Mongo95
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Concetti Chiave

  • L'Ordine di Parigi del 1228, con Giovanni di Saint-Gilles, ha adottato un approccio radicalmente diverso alla filosofia, influenzato da Alberto Magno e Tommaso d'Aquino.
  • Alberto Magno è stato il vero iniziatore dell'aristotelismo latino, considerato una dottrina che deve essere studiata autonomamente rispetto alla teologia.
  • Alberto ha concepito l'universo come una fusione di aristotelismo e neoplatonismo, con le intelligenze che guidano i processi naturali dall'alto.
  • L'anima organizza e vivifica il corpo, con l'intelletto umano che è ricettivo e in contatto con l'intellettualità pura attraverso l'intelletto agente.
  • Il fine dell'esistenza umana, secondo Alberto, è la congiunzione con l'intelletto agente, permettendo all'anima di contemplare le intelligenze separate e acquisire tutte le forme intelligibili.

La loro prima cattedra è Parigi, nel 1228, con Giovanni di Saint-Gilles, nel convento di Saint-Jacques. Questo Ordine sviluppa un atteggiamento radicalmente diverso nei confronti della filosofia, di Aristotele e dei suoi interpreti arabi. Ciò lo si deve alle figure di Alberto Magno e Tommaso d’Acquino, entrambi membri della commissione che nel 1259, durante il capitolo di Valenciennes, elaborò e riuscì a far approvare una serie di proposte sulla riorganizzazione degli studi all’interno dell’Ordine.

Una riforma che mirava ad assicurare una centralità assoluta allo studio nella vita stessa dell’Ordine.
o Alberto Magno
La sua campagna contro gli “ignoranti che vogliono in tutti i modi combattere l’uso della filosofia” era già iniziata nel 1248 quando aveva fondato un nuovo studium domenicano a Colonia, dove mette mano al progetto di un’esposizione sistematica di tutti gli scritti aristotelici. Può essere quindi considerato come il vero iniziatore dell’aristotelismo latino, una tradizione in cui la filosofia non è più vista come qualcosa di contrapposto o antitetico, verso cui avere una posizione aggressiva o difensiva, ma come un insieme dottrinale che non solo merita, ma in qualche modo deve essere studiato in sé. C’è autonomia e distinzione degli ambiti tra teologia e filosofia, dal momento che una si fonda sulla rivelazione, e l’altra sulla ragione. La filosofia procede dunque secondo le regole del discorso dimostrativo, cerca di spiegare la natura in base alle sue cause intrinseche, e si sforza infine di arrivare a Dio già in questa vita. Il limite ultimo è però dato dall’impossibilità di riconoscere il ruolo della volontà divina, perché è contro ogni principio filosofico che la Causa prima agisca in modo volontario. Il Dio della filosofia agisce piuttosto in modo immutabile e necessario.
Il modo in cui Alberto concepisce l’Universo rispecchia una fusione di aristotelismo e neoplatonismo: forme intelligibili da cui dipendono le cose sensibili. Il pensiero delle intelligenze ha pertanto un carattere produttivo. Ma, come se le intelligenze guidassero dall’altro, attraverso il movimento dei cieli, lo sviluppo delle potenzialità presenti nella materia sublunare, assicurando il corso ordinato dei processi naturali: le operazioni della natura, quindi, sono operazioni dell’intelligenza. Quanto alle intelligenze stesse, esse fluiscono dalla Causa prima, immutabilmente e per sovrabbondanza.
Per quanto riguarda l’anima, essa organizza e vivifica il carpo, ma è al fondo dell’intellettualità pura. L’uomo si identifica con l’intelletto. L’intelletto possibili/potenziale è più ricettivo che attivo, ma al di là di esso, l’uomo possiede anche un intelletto agente che è sempre in contatto con l’intellettualità pura, ed è in grado di produrre in noi le forme intelligibili. Il nostro compito è dunque quello di riportare l’intelletto possibile a quello agente, di realizzare la loro unione in tre distinti modi:
1. Come potenza/facoltà
2. Come causa efficiente
3. Come forma
Se i primi due sono modi puramente naturali, con ogni uomo che possiede questa potenza che permette l’astrazione degli intelligibili dalle immagini sensibili e agisce perciò come causa efficiente dei contenuti del nostro pensiero; il vero obiettivo è tuttavia far sì che tale intelletto si unisca a noi anche come forma. Per Alberto, l’intelletto agente è insieme separato e nostro: agisce sempre come causa efficiente, nel senso che rende possibile l’astrazione degli intelligibili, ma dobbiamo far sì che diventi la nostra vera e propria forma. C’è allora l’idea che il fine della nostra esistenza sia appunto quello di cercare di ricongiungersi all’intelletto agente, attraverso una vita dedita alla pura speculazione. Una volta realizzata tale congiunzione, l’anima umana è in grado di contemplare le altre intelligenze separate e la stessa Causa prima, e di attingere da esse tutte le forme intelligibili. L’anima diventa così un vero e proprio mondo intelligibile. Collocato ormai al di sopra del tempo, il nostro intelletto raggiunge quello stato che Alberto chiama “santo”, con capacità quali anche il predire il futuro e modificare gli eventi o processi naturali. La nostra anima, a differenza di come affermerà poi Tommaso, è dunque in grado di guardare direttamente la fonte di ogni intelligibilità.

Domande da interrogazione

  1. Qual è stato il contributo di Alberto Magno all'aristotelismo latino?
  2. Alberto Magno è considerato il vero iniziatore dell'aristotelismo latino, promuovendo una visione della filosofia come un insieme dottrinale che merita di essere studiato autonomamente, distinguendo tra teologia e filosofia.

  3. Come Alberto Magno concepisce l'Universo?
  4. Alberto Magno concepisce l'Universo come una fusione di aristotelismo e neoplatonismo, dove le intelligenze guidano lo sviluppo delle potenzialità nella materia sublunare, e le operazioni della natura sono viste come operazioni dell'intelligenza.

  5. Qual è il ruolo dell'intelletto nell'uomo secondo Alberto Magno?
  6. Secondo Alberto Magno, l'intelletto nell'uomo è composto da un intelletto possibile, ricettivo, e un intelletto agente, che è in contatto con l'intellettualità pura e produce forme intelligibili, con l'obiettivo di unire l'intelletto possibile a quello agente.

  7. Qual è il fine dell'esistenza umana secondo Alberto Magno?
  8. Il fine dell'esistenza umana, secondo Alberto Magno, è ricongiungersi all'intelletto agente attraverso una vita di pura speculazione, permettendo all'anima di contemplare le intelligenze separate e la Causa prima.

  9. Come differisce la visione di Alberto Magno sull'anima rispetto a quella di Tommaso d'Aquino?
  10. Alberto Magno crede che l'anima umana possa contemplare direttamente la fonte di ogni intelligibilità, mentre Tommaso d'Aquino sostiene una visione diversa, non attribuendo all'anima la capacità di guardare direttamente la fonte di ogni intelligibilità.

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