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Concetti Chiave

  • La scuola domenicana tedesca si divide tra fedeli a Tommaso d'Aquino e influenzati dai temi di Alberto Magno, con Eckhart come figura innovativa.
  • Eckhart, nato nel 1260, è noto per il suo "Opus tripartitum" che combina teologia assiomatica, questioni disputate ed esegesi scritturale.
  • Promuove l'unione con Dio, intesa non come estasi mistica, ma come ripresa di temi neoplatonici e dottrina araba dell'intelletto.
  • Propone un doppio processo di spoliazione: spogliare Dio e l'uomo delle loro relazioni e proprietà per ritrovare l'essenza pura.
  • Dio è visto principalmente come pensiero e intelletto, con l'essere legato alla creazione e dunque una forma di limitazione.

Indice

  1. La scuola domenicana tedesca
  2. L'opera di Eckhart
  3. L'unione con Dio
  4. Il processo di spoliazione
  5. La natura di Dio

La scuola domenicana tedesca

Partendo dall’insegnamento di Alberto Magno a Colonia, si forma una scuola domenicana tedesca, che si divide in maestri che scelgono di rimanere fedeli a Tommaso d’Aquino, mentre altri risentono molto più direttamente di alcuni temi albertini.

L'opera di Eckhart

Eckhart è la figura più innovativa e originale in questo contesto. Nasce nel 1260, nel 1293 è baccelliere sentenziario a Parigi. Segue un periodo di alternanza Parigi-Germania. Nel 1324 la direzione dello studium generale a Colonia. Morto nel 1328, è una figura difficilmente classificabile, a dispetto dell’etichetta di “mistico”. La sua opera maggiore è Opus tripartitum, divisa in un testo di teologia assiomatica (Opus propositionum), raccolta di questioni disputate (Opus quaestionum) e un’esegesi scritturale corredata da una raccolta di sermoni (Opus expositionum). Novità è la scelta di affiancare il volgare tedesco al latino, che permette di far filtrare, anche in testi non dedicati a un pubblico specialistico, temi filosofici di grande spessore.

L'unione con Dio

Difende l’ideale dell’unione, o “unizione” con Dio. Ma non è un qualcosa di paragonabile all’estasi mistica, quanto piuttosto la ripresa di un tema di fondo della tradizione neoplatonica congiunto alla dottrina araba dell’intelletto. L’unità a cui bisogna mirare ha già in realtà un fondamento ontologico: nell’anima dell’uomo si trova infatti una parte increata che è l’immagine divina in noi. Si ha la presenza originaria di Dio nel nostro centro più intimo. Il compito a cui l’uomo è chiamato è dunque quello di ritrovare in sé stesso la coincidenza tra il proprio fondo e il fondo di Dio.

Il processo di spoliazione

È necessario un doppio e simmetrico processo di spoliazione.

A. Spogliare Dio di tutto ciò che gli deriva dal suo essere in rapporto con le creature, per giungere al suo fondo più puro o alla sua essenza più pura, alla nuda deità. Il Dio in relazione non è già più Dio.

B. L’uomo deve spogliarsi delle sue proprietà e prerogative personali, deve cioè rinunciare a ogni volontà e a ogni possesso, deve farsi “povero” non solo materialmente, ma anche e ancor più, spiritualmente. Non vuole niente, neppure Dio, perché in tal caso continuerebbe a volere un “Dio” prigioniero delle relazione e delle rappresentazioni, e non Dio in sé.

La natura di Dio

Bisogna negarsi a Dio come luogo in cui Egli possa operare, così che l’uomo “povero” Lo restituisca alla sua essenza più pura, anteriore a ogni attività e a ogni relazione. Il “Dio” che dipende dalle esigenze creaturali è invece un dio inautentico e puramente strumentale. Bisogna riscoprire quello stato originario in cui, prima della creazione, Egli era già Dio, e Dio non era ancora “Dio”: l’essere di “Dio” ha infatti inizio solo congiuntamente all’essere creaturale, ed è indissociabile da esso. Lo scarto tra Dio e essere incrina la tradizionale identificazione di questi due elementi. Dio è essenzialmente e in primo luogo pensiero, intelletto, e solo secondariamente essere, dal momento che quest’ultimo ha sempre a che fare con le creature ed esprime pertanto una forma di limitazione. L’esser genuino di Dio viene poi identificato con il nulla o con il non-essere, ovvero con qualcosa di completamente diverso dall’essere che ha a che fare con la causalità e la creazione. L’intelletto esprime invece ciò che di più nobile e attuale si possa concepire nella divinità. È una metafisica dell’intelletto, quest ultimo viene considerato in Dio come fondamento di ogni altro attributo, e nell’uomo come l’immagine increata di Dio in cui è possibile tornare a ristabilire l’unità originaria.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il contributo innovativo di Eckhart nella scuola domenicana tedesca?
  2. Eckhart è considerato una figura innovativa e originale per la sua capacità di integrare temi albertini e tomisti, e per la sua opera "Opus tripartitum" che unisce teologia, questioni disputate ed esegesi scritturale, utilizzando sia il latino che il volgare tedesco.

  3. In cosa consiste l'ideale dell'unione con Dio secondo Eckhart?
  4. L'unione con Dio, secondo Eckhart, non è un'estasi mistica ma un processo di riscoperta dell'immagine divina nell'anima umana, attraverso un doppio processo di spoliazione sia di Dio che dell'uomo dalle loro proprietà e relazioni.

  5. Come descrive Eckhart il processo di spoliazione di Dio?
  6. Eckhart descrive la spoliazione di Dio come la rimozione di tutto ciò che deriva dal suo rapporto con le creature, per raggiungere la sua essenza più pura, la nuda deità, poiché il Dio in relazione non è più Dio.

  7. Qual è il ruolo dell'intelletto nella metafisica di Eckhart?
  8. Nella metafisica di Eckhart, l'intelletto è considerato il fondamento di ogni attributo divino e l'immagine increata di Dio nell'uomo, attraverso cui è possibile ristabilire l'unità originaria con Dio.

  9. Come Eckhart interpreta la relazione tra Dio e l'essere?
  10. Eckhart interpreta la relazione tra Dio e l'essere come una separazione, dove Dio è essenzialmente pensiero e intelletto, mentre l'essere è secondario e limitato, legato alla creazione e alla causalità. L'essere genuino di Dio è identificato con il nulla o il non-essere.

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