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Sintesi

Thomas Hobbes



Cenni Biografici



Hobbes nasce in Inghilterra nel 1588, studia a Oxford ma ha contatti con l’ambiente culturale Europeo, infatti vive a lungo a Parigi, è amico di Galilei ed entra in polemica con Cartesio con le sue ‘’Obiezioni’’ alla Metafisica cartesiana.
Scrive nel 1651 la sua opera più importante: il Leviatano, ossia ‘’la materia, la forma e il potere di uno stato ecclesiastico e civile’’, nella quale emerge la finalità politica della sua riflessione filosofica.
Nel Levitano, egli infatti delinea i fondamenti di una comunità ordinata e pacifica, possibile soltanto sulla base del potere assoluto dello stato.
Muore a Londra nel 1679, a 91 anni.

Cenni sul concetto di ragione



Hobbes considera la ragione umana come la capacità di prevedere e progettare a lunga scadenza la propria condotta e i mezzi per raggiungere i fini: tale capacità presuppone il linguaggio, inteso come espressione verbale dei ‘’concetti delle cose che si pensano’’ e costituito da un insieme di segni convenzionali o arbitrari con i quali cataloghiamo le nostre esperienze, per conservarle meglio nella memoria e poterle trasmettere ad altri.
Il linguaggio rende possibili il ragionamento che è calcolo, cioè addizione o sottrazione di concetti.

Conoscenza



La conoscenza è ‘’scire per causas’’, cioè conoscere le cause generatrici di una determinata realtà: esistono dimostrazioni ‘’a priori’’ (dalla causa all’effetto) che riguardano oggetti creati dall’uomo e dei quali si possono conoscere le cause, come la matematica, l’etica e la politica; e dimostrazioni ‘’a posteriori’’ (dall’effetto alla causa), che riguardano oggetti non prodotti dall’uomo, come la fisica.
La prima filosofia arriva a conclusioni necessarie, la seconda a conclusioni probabili.
Nominalismo = opposto del realismo.

Materialismo, Meccanicismo e Determinismo



Secondo Hobbes l’incorporeo non è oggetto di scienza, egli ritiene che anche l’anima è materiale e afferma che la ragione e la scienza possono rivolgersi con successo solo agli oggetti estesi e materiali, cioè ai corpi, poiché solo essi possono agire o subire un’azione qualsiasi.
Quindi tutto è materia e movimento (meccanicismo) secondo un rigido determinismo causa-effetto.

Materialismo e relativismo etico



Non esistono valutazioni morali oggettive, ma bene e male sono relativi al singolo individuo e alle situazioni in cui si viene a trovare.
In generale si chiama bene ciò che si desidera, male ciò che si odia.
Non esiste un sommo bene o un fine ultimo della vita dell’uomo perché ciò significherebbe la fine della vita e del desiderio, che invece è incessante e si ripresenta: ‘’la vita è movimento incessante che, quando non può continuare in linea retta, si trasforma in moto circolare’’.
Anche il libero arbitrio (inteso come assenza di costrizioni interiori) non esiste in quanto la libertà viene ridotta da Hobbes a libertà di azione, cioè all’assenza di costrizioni esteriori.

Filosofia politica



Così come nella vita etica non c’è libertà ma necessità, anche la scienza politica si costruisce sulla base di principi necessari, che Hobbes chiama ‘’postulati certissimi della natura umana’’.
Essi sono: la bramosia naturale (cupiditas naturalis) per cui ciascuno richiede per sé l’uso di come che sono comuni, e la ragione naturale (ratio naturalis) per cui ciascuno si sforza di evitare una morte violenta come il peggiore dei mali naturali.
In antitesi al filone dominante della cultura occidentale, ciò che spinge l’uomo verso l’altro uomo non è l’amore o la benevolenza, ma il bisogno o il timore reciproco.
Tale egoismo naturale vige nello stato di natura, ipotetica condizione in cui gli uomini non essendo ancora associati tra loro da leggi positive ed essendo tutti uguali per natura, vivono una condizione presociale inevitabile e continua di ‘’guerra di tutti contro tutti’’ (bellum omnium contra omnes).
Ogni uomo ha diritto su tutto e risulta essere un lupo per l’altro uomo (homo homini lupus).

Ragione calcolatrice e legge naturale



Nello stato di natura ‘’vi è un continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita dell’uomo è solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve’’.
Inoltre, in tale condizione potenziale di guerra totale, ‘’non c’è posto per l’industria perché il frutto di essa è incerto, e per conseguenza non vi è cultura della terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si possono importare per mare, né comodi edifici, né macchine per muovere o trasportare cose che richiedono molta forza, né conoscenza della faccia della terra, né calcolo del tempo, né arti, né lettere, né società’’. (Leviatano)
Per fortuna la ragione umana, capacità di prevedere e provvedere, suggerisce la norma o il principio generale da cui discendono le leggi naturali del vivere civile.
Tali norme fondamentali sono dirette a sottrarre l’uomo al gioco spontaneo e autodistruttivo degli istinti, fornendogli una sicurezza relativa e garantendogli l’autoconservazione.
Esse sono tre:
- ‘’Cercare e conseguire la pace in quanto si ha la speranza di ottenerla, e quando non si può ottenerla, cercare e usare tutti gli ausili e i vantaggi della guerra’’.
- Applicare il precetto evangelico di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te: ‘’un uomo sia disposto, quando anche gli altri lo sono, per quanto egli penserà per la propria pace e difesa, a deporre questo diritto a tutte le cose; e così si accontenti di avere tanta libertà contro gli altri uomini, quanta egli ne concederebbe ad altri uomini contro di lui’’.
- Ne consegue che è necessario ‘’che gli uomini adempiano i patti tra loro’’.

Stato e assolutismo



Lo stato nasce in virtù di un contratto, mediante cui gli individui conferiscono il proprio ‘’ius omnia’’ a un sovrano (uomo o assemblea) in grado di salvaguardare il rispetto dei patti e la pace della comunità; senza questo potere coercitivo esterno gli uomini tornerebbero allo stato di natura.
Da ciò la formula del contratto: ‘’io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso, a quest’uomo o a quest’assemblea di uomini a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto e autorizzi le sue azioni in maniera simile’’ (Leviatano).
Colui che rappresenta questa persona è il sovrano o Leviatano, mostro marino simile a un coccodrillo, che nelle scritture è descritto come la più potente e terribile creatura terrestre.
Hobbes si serve del nome del mostro per alludere alla potenza assoluta dello Stato, concepito come una persona (il sovrano) nella quale si riassumono tutte le altre persone (i sudditi); nel frontespizio della sua opera principale il sovrano è raffigurato come un individuo immenso formato dalle teste di tutti gli altri individui.
La filosofia politica di Hobbes delinea una forma di assolutismo che prevede:
- L’irreversibilità e unilateralità del patto, per cui i sudditi non possono revocarlo.
- L’indivisibilità del potere sovrano, per cui non si può suddividere il potere tra poteri diversi che o soffocherebbero la libertà dei cittadini o genererebbero la guerra civile.
- La legge civile come unica fonte del bene e del male; appartiene allo stato e non ai cittadini il criterio di distinzione tra bene e male, giusto e sbagliato.
- Il conglobamento dell’autorità religiosa in quella statale, infatti nella chiesa anglicana il sovrano è il capo della chiesa.
Ma il tratto più caratteristico dell’assolutismo di Hobbes è la non sottomissione del sovrano (Stato) alle leggi dello Stato, in quanto nessuno si può obbligare se non verso un altro.
Tuttavia Hobbes individua dei limiti al potere statale:
- Neppure lo stato può obbligare un uomo a compiere azioni contro la propria vita e quella dei propri cari; né comandargli di confessare un delitto, perché nessuno può essere indotto ad accusare se stesso.
- Il suddito è libero in tutti quei comportamenti che il sovrano ho omesso di regolare con una legge apposita. Cioè la libertà dipende dal ‘’silenzio della legge’’.
- La libertà è dunque in qualche paese maggiore e in qualche altro minore, in qualche tempo di più e in qualche altro di meno, secondo l’opinione di coloro che detengono la sovranità.
Estratto del documento

Il linguaggio rende possibili il ragionamento che è

calcolo, cioè addizione o sottrazione di concetti.

Conoscenza

La conoscenza è ‘’scire per causas’’, cioè

conoscere le cause generatrici di una determinata

realtà: esistono dimostrazioni ‘’a priori’’ (dalla

causa all’effetto) che riguardano oggetti creati

dall’uomo e dei quali si possono conoscere le cause,

come la matematica, l’etica e la politica; e

dimostrazioni ‘’a posteriori’’ (dall’effetto alla

causa), che riguardano oggetti non prodotti

dall’uomo, come la fisica.

La prima filosofia arriva a conclusioni necessarie, la

seconda a conclusioni probabili.

Nominalismo = opposto del realismo.

Materialismo, Meccanicismo e Determinismo

Secondo Hobbes l’incorporeo non è oggetto di

scienza, egli ritiene che anche l’anima è materiale e

afferma che la ragione e la scienza possono

rivolgersi con successo solo agli oggetti estesi e

materiali, cioè ai corpi, poiché solo essi possono

agire o subire un’azione qualsiasi.

Quindi tutto è materia e movimento

(meccanicismo) secondo un rigido determinismo

causa-effetto.

Materialismo e relativismo etico

Non esistono valutazioni morali oggettive, ma bene

e male sono relativi al singolo individuo e alle

situazioni in cui si viene a trovare.

In generale si chiama bene ciò che si desidera, male

ciò che si odia.

Non esiste un sommo bene o un fine ultimo della

vita dell’uomo perché ciò significherebbe la fine

della vita e del desiderio, che invece è incessante e

si ripresenta: ‘’la vita è movimento incessante che,

quando non può continuare in linea retta, si

trasforma in moto circolare’’.

Anche il libero arbitrio (inteso come assenza di

costrizioni interiori) non esiste in quanto la libertà

viene ridotta da Hobbes a libertà di azione, cioè

all’assenza di costrizioni esteriori.

Filosofia politica

Così come nella vita etica non c’è libertà ma

necessità, anche la scienza politica si costruisce

sulla base di principi necessari, che Hobbes chiama

‘’postulati certissimi della natura umana’’.

Essi sono: la bramosia naturale (cupiditas

naturalis) per cui ciascuno richiede per sé l’uso di

come che sono comuni, e la ragione naturale

(ratio naturalis) per cui ciascuno si sforza di

evitare una morte violenta come il peggiore dei mali

naturali.

In antitesi al filone dominante della cultura

occidentale, ciò che spinge l’uomo verso l’altro uomo

non è l’amore o la benevolenza, ma il bisogno o il

timore reciproco.

Tale egoismo naturale vige nello stato di natura,

ipotetica condizione in cui gli uomini non essendo

ancora associati tra loro da leggi positive ed essendo

tutti uguali per natura, vivono una condizione

presociale inevitabile e continua di ‘’guerra di tutti

contro tutti’’ (bellum omnium contra omnes).

Ogni uomo ha diritto su tutto e risulta essere un lupo

per l’altro uomo (homo homini lupus).

Ragione calcolatrice e legge naturale

Nello stato di natura ‘’vi è un continuo timore e

pericolo di morte violenta, e la vita dell’uomo è

solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve’’.

Inoltre, in tale condizione potenziale di guerra totale,

‘’non c’è posto per l’industria perché il frutto di essa

è incerto, e per conseguenza non vi è cultura della

terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si

possono importare per mare, né comodi edifici, né

macchine per muovere o trasportare cose che

richiedono molta forza, né conoscenza della faccia

della terra, né calcolo del tempo, né arti, né lettere,

né società’’. (Leviatano)

Per fortuna la ragione umana, capacità di

prevedere e provvedere, suggerisce la norma o il

principio generale da cui discendono le leggi naturali

del vivere civile.

Tali norme fondamentali sono dirette a sottrarre

l’uomo al gioco spontaneo e autodistruttivo degli

istinti, fornendogli una sicurezza relativa e

garantendogli l’autoconservazione.

Esse sono tre:

- ‘’Cercare e conseguire la pace in quanto si ha

la speranza di ottenerla, e quando non si può

ottenerla, cercare e usare tutti gli ausili e i

vantaggi della guerra’’.

- Applicare il precetto evangelico di non fare agli

altri quello che non vorresti fosse fatto a

te: ‘’un uomo sia disposto, quando anche gli altri

lo sono, per quanto egli penserà per la propria

pace e difesa, a deporre questo diritto a tutte le

cose; e così si accontenti di avere tanta libertà

contro gli altri uomini, quanta egli ne

concederebbe ad altri uomini contro di lui’’.

- Ne consegue che è necessario ‘’che gli uomini

adempiano i patti tra loro’’.

Stato e assolutismo

Lo stato nasce in virtù di un contratto, mediante cui

gli individui conferiscono il proprio ‘’ius omnia’’ a

un sovrano (uomo o assemblea) in grado di

salvaguardare il rispetto dei patti e la pace della

comunità; senza questo potere coercitivo esterno gli

uomini tornerebbero allo stato di natura.

Da ciò la formula del contratto: ‘’io autorizzo e cedo

il mio diritto di governare me stesso, a quest’uomo o

a quest’assemblea di uomini a questa condizione,

che tu gli ceda il tuo diritto e autorizzi le sue azioni

in maniera simile’’ (Leviatano).

Colui che rappresenta questa persona è il sovrano o

Leviatano, mostro marino simile a un coccodrillo,

che nelle scritture è descritto come la più potente e

terribile creatura terrestre.

Hobbes si serve del nome del mostro per alludere

alla potenza assoluta dello Stato, concepito

come una persona (il sovrano) nella quale si

riassumono tutte le altre persone (i sudditi); nel

frontespizio della sua opera principale il sovrano è

raffigurato come un individuo immenso formato dalle

teste di tutti gli altri individui.

La filosofia politica di Hobbes delinea una forma di

assolutismo che prevede:

- L’irreversibilità e unilateralità del patto, per

cui i sudditi non possono revocarlo.

- L’indivisibilità del potere sovrano, per cui

non si può suddividere il potere tra poteri diversi

che o soffocherebbero la libertà dei cittadini o

genererebbero la guerra civile.

- La legge civile come unica fonte del bene e

del male; appartiene allo stato e non ai cittadini

il criterio di distinzione tra bene e male, giusto e

sbagliato.

- Il conglobamento dell’autorità religiosa in

quella statale, infatti nella chiesa anglicana il

sovrano è il capo della chiesa.

Ma il tratto più caratteristico dell’assolutismo di

Hobbes è la non sottomissione del sovrano (Stato)

alle leggi dello Stato, in quanto nessuno si può

obbligare se non verso un altro.

Tuttavia Hobbes individua dei limiti al potere

statale:

- Neppure lo stato può obbligare un uomo a

compiere azioni contro la propria vita e quella

dei propri cari; né comandargli di confessare un

delitto, perché nessuno può essere indotto ad

accusare se stesso.

- Il suddito è libero in tutti quei comportamenti

che il sovrano ho omesso di regolare con una

legge apposita. Cioè la libertà dipende dal

‘’silenzio della legge’’.

- La libertà è dunque in qualche paese maggiore e

in qualche altro minore, in qualche tempo di più

e in qualche altro di meno, secondo l’opinione di

coloro che detengono la sovranità.

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