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I primi ponti sospesi di Thomas Telfort, l'innovazione tecnologica a partire dalla seconda rivoluzione industriale. Tipologia dei moderni ponti in acciaio e normative giuridiche in relazione alle costruzioni in territorio comunale.
Materie trattate: Costruzioni, storia, diritto, storia dell'architettura
I primi ponti sospesi di Thomas Telfort, l’innovazione tecnologica a
partire dalla seconda rivoluzione industriale.
Tipologia dei moderni ponti in acciaio
e normative giuridiche in relazione alle costruzioni
in territorio comunale.
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Thomas Telford (1757-1834) fu architetto e ingegnere civile. Ebbe un’infanzia povera (il
padre morì l’anno in cui nacque Thomas). All’età di 14 anni, divenne apprendista di uno
scalpellino. Egli lavorò per qualche tempo a Edimburgo e nel 1782 andò a Londra dove
conobbe gli architetti Robert Adam e Sir William Chambers. Due anni dopo trovò lavoro a
Portsmouth nel cantiere navale e da autodidatta usò il suo talento nel disegno e nella
progettazione di edifici. Nel 1787 divenne supervisore dei lavori pubblici a Shropshire e
questo lo rese responsabile della costruzione dei ponti: il primo dei 40 costruiti nello
Shropshire fu quello sul fiume Severn che collegava la strada Londra - Holyhead. Questo
ponte fu il primo ponte in ferro progettato da Telford che usava testare i materiali che
servivano alla costruzione.
Nel 1793 fu chiamato per controllare la progettazione e la costruzione del Canale
Ellesmere che collegava gli ironworks e le miniere di carbone. Il canale Ellesmere fu
completato nel 1805 e data la sua competenza, Telford fu consultato su numerosi altri
progetti. Questi hanno incluso gli impianti di rifornimento idrico per Liverpool, i
miglioramenti ai docklands di Londra e la ricostruzione del ponte di Londra (1800). In
Scozia, Thomas Telford costruì un sistema completo di canali da costa a costa, rendendola
la regione col miglior sistema di trasporti integrati.
A Thomas Telford fu assegnato l’incarico di migliorare l’itinerario da Londra a Holyhead e
uno dei miglioramenti chiave era la progettazione del ponte a sospensione sopra lo Stretto
di Menai. La progettazione del ponte doveva permettere la navigazione di navi alte circa 30
metri sotto la piattaforma nel momento dell’alta marea.
La costruzione del ponte iniziò nel 1819: era
costituito da un impalcato di ferro e legno,
sostenuto, medianti tiranti rigidi metallici, da barre
articolate e disposte secondo una curva funicolare,
detta catenaria. Ciascuna catena, (delle 16) era
sospesa in testa ai piloni in calcare ancorati ai lati
dello Stretto.
Nel tratto intermedio, tra i piloni delle opposte
sponde, le catene erano dette di “sospensione”,
mentre nei due tratti esterni erano denominate “di ritenuta”.
Per evitare la ruggine ogni cavo veniva prima impregnato di olio di lino. Il Ponte fu
inaugurato il 30 gennaio 1826. Questo ponte non fu il primo ponte a sospensione, ma fu il
più grande costruito fino ad allora ed è considerato il primo ponte a sospensione al mondo.
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In questi anni si affinò una seconda tipologia di ponti in alternativa a questo, pur
mantenendo lo stesso schema architettonico, prevedeva invece di catene lunghi fasci di filo
di ferro paralleli, detti, secondo la loro disposizione, cavi di sospensione o di ritenuta.
L’adozione dell’uno o dell’altro sistema dipendeva dall’economia e dalla solidità, ovvero
dallo stato di progresso che ciascuna nazione aveva raggiunto nel campo della metallurgia,
da questioni legate alle tecniche di produzione, dai tempi e dagli oneri di trasporto, di
costruzione e di manutenzione, dalla sicurezza e durata nel tempo che essi erano in grado
di assicurare. In Gran Bretagna si preferì molto più spesso quella” a catene”. In Francia fu
adottata prevalentemente la tipologia dei ponti sospesi a fili di ferro. In Italia furono
adottate entrambe le tipologie, ma in alcuni Stati prevalse quella “britannica” in altri quella
“francese”. In Toscana ad esempio furono realizzate strutture sospese “a fil di ferro, ma gli
stessi ingegneri furono obbligati, in Campania ad utilizzare il sistema a “barre” per la
costruzione di un ponte sospeso sul fiume Sele, poiché, come sostenevano gli ingegneri del
Corpo borbonico di ponti e Strade, “sino a quando non saranno costruite delle filiere, la
scarsezza e l’alto prezzo del ferro filato eleverebbe purtroppo la spesa di simili opere e
perciò bisogna avvalersi delle barre”…Molti tecnici d’oltralpe furono direttamente
coinvolti nella progettazione di ponti sospesi in Italia, contribuendo in tal modo a
diffondere queste nuove tecnologie costruttive. A partire dal 1820 in tutta Europa il
problema del superamento di grandi
luci aveva trovato soluzione stabile
nel ponte sospeso, almeno per il
traffico leggero. Si trattava di
strutture molto deformabili, i cui
impalcati di legno, privi di una
significativa rigidezza flessionale in
rapporto alla luce, richiedevano
continua sorveglianza e
manutenzione. La loro deformabilità
però era incompatibile con il traffico
ferroviario e dal 1850 questo
influenzò la tecnica della costruzione metallica da un punto di vista generale, determinando
l’abbandono delle costruzioni in ghisa e portando all’affermazione di criteri ai quali più
nessuna grande opera di ponte avrebbe potuto sottrarsi: la concezione tubolare e la
conformazione reticolare della struttura nelle sue grandi membrature portanti; la
composizione chiodata, di lamiere e profilati, delle sezioni e dei collegamenti.
Lo sviluppo dell’industria continuò per tutto l’800 e proseguì successivamente nel’900.
Gli storici chiamano questo periodo storico: seconda rivoluzione industriale. La seconda
rivoluzione industriale si caratterizzò e differenziò dalla prima per vari aspetti.
Innanzitutto, mentre dapprima l’industria si era concentrata in certi paesi e certe regioni
(Europa occidentale e poi Stati Uniti), ora si diffondeva in quasi tutto il continente europeo
e anche in paesi periferici come la Russia e il Giappone. Inoltre, la prima fase della
rivoluzione industriale era stata condizionata dalla tecnologia del ferro e del carbone. Ciò
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aveva favorito quei paesi che possedevano appunto ricchi giacimenti di carbone e di ferro,
come l’ Inghilterra, il Belgio, la Francia e la Germania.
Nella seconda metà dell’800, invece le scoperte, le invenzioni, i nuovi ritrovati tecnici (che
furono numerosissimi) resero più agevole l’industrializzazione ai paesi come l’Italia e il
Giappone, sprovvisti di risorse minerarie ma ricchi di cultura tecnica, di capacità
professionali, di desiderio di emergere. In particolare, in questo periodo, l’energia elettrica
sostituì il vapore come forza motrice. Di conseguenza si affermò l’industria produttrice di
energia elettrica. Nacque il motore a scoppio, che avrebbe rivoluzionato i trasporti. Si
perfezionò, con nuovi tipi di altiforni, la produzione dell’acciaio. Sorsero le aziende
elettromeccaniche e chimiche. La chimica permise la fabbricazione di nuovi materiali, come
l’alluminio e l’acciaio, i coloranti artificiali e i concimi. Il petrolio, combustibile di alto
rendimento e facile trasportabilità, consentì l’enorme sviluppo dei motori a combustione
interna: iniziava così l’era dell’automobile, che sostituì la ferrovia quale bene strategico
della civiltà industriale.
Si diffuse l’impiego dell’acido solforico per la preparazione di concimi ed esplosivi.
Nel settore agricolo, grazie allo sviluppo dei trasporti, i mercati mondiali furono inondati
dai cereali prodotti da Stati Uniti, Canada, Argentina, Australia. Poiché il loro prezzo era
inferiore a quello europeo, si verificò una tendenza al ribasso dei prezzi agricoli in Europa.
I produttori europei reagirono a queste difficoltà in due modi: da un lato chiedendo e
ottenendo dai governi l’adozione di politiche protezionistiche (dazi sulle importazioni);
dall’altro con investimenti per innalzare la produttività delle aziende agricole
(meccanizzazioni, impiego di nuovi concimi chimici).
Allo stesso tempo cominciò a risultare evidente che nei paesi in cui la moderna produzione
per il mercato, tesa al conseguimento di grandi profitti, si stava affermando, a scapito di
orientamenti economici più tradizionali, il reddito della popolazione tendeva a salire.
Dove l’industria era più progredita, la società si faceva gradualmente più ricca e generosa
per tutti.
I progressi nel settore della scienza delle costruzioni portarono a un’evoluzione dei criteri
progettuali dei ponti in acciaio sia per quanto riguarda l’estetica che per la struttura.
Per quanto riguardava la struttura il sistema di travi principali a parete piena veniva
adottato sino a luci di 50 m, mentre per luci maggiori si ricorreva alle travature reticolari o
strutture ad arco, per luci superiori ai 500 m venivano adottati i ponti sospesi con
travature irrigidite.
Negli ultimi cent’anni i progressi nel campo della siderurgia misero a disposizione dei
progettisti acciai con elevate caratteristiche meccaniche. Infine lo sviluppo della tecnica di
saldatura e l’impiego di bulloni pretesi ad alta resistenza per giunzioni in opera ad attrito
determinarono il totale abbandono delle giunzioni mediante chiodature.
Attualmente gli acciai usati nella costruzione dei ponti sono diversi a seconda delle
caratteristiche meccaniche richieste dallo schema statico impiegato; lo schema statico si
diversifica a sua volta secondo la luce del ponte stesso. Per i normali ponti si usano acciai
laminati a caldo le cui principali caratteristiche meccaniche sono:
Acciaio Fe 360 2
Tensione di rottura σr = 360 N/mm 2
Tensione ammissibile σa = 156 N/mm 5
La classificazione dei ponti avviene a seconda della loro tipologia, per cui si possono avere:
• Ponti a travata
• Ponti ad arco
• Ponti a travata sospesa con cavi parabolici
• Ponti a travata strallata, ossia con cavi rettilinei detti stralli
In fine la scelta della tipologia strutturale da adottare è il risultato di un esame
approfondito che tiene in considerazione numerosi aspetti di natura topografica, statica,
costruttiva, economica, architettonica ed ambientale. Ma l’elemento principale
determinante la tipologia di ponte da adottare è la luce che il manufatto deve superare.
Di seguito tutte le tipologie strutturali di ponti stradali:
1. Ponte a via superiore (luci 10 m ÷ 30 m): travi in acciaio collaboranti con soletta in
calcestruzzo. Schema statico: travi appoggiate agli estremi.
2. Ponte a via superiore (luci 30 m ÷ 100 m): travi in acciaio composte collaboranti
con soletta in calcestruzzo. Schemi statici: travate appoggiate o continue.
3. Ponte a via superiore (luci 100 m ÷ 200 m): travata in acciaio in lamiera irrigidita.
Schema statico: travata continua
4. Ponte a via inferiore (luci 100 m ÷ 300 m): struttura principale formata di travi
irrigidenti a parete piena armate con archi sottili e sospensione a cortina.
5. Ponte a via inferiore (luci 100 m ÷ 300 m): struttura principale formata di travature
reticolari con corrente superiore parabolica e diagonali schema Warren.
6. Ponte ad arco a via intermedia (luci 100 m ÷ 300 m): struttura principale formata
di due arconi gemelli controventati. Impalcato sospeso nella parte centrale e
sostenuto da colonne nelle parti laterali.
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7. Ponte strallato a travata flessorigida (luci 200 m ÷ 300 m): struttura principale
costituita da una travata continua in lamiera irrigidita sospesa in due o più sezioni
intermedie mediante tiranti ormeggiati alla sommità di piloni di’imposta tiranti nella
zona di riva.
8. Ponte strillato a comportamento reticolare (luci 300 m ÷ 500 m): struttura
principale formata da grandi tralicci di tipo particolare con le briglie inferiori
coincidenti con i cavi di contorno. I cavi intermedi funzionano da diagonali e sono
sempre tesi.
9. Ponte sospeso a cavi verticali (luci 500 m ÷ 200 m): struttura principale formata da
una trave reticolare o in
lamiera irrigidita sospesa
a cavi parabolici
mediante tiranti verticali
inclinati.
La necessità di superare profondi avvallamenti o corsi d’acqua con forti correnti già nei
tempi antichi ha portato alla costruzione di passerelle con il piano pedonale sospeso a funi
tese da una sponda all’altra, sistema molto utilizzato anche oggi.
Ad oggi questo sistema è utilizzato per la realizzazione di ponti di media e grande luce