Concetti Chiave
- Kierkegaard sottolinea che l'autentica imitazione di Cristo passa attraverso la sofferenza e la morte, non per fanatismo, ma come testimonianza della verità.
- Il cristianesimo diventa verità nell'uomo quando si trasforma in esistenza, non rimanendo una teoria o un dogma oggettivo.
- Essere cristiani implica una sofferenza più grande, poiché significa distaccarsi dai valori mondani e accettare l'emarginazione.
- La sofferenza non è un fine, ma un mezzo scelto liberamente per la contemporaneità spirituale con Cristo.
- La vita di Cristo è caratterizzata da sofferenza interiore, testimonianza della verità non accolta dagli uomini.
Indice
L'imitazione di Cristo
Pungolo di Kierkegaard in quest’opera è l’istanza, la denuncia che l’imitazione di Cristo ha senso solo nell’abbassamento nella sofferenza e nella morte, nel con-abbassamento e nella con-sofferenza. L’unica testimonianza autentica per la verità è la sofferenza. Soffrire per ciò per cui Cristo ha sofferto, cioè la verità. Naturalmente non è da fraintendere: non è una tesi di fanatismo doloristico.
Sofferenza e verità
Sono il dolore e la sofferenza ad essere inevitabili per chi si muove in direzione della testimonianza della verità.
Il cristianesimo autentico
Il cristianesimo è verità nell’uomo se diventa esistenza, non se rimane teoria e dogma oggettivo, questo è il cristianesimo della cristianità. Il richiamo dell’eternità del tempo indica la sofferenza. Un esame nella disciplina che è il diventare l’essere cristiani. Per Kierkegaard chi soffre di più è il cristiano, perché diventare tali è un dolore incomparabilmente più grande e insieme un delitto per i contemporanei storici. Renderci contemporanei col Cristo vuol dire de-contemporaneizzarsi dagli altri, che inseguono motivi mondani e finiti.
Il prezzo della fede
Abbracciare completamente la sofferenza e impegnarsi fino all’ultimo per la verità non dona soddisfazioni mondane e rende inviso agli altri. Questo il motivo per cui la sofferenza cristiane è maggiore, perché paga tale prezzo di esclusione dal mondo, di emarginazione. Il dolore non è un fine, ma un mezzo, l’istanza cristiana sceglie liberamente la causa della verità, pur sapendo che avrà in pegno il dolore e la sofferenza. Ma è l’unico mezzo per la contemporaneità spirituale con Cristo.
La sofferenza di Cristo
La passione e la morte di Cristo, da Lui deliberatamente scelte per noi, è indubbiamente un evento che implica anche un dolore esteriore, tuttavia questa dimensione concreta è secondaria, perché tutta la sua vita è sofferenza soprattutto di interiorità, perché è stata sofferenza per la testimonianza della verità, che gli uomini non hanno accolto. Naturalmente una verità per la vita non speculativa e astratta. La verità la si riconosce dal fatto che le tocca soffrire.
Domande da interrogazione
- Qual è il significato dell'imitazione di Cristo secondo Kierkegaard?
- Perché la sofferenza è inevitabile per chi testimonia la verità cristiana?
- Come Kierkegaard descrive la sofferenza di Cristo?
L'imitazione di Cristo ha senso solo nell'abbassamento nella sofferenza e nella morte, poiché l'unica testimonianza autentica per la verità è la sofferenza.
La sofferenza è inevitabile perché chi si muove in direzione della testimonianza della verità cristiana si de-contemporaneizza dagli altri, affrontando l'esclusione e l'emarginazione dal mondo.
Kierkegaard descrive la sofferenza di Cristo come principalmente interiore, poiché è stata una sofferenza per la testimonianza della verità, che gli uomini non hanno accolto, e non solo un dolore esteriore.