presunto modello (la Grecia del V° sec.), ma dal fatto che già in quel presunto modello è presente la decadenza e quindi dal fatto che non si tratta propriamente di un modello.

Secondo l’ideale classicistico che ha dominato la cultura europea dal rinascimento al romanticismo e già elaborato dai primi pensatori cristiani, l’antichità greca era presentata con un mondo in cui dominavano la serenità, l’armonia, l’equilibrio, le forme definite così come sono espresse dalla religione olimpica, dalla poesia, dall’architettura, dalla scultura. Apollo è il simbolo di questo mondo. Ma è valida questa immagine? Se si martella la montagna incantata dell’Olimpo si possono trovare filoni culturali risalenti alla saggezza popolare che non si conciliano con quell’immagine. Nelle prime pagine dell’opera, N. cita il detto di Sileno (figura mitologica mezzo uomo e mezzo animale) secondo cui per l’uomo sarebbe meglio non nascere e, una volta nato, morire al più presto. Il fatto è che l’apollineo non esaurisce l’immagine del mondo classico e accanto ad esso è presente un altro filone, il cui dio-simbolo è Dioniso. Nelle feste dionisiache ciò che è caratteristico è un’esaltata sfrenatezza sessuale le cui onde spazzano via ogni senso della famiglia e i suoi venerandi canoni. Gli istinti, lo spirito orgiastico, l’entusiasmo vitale e l’ebbrezza che si esprimono nelle feste dionisiache, dapprima contrastanti ed emarginate, si fanno gradatamente strada nella grecità, ma non segnano una regressione all’animalità, bensì un innalzamento al mondo dei simboli: nel ditirambo dionisiaco l’uomo viene stimolato al massimo delle sue potenzialità simboliche.

Apollo e Dioniso: dualità e interdipendenza

Il greco sentì l’atrocità dell’esistere, gettò uno sguardo nel fondo irrazionale e caotico della vita e, per continuare a vivere, per sopportare l’esistenza, elaborò gli dèi olimpici. Quindi lo spirito greco nasce proprio da questo paradosso e su tale precario equilibrio di principi opposti o polarità: l’impulso apollineo (sogno, misura, moderazione, equilibrio, limpidezza) e l’impulso dionisiaco (istinto, ebbrezza creativa, passione sensuale e accordo con la natura). Al principio apollineo, produttore di forme definite e stabili (la scultura e l’architettura sono arti apollinee per eccellenza), corrisponde il “principiuum individuationis” schopenhaueriano quale ordinato strutturarsi del mondo in forma di rappresentazioni; il principio dionisiaco, viceversa, è caos, flusso incessante, trasgressione, rapimento (musica e danza) che Nietzsche, sulla scorta di Schopenhauer, assimila alla VOLONTÀ DI VITA come sostanza irrazionale del mondo. Nietzsche accetta da Schopenhauer che l’individuazione è ILLUSIONE e che essa va lacerata. Ma già qui Nietzsche si stacca, a ben vedere, dal maestro. Infatti il rapporto tra impulso formale e informale, tra divinità olimpiche e Uno primordiale, non è di semplice opposizione: l’apollineo ha senso soltanto in rapporto al dionisiaco come sua trasfigurazione e simbolizzazione artistica. Più che fuggirne, l’apollineo esprime il dionisiaco. Schopenhauer avrebbe parlato di liberazione DAL dionisiaco, N. di liberazione DEL dionisiaco. N. si stacca dal pessimismo a-dialettico di Schopenhauer: il sogno è apparenza se paragonato alla verità dell’esistenza, ma è positivo come consolazione. L'arte salva la vita? Tra Apollo e Dioniso più che opposizione c’è interdipendenza. I greci erano pessimisti radicali ma, proprio per questo, erano assolutamente vitali.

La rinascita del tragico e la critica al socratismo

Il loro era l’ottimismo tragico di chi ha gettato lo sguardo nel caos orribile della vita ma ha deciso di accettarla e berla fino all’ultimo: il dolore è comunque espressione di VITA. Il pessimismo di Schopenhauer è solidale con l’idealismo: solo, infatti, il pessimista radicale e unilaterale può aver bisogno di un mondo ideale dove riscattare questa valle di lacrime. Il greco invece sogna un Apollo che parli la lingua di Donino e tale sintesi perfetta si è realizzata nella tragedia attica di Eschilo e Sofocle. Dal punto di vista della teoria dell’arte, la dualità di apollineo e dionisiaco permette di interpretare le varie fasi dell’arte greca in relazione alla medesima lotta fra impulso dionisiaco e impulso apollineo. L’arte dorica, ad es., nascerebbe come resistenza formale alle tendenze dionisiache, e la tragedia infatti, rivitalizzata nella modernità del dramma wagneriano, è, tra le forme d’arte, la più vicina allo spirito dionisiaco, il “fine supremo dell’arte”. Nata originariamente dal CORO tragico (il coro di Satiri), la tragedia muore “suicida” nell’opera di Euripide, colpevole di aver introdotto in essa elementi morali e intellettualistici. Ciò è chiaro soprattutto nell’introduzione euripidea del “prologo” che spiega sin dall’inizio l’azione, e che toglie alla tragedia ogni tensione epica, ogni eccitante incertezza. Euripide ma ancor più Socrate, suo spettatore ideale, rappresentano il momento in cui l’apollineo si chiude su se stesso, la storia diventa scienza e ogni evento del passato trova una precisa collocazione nell’ordine del tempo. Il razionalismo socratico, come ogni intellettualismo e ottimismo teorico, caccia il tragico dal palcoscenico del mondo, sostituendolo con ipostasi metafisiche rassicuranti, come le idee di Platone, proprie di una cultura indebolita e malata, dove la chiara luminosità nei confronti della vita si trasforma in superficialità sillogistica, con la sua folle presunzione di comprendere e dominare la vita con la ragione. Contro tale debolezza metafisica (socratismo e platonismo) Nietzsche ripropone l’ideale di una “giustificazione estetica dell’esistenza” che, preannunciata secondo lui da Kant e Schopenhauer, trova voce nella nuova musica di Wagner. Alla decadenza europea si tratta di contrapporre una conoscenza nuovamente tragica: la “metafisica dell’artista” risolve esteticamente la questione. La dialettica di Socrate e Platone >. Filosofi e moralisti, credendo di uscire dalla decadenza, la ripristinano. Socrate fu ostile alla vita, volle morire. Disse di no alla vita; egli ha aperto un’epoca di decadenza che schiaccia anche noi. Egli combatté il fascino dionisiaco. E il fascino dionisiaco deve riemergere, con la sua affermazione della vita totale, con la sua esaltazione entusiastica del mondo, con la sua volontà orgiastica di ebbrezza e di gioia: Dionisio è il Dio che conta, ride e danza: egli bandisce ogni rinunzia, ogni tentativo di fuga di fronte alla vita.

Verità e menzogna: il linguaggio come metafora

L’ipotesi di una rinascita del tragico nell’età moderna viene ripresa da Nietzsche in un testo del 1872, “Su verità e menzogna in senso extramorale”, testo rimasto allo stato di frammento. La redenzione del socratismo tramite le forze rigeneranti dell’arte dionisiaca pare ora discutibile e preannuncia il futuro distacco di Nietzsche da Wagner che di quell’arte doveva essere l’epigono. Preparando successive tematiche nietzschiane, lo scritto ha un celebre esordio: >. Nietzsche mostra come ogni linguaggio socialmente stabilito, con le sue regole e la sua funzione conoscitiva, è nato solo come irrigidimento arbitrario di un certo sistema di metafore che, inventato liberamente come ogni altro sistema di metafore, si è poi imposto come l’unico modo pubblicamente valido di descrivere il mondo. Ogni linguaggio, in origine, è METAFORA, indicazione di cose mediante suoni che non hanno nulla a che fare (in sé) con le cose stesse; in altre parole, esso è una menzogna innalzata al ruolo di verità : Le verità sono illusioni, delle quali si è dimenticato che sono tali>>. Sulla menzogna si modella la struttura sociale, su di essa si edifica l’intero edificio dei concetti astratti, si stabiliscono gerarchie, si crea cultura: la stessa morale, sostiene Nietzsche, non è che >, in vista di quel >. La legittimazione di un sistema qualsiasi di metafore in linguaggio canonizzato della verità, non può non influire sul libero gioco simbolizzante rappresentato dall’arte e dunque sullo stesso impulso dionisiaco. Ma, se ogni verità è menzogna, quale valore rimane allora alla soluzione estetica prospettata dalla “Nascita della tragedia”? Perché essa dovrebbe apparire più vera di altre? La metafisica dell’artista entra in crisi.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo di Nietzsche nel processo di demitizzazione della cultura e desacralizzazione del mondo?
  2. Nietzsche occupa un posto centrale in questo processo, poiché la sua filosofia è un'incessante distruzione di miti e credenze codificate, rivelando le certezze costruite dagli uomini come necessità di sopravvivenza.

  3. Come Nietzsche interpreta l'antichità greca nella sua opera "La nascita della tragedia"?
  4. Nietzsche vede l'antichità greca non come un modello di serenità e armonia, ma come un equilibrio tra impulsi apollinei e dionisiaci, con la tragedia attica come sintesi perfetta di questi opposti.

  5. Qual è la critica di Nietzsche al socratismo e al platonismo?
  6. Nietzsche critica il socratismo e il platonismo per aver introdotto un razionalismo che caccia il tragico dal palcoscenico del mondo, sostituendolo con ipostasi metafisiche rassicuranti, indebolendo la cultura.

  7. Cosa rappresenta il linguaggio secondo Nietzsche nel testo "Su verità e menzogna in senso extramorale"?
  8. Nietzsche sostiene che ogni linguaggio è nato come un sistema di metafore arbitrario, una menzogna innalzata al ruolo di verità, influenzando la struttura sociale e la cultura.

  9. Qual è la crisi della "metafisica dell'artista" secondo Nietzsche?
  10. La crisi deriva dal fatto che, se ogni verità è menzogna, la soluzione estetica prospettata dalla "Nascita della tragedia" perde valore, mettendo in discussione la legittimità della metafisica dell'artista.

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