Concetti Chiave
- Hannah Arendt analizza l'antisemitismo europeo nelle sue origini, identificando il 1807 come l'anno cruciale per la sua nascita.
- L'abolizione dei privilegi aristocratici dopo la sconfitta prussiana da parte di Napoleone alimentò l'odio verso gli ebrei, visti come simbolo del potere statale.
- Nel XIX secolo, movimenti antisemiti sfruttarono il malcontento della piccola borghesia, associando gli ebrei allo Stato e all'élite finanziaria.
- Intellettuali dell'epoca spesso vedevano negli ebrei individui meritevoli, creando un rapporto ambiguo tra venerazione e esclusione sociale.
- Il desiderio di integrazione portava i ricchi ebrei a cercare accettazione nell'élite, distaccandosi dalla condizione di paria del loro popolo.
Indice
Hannah Arendt e l’antisemitismo europeo
L'opera più importante di Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, inizia con una disamina dell'antisemitismo europeo.Dopo aver analizzato i vari eventi che nel tempo hanno accresciuto l'odio degli europei verso le comunità ebraiche, Arendt individua nel 1807 la data ufficiale della nascita dell'antisemitismo vero e proprio.
Quell'anno segnò la sconfitta della Prussia da parte di Napoleone e la conseguente abolizione dei privilegi aristocratici.
Questo evento mise l'aristocrazia contro lo Stato e alimentò l'odio verso gli ebrei, visti come simbolo del potere statale.
L’antisemitismo nel XIX secolo
Nel corso del XIX secolo nacquero partiti e movimenti antisemiti che sfruttarono la povertà della piccola borghesia per ottenere un ampio consenso.Questi movimenti avevano l'obiettivo di sostituirsi allo Stato e, per raggiungere tale scopo, ritenevano necessaria l'espulsione degli ebrei. Lo Stato veniva identificato con gli ebrei, un'idea che si sommava al risentimento della borghesia verso il ricco banchiere ebreo, appartenente a un’élite sociale a cui molti aspiravano.
L’ambiguità del rapporto con gli ebrei
Alcuni intellettuali dell'epoca trattavano gli ebrei come pari, ma non per un reale riconoscimento dell’uguaglianza tra gli uomini. Piuttosto, vedevano negli ebrei una dimostrazione dell'esistenza di individui meritevoli anche tra i “diversi”.
L'ebreo veniva quindi venerato come l'homo che dal basso riusciva a scalare la società, ma questo stesso riconoscimento portava a una dinamica ambigua:
- Il ricco ebreo non riconosceva la condizione di paria del proprio popolo.
- Cercava invece di diventare un parvenue, ossia un individuo assimilato nell'élite, attraverso l’accettazione nei salotti aristocratici e il desiderio di integrarsi completamente nella società.