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Concetti Chiave

  • Roberto Grossatesta collega la dottrina aristotelica e quella agostiniana attraverso la metafisica della luce, influenzando l'orientamento platonico di Oxford.
  • Per Grossatesta, Dio è l'unica "forma" e principio di determinazione delle cose, con la luce come rappresentazione di questa forma divina.
  • La luce, essenza semplice ma generatrice di determinazioni sensibili nei corpi, è vista come il principio delle forme particolari.
  • Grossatesta utilizza la semplicità di Dio per contestare l'idea aristotelica dell'eternità del mondo, sottolineando l'eternità come un'esistenza semplice e non temporale.
  • Il suo lavoro "De luce seu de inchoatione formarum" esplora come la luce serva a inaugurare le forme particolari nel mondo sensibile.

Indice

  1. L'influenza di Roberto Grossatesta
  2. La luce come archetipo divino
  3. Confutazione dell'eternità del mondo

L'influenza di Roberto Grossatesta

L'avvicinamento tra la dottrina aristotelica dell'intelletto agente e quella agostiniana dell'illuminazione passa nell'inglese Roberto Grossatesta (1175-1253), cancelliere dell'Università di Oxford, poi vescovo di Lincoln. L'agostinismo di Roberto, ancor più dichiarato che nei suoi predecessori, lascerà una traccia a Oxford, che resterà platonica anche quando parigi, come vedremo, diventerà prevalentemente aristotelica.

La luce come archetipo divino

L'unica "forma", cioè l'unico principio di determinazione delle cose, è, per Roberto Grossatesta, Dio; e la verità delle cose sta nel loro conformarsi a tale archetipo, o forma. La rappresentazione più calzante di codesta forma è la luce: un principio che già nelle religioni orientali era servito a rappresentare Dio, e che era stato accolto poi nel Vangelo di S. Giovanni, in Sant'Agostino e nei testi pseudo-aristotelici del neoplatonismo medievale. La luce infatti, analogamente a Dio, ha in sé un'essenza semplice, ma serve a suscitare nei corpi le diverse determinazioni sensibili (colori): quindi essa è il principio delle forme particolari. Così afferma Roberto Grossatesta nel "De luce seu de inchoatione formarum".

Confutazione dell'eternità del mondo

Il concetto della semplicità di Dio serve anche a Roberto per confutare la dottrina aristotelica dell'eternità del mondo: infatti la rappresentazione di un perdurare infinito del mondo, che ci è fornita da una falsa immaginazione, non ha nulla che vedere con l'eternità, che è un modo d'essere semplice, non dispero nel tempo, e che non può esser colto dalla ragione "discorsiva".

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