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Concetti Chiave

  • Sant'Anselmo d'Aosta utilizza il Monologion per argomentare l'esistenza di Dio attraverso un percorso razionale simile alle argomentazioni platoniche.
  • Anselmo suggerisce che tutte le cose buone dipendono da un principio supremo, Dio, che è perfetto e indipendente.
  • Nel Proslogion, Anselmo semplifica la dimostrazione, sostenendo che la nozione di Dio implica necessariamente la sua esistenza.
  • Secondo Anselmo, pensare a Dio come "ciò di cui non può pensarsi nulla di maggiore" implica che Dio deve esistere nella realtà.
  • L'idea che l'esistenza sia una perfezione suprema porta alla conclusione che Dio, concettualizzato come perfetto, non può non esistere.

Indice

  1. Sant'Anselmo d'Aosta
  2. L'esistenza di Dio

Sant'Anselmo d'Aosta

L'esistenza di Dio

La via battuta dal Monologion per giungere razionalmente all'esistenza e all'essenza di Dio ricorda l'andamento di molte argomentazioni platoniche. Anche chi non conosce Dio, vi si dice, cerca il bene: ma i beni singoli sono tali in virtù di un bene in sé, che è tale non perché partecipi di un altro bene ancora, ma per se stesso. Lo stesso essere delle singole cose buone dipende da un principio che le fa essere, e che, per essere, non ha a sua volta bisogno di altro: Dio.

Salendo poi la scala della perfezione delle cose, noi troviamo nature sempre più perfette, da cui le meno perfette dipendono: al sommo troviamo la perfezione assoluta, Dio.
Poiché i monaci trovavano queste argomentazioni un pò complicate, Anselmo ne escogitò una più semplice, che espose nel Proslogion (o "discorso rivolto a un altro", e cioè a Dio). Egli osservò che basta riflettere a ciò che pensiamo quando pensiamo a Dio, per esser certi che Dio esiste. E' vero che l'insipiente di cui parla il Salmo (XIII, 1) dice che "Dio non c'è": eppure anche lui, quando pensa "Dio" per dire he non c'è, lo pensa come qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore. Egli ha nel suo intelletto questa nozione: "ciò di cui non può pensarsi nulla di maggiore", ma nega che ad essa corrisponda una realtà. Ma "ciò di cui non può pensarsi nulla di maggiore" non si può pensarlo come sussistente solo nell'intelletto: appena infatti si supponga (in via di semplice ipotesi) che un tal essere esista anche nella realtà, già si è pensato qualcosa di maggiore (cioè di più perfetto). Pensarlo quindi come sussistente nel solo intelletto significa cadere in contraddizione, poiché questa stessa nozione, sussistente anche nella realtà, sarebbe ancor più perfetta, contro l'ipotesi che non si possa pensare nulla di maggiore.
In altri termini: la nozione stessa di Dio è la nozione di qualcosa che, avendo tutte le perfezioni, non può mancare di quella suprema perfezione che è l'esistere. Pensare Dio è pensare qualcosa che non può non esistere, e se l'insipiente non se ne accorge, ciò è solo perché non si rende conto di ciò che pensa quando pensa Dio.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'argomentazione principale di Sant'Anselmo per dimostrare l'esistenza di Dio nel Proslogion?
  2. Sant'Anselmo sostiene che pensare a Dio implica pensare a qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore, e quindi, per definizione, Dio deve esistere anche nella realtà, altrimenti si cadrebbe in contraddizione.

  3. Come Sant'Anselmo semplifica le argomentazioni del Monologion per i monaci?
  4. Anselmo semplifica le argomentazioni del Monologion nel Proslogion, affermando che basta riflettere su ciò che pensiamo quando pensiamo a Dio per essere certi della sua esistenza.

  5. Perché l'insipiente, secondo Sant'Anselmo, non riconosce l'esistenza di Dio?
  6. L'insipiente non riconosce l'esistenza di Dio perché non si rende conto di ciò che pensa quando pensa a Dio, ovvero non comprende che la nozione di Dio implica necessariamente la sua esistenza.

Domande e risposte

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