Mongo95
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Concetti Chiave

  • Averroè elabora una teoria dell'intelletto basata sulla distinzione aristotelica tra intelletto agente e potenziale, quest'ultimo non commisto al corpo ma legato alle immagini sensibili.
  • L'intelletto potenziale è inizialmente visto come una pura disposizione che si trasforma in contenuti intelligibili attraverso le immagini sensoriali, ma non sussiste di per sé.
  • Averroè modifica la sua teoria considerando l'intelletto potenziale e agente come complementari, dove il potenziale acquisisce sostanzialità attraverso l'atto di pensiero.
  • L'intelletto potenziale è una sostanza separata e universale, attiva quando vi sono contenuti sensibili da pensare, negando così la sopravvivenza individuale dopo la morte.
  • L'intelletto potenziale è eterno ma necessita di contenuti dai singoli uomini; ciò implica l'eternità della specie umana e la presenza di filosofi per il passaggio alla conoscenza intelligibile.

Indice

  1. La teoria dell'intelletto di Averroè
  2. Complementarietà tra intelletto agente e potenziale
  3. L'intelletto potenziale come sostanza separata
  4. Conseguenze della tesi di Averroè
  5. Eternità dell'intelletto potenziale e ruolo dei filosofi

La teoria dell'intelletto di Averroè

In Averroè si ha una teoria dell’intelletto, che ha i suoi presupposti nella distinzione di Aristotele tra intelletto agente che produce gli intelligibili; e intelletto potenziale che riceve gli intelligibili e li pensa in atto. Quest ultimo sarebbe “non commisto al corpo”, perché altrimenti non sarebbe veramente “vuoto” per accogliere gli intelligibili. Ma è un’espressione ambigua: è del tutto separato dal corpo, o è in esso pur non venendo modificato dal corpo stesso? Fino ad Averroè, la teoria dominante nel mondo arabo è quella di separare l’intelletto agente (che è unico) da quello potenziale (individuale, quello con cui effettivamente si pensa).

Averroè prima di tutto crede che l’intelletto potenziale è una pura disposizione, inserita non nel corpo ma direttamente alle immagini sensibili. Quindi non è altro che la mera capacità delle nostre immagini sensoriali a trasformarsi in contenuti intelligibili. L’intelleto potenziale allora di per sé non sussiste, e nessuno sarebbe neppure in grado di autopercepirsi come realtà pensante.

Complementarietà tra intelletto agente e potenziale

In seguito, cambia la teoria: bisogna considerare l’intelletto potenziale nella sua complementarietà rispetto all’intelletto agente, congiungendosi al quale acquista una sua sostanzialità. Quindi due facce della stessa medaglia: potenziale che da materia all’agente, che a sua volta funge da forma. L’intelletto potenziale non esiste prima dell’atto di pensiero, ma si costituisce durante l’atto stesso, partecipando dell’intelletto agente.

L'intelletto potenziale come sostanza separata

Infine pone l’intelletto potenziale come una sostanza separata che è all’opera, in modo unitario e identico, ogni volta che nell’Universo c’è qualcosa che offre dei possibili contenuti da pensare, cioè immagini sensibili (fantasmi). È unico in sé e molteplice per accidente. Pensare significa così per l’uomo ricorrere all’intervento di due principi separati: astrazione (intelletto agente) e ricezione (intelletto potenziale). Il pensiero è pensiero di un intelletto separato (potenziale) in senso soggettivo, e è pensiero dei contenuti delle immagini sensibili in senso oggettivo. Dunque a pensare non è propriamente il singolo uomo, ma l’intelletto materiale separato, mentre l’uomo si limita a fornire i contenuti di tale pensiero, gli oggetti da pensare.

Conseguenze della tesi di Averroè

La tesi di Averroè implica la negazione di qualsiasi forma di sopravvivenza individuale dopo la morte del corpo: di fatto, noi non abbiamo un’anima intellettiva veramente nostra già quando siamo in vita, e non ha alcun senso ipotizzare che ne rimanga una individuale dopo la morte. È una soluzione che ha il vantaggio di risolvere il problema dell’universalità e della comunicabilità delle conoscenze. In effetti, ciò che è intelligibile dev’essere universale e identico: i contenuti di partenza sono individuali, ma la forma intelligibile corrispondente a tali contenuti è unica e universale.

Eternità dell'intelletto potenziale e ruolo dei filosofi

In quanto sostanza separata, l’intelletto potenziale è eterno, ma per poter davvero pensare, deve sempre ricevere contenuti da parte dei singoli uomini. Perciò non è solo necessario che anche la specie umana sia eterna, ma anche che vi siano sempre alcuni filosofi. Perché non tutti gli uomini infatti sono in grado di passare dalla conoscenza sensibile a quella intelligibile. Essere pienamente uomini vuol dire essere razionali, essere pensanti. Il filosofi, sono più uomini degli altri uomini.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la distinzione principale tra intelletto agente e intelletto potenziale secondo Averroè?
  2. Averroè distingue tra l'intelletto agente, che produce gli intelligibili, e l'intelletto potenziale, che riceve e pensa gli intelligibili. L'intelletto potenziale è una disposizione legata alle immagini sensibili e non sussiste di per sé, ma acquisisce sostanzialità con l'intelletto agente.

  3. Come cambia la teoria dell'intelletto potenziale di Averroè nel tempo?
  4. Inizialmente, Averroè vede l'intelletto potenziale come una pura disposizione legata alle immagini sensibili. Successivamente, lo considera complementare all'intelletto agente, acquisendo sostanzialità durante l'atto di pensiero. Infine, lo pone come una sostanza separata e unica, operante ogni volta che ci sono contenuti da pensare.

  5. Quali sono le implicazioni della teoria di Averroè sulla sopravvivenza individuale dopo la morte?
  6. La teoria di Averroè implica la negazione della sopravvivenza individuale dopo la morte, poiché l'intelletto potenziale è una sostanza separata e non individuale. Non abbiamo un'anima intellettiva veramente nostra, quindi non ha senso ipotizzare una sopravvivenza individuale post-mortem.

  7. Perché è importante la presenza di filosofi secondo Averroè?
  8. Secondo Averroè, la presenza di filosofi è essenziale perché non tutti gli uomini possono passare dalla conoscenza sensibile a quella intelligibile. I filosofi, essendo più razionali e pensanti, sono considerati più uomini degli altri e garantiscono la continuità del pensiero intelligibile.

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