Mongo95
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Concetti Chiave

  • Averroè sostiene che la verità è unica, ma espressa diversamente in filosofia e religione attraverso linguaggi realistici e metaforici.
  • Il linguaggio realistico è comprensibile alla gente comune, mentre il linguaggio metaforico è riservato ai filosofi e rappresenta la verità autentica.
  • La conoscenza umana varia secondo le capacità individuali; chiunque, anche il meno istruito, può diventare filosofo se adeguatamente educato.
  • Averroè propone una gerarchia sociale in cui i filosofi, grazie alla loro comprensione superiore, dovrebbero guidare il governo secondo principi filosofici.
  • Il dibattito sulla verità unica o duplice resta aperto; il pensiero di Averroè viene frainteso come miscredenza, anche se lui era un sincero musulmano.

Indice

  1. La doppia verità di Averroè
  2. Contrasti tra religione e filosofia
  3. Linguaggio realistico e metaforico
  4. Conseguenze ontologiche e sociali
  5. Gerarchia sociale e governo ideale
  6. Miscredenza e paradosso di Averroè

La doppia verità di Averroè

La questione della “doppia verità”, il cui maggior esponente è Averroè. Il Vero non contrasta con il Vero, cioè religione e filosofia affermano le stesse verità. Ci sono però delle problematiche:

Contrasti tra religione e filosofia

La religione dice che il mondo è creato, la filosofia che è eterno. La religione dice che il Paradiso è un giardino rigoglioso, la filosofia che il godimento dell’aldilà è spirituale. La religione dice che al momento della resurrezione risorgeranno anche i corpi, la filosofia invece scinde corpo da anima. Come è quindi possibile che filosofia e religione portino la stessa verità?

Linguaggio realistico e metaforico

Il principio generale è che la verità è unica, però è predicata in modo linguisticamente diverso. Non tanto nel diverso significato delle parole, ma nel sottile rapporto che esiste tra linguaggio e metafora. Ci sono parole che indicano quello che vogliono indicare, mentre altre indicano aspetti metaforici. Il linguaggio usato a due livelli differenti, realistico e metaforico, il tutto secondo le regole della metafora in lingua araba.

Il problema religione-filosofia viene quindi risolto attraverso la stratificazione linguistica: l’oggetto di cui si parla è sempre lo stesso, ma predicato in maniera differente.

Il linguaggio realistico è proprio della gente comune, del volgo. Il linguaggio metaforico invece esprime la verità vera, quindi è proprio del filosofo. Dio è una verità unica, ma viene figurato o come uomo dotato di grandi poteri seduto su un trono (linguaggio realistico) oppure come puro spirito e attributi della sua essenza (linguaggio metaforico).

Conseguenze ontologiche e sociali

Se ne traggono delle conseguenze:

1. Implicazione ontologica: l’Essere, per quanto viene compreso, è linguaggio. Ciò non significa che l’Essere è linguaggio, ma che si traduce la dimensione ontologica sul piano della comunicazione linguistica.

2. Implicazione antropologico-socio-epistemologica: la conoscenza degli uomini è proporzionale alle loro capacità. Non sono tutti uguali, ci sono quelli capaci di discernere e quelli che non ci riusciranno mai. Colti e incolti. Ma Averroè non è essenzialista: anche il contadino ignorante, se si educa, può diventare filosofo. In caso contrario però rimane ad un livello inferiore.

Gerarchia sociale e governo ideale

Esiste allora una gerarchia sociale. In modo platonizzante, Averroè sostiene che i filosofi non solo hanno il diritto, ma il dovere di governare. È da notare che il filosofo era un intellettuale che lavorava per la dinastia degli Almohadi. Non dice però che essi debbano essere abbattuti, ma dovrebbero loro stessi istruirsi e divenire filosofi. Dato che però non lo fanno, ci sono i filosofi ad aiutarli a governare. È un progetto politico di riforma che porta ad un governo ideale musulmano gestito dai filosofi o secondo principi filosofici. Una crasi tra Islam e filosofia, un governo retto perché si basa proprio su questa fusione.

Miscredenza e paradosso di Averroè

Non c’è però risposta definitiva alla questione della verità unica o duplice. Il ragionamento di Averroè non giunge a delle conclusioni, ma più che altro ad una “pericolosa” conseguenza: il filosofo può fare a meno della religione, visto che la verità vera è la sua. Si pone un omaggio formale alla religione, ma se ne può fare a meno. Questo è il fondamento della “miscredenza averroista”, che è però un paradosso: Averroè era tutt’altro che miscredente, ma un musulmano assolutamente sincero. È la dottrina applicata dai suoi seguaci a divenire miscredente. Si ha un’immagine posteriore dell’Averroè ateo.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il concetto di "doppia verità" secondo Averroè?
  2. La "doppia verità" di Averroè sostiene che religione e filosofia affermano le stesse verità, ma le esprimono in modi diversi, uno realistico e l'altro metaforico.

  3. Come si risolve il conflitto tra religione e filosofia secondo Averroè?
  4. Il conflitto si risolve attraverso la stratificazione linguistica, dove la stessa verità è predicata in modi diversi, realistico per il volgo e metaforico per i filosofi.

  5. Quali sono le implicazioni della teoria di Averroè sulla conoscenza umana?
  6. La conoscenza è proporzionale alle capacità individuali, creando una gerarchia sociale dove i filosofi, capaci di discernere la verità metaforica, hanno il dovere di governare.

  7. Qual è il progetto politico di Averroè?
  8. Averroè propone un governo ideale musulmano gestito dai filosofi, basato sulla fusione tra Islam e principi filosofici, dove i filosofi aiutano a governare.

  9. Qual è la "pericolosa" conseguenza del ragionamento di Averroè sulla verità?
  10. La conseguenza è che il filosofo potrebbe fare a meno della religione, poiché la verità vera è quella filosofica, portando alla "miscredenza averroista", un paradosso rispetto alla sincera fede musulmana di Averroè.

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