Concetti Chiave
- Aristotele sostiene che ogni essere vivente tende alla perfezione, ma l'uomo lo fa consapevolmente, proponendosi come fine la propria perfezione.
- La felicità è vista come il raggiungimento del fine che soddisfa pienamente le aspirazioni umane, ma vi è disaccordo su cosa essa consista effettivamente.
- La felicità, secondo Aristotele, implica sia la virtù che il piacere, con il piacere considerato la "perfezione dell'atto" e un indicatore di un'azione compiuta con successo.
- Aristotele identifica il pensiero come l'attività suprema dell'uomo, distinguendolo dagli altri esseri viventi, e afferma che la felicità dipende dall'esercizio del pensiero.
- L'etica aristotelica enfatizza il bene come attività anziché come possesso, promuovendo l'armonia tra azione e virtù.
Indice
La ricerca della felicità
Se tutti i viventi tendono spontaneamente alla propria perfezione, l'uomo vi tende consapevolmente, proponendosi la propria perfezione come un fine. Qual è, però, il fine in cui l'uomo si attua perfettamente? Su questo gli uomini sono di diverso parere, e anche se tutti chiamano "felicità" raggiungere il fine che soddisfa pienamente alle proprie aspirazioni, tuttavia non concordano nel dire in che cosa la felicità consista. La stessa scienza filosofica non potrà dare, su ciò, una risposta che soddisfi a tutte le domande: perché queste riguardano, in questo caso, non soltanto le leggi universali dell'essere, ma anche ciò che accade "perlopiù". Tuttavia la filosofia può e deve dare una guida anche in "etica", cioè nello studio di ciò che concerne i costumi.
Virtù e piacere nella vita
Alcuni pongono la felicità nella virtù (capacità di fare); altri nel piacere, o in determinati piaceri. Certamente nella vita perfetta entrambi questi elementi non possono mancare: perché chi non avesse nessuna virtù (ad esempio, nessun coraggio, tanto da temere perfino le mosche) non sarebbe certamente felice; e, d'altra parte, l'attuazione del fione è sempre accompagnata da piacere. Il piacere, infatti, è definito da Aristotele la "perfezione dell'atto", cioè il segno che ci avverte che una certa capacità si è attuata felicemente. Ma questo è solo un indizio della riuscita di un atto, non la ragione che fa esser buono quell'atto. Ogni attività è buona e piacevole, se sviluppata a suo tempo e luogo: ma si tratta di sapere come, quando, e in che misura.
Scopo e attività umana
Molte delle cose che facciamo non hanno il loro scopo in se stesse: accade, infatti, che facciamo una cosa per ottenerne un'altra, rispetto a cui la prima attività non era che strumentale. Ma qui dobbiamo trovare qualcosa che sia degna di esser fatta unicamente per se stessa: allora questa attività, fine a se stessa, non sarà più subordinata ad altre, e sarà anche accompagnata dal supremo piacere.
Il pensiero come fine ultimo
Per trovare l'attività più alta dell'uomo, Aristotele considera quale sia la capacità specifica che distingue l'uomo da tutte le altre sostanze viventi sulla terra; e la riconosce nel pensiero: nella capacità di cogliere, attraverso il sensibile, l'universale. Il fine specifico dell'uomo sarà, perciò, l'attività del pnsare, che, del resto, si avvicina più di ogni altra a quella dell'Atto puro; sicché l'uomo sarà felice nella misura in cui le circostanze e la sua virtù gli permetteranno di esercitare il pensiero. Entrambe le condizioni sono necessarie: infatti le circostanze possono essere anche così sfavorevoli che la virtù, per quanto grande, non riesce più a esercitarsi.
L'etica secondo Aristotele
L'etica aristotelica, come si vede, insiste sul bene come attività (in armonia con il resto del sistema), più che come possesso.
Domande da interrogazione
- Qual è il fine ultimo dell'uomo secondo Aristotele?
- Come Aristotele definisce la felicità?
- Qual è il ruolo della virtù e del piacere nella vita perfetta secondo Aristotele?
- Qual è l'attività più alta dell'uomo secondo Aristotele?
Secondo Aristotele, il fine ultimo dell'uomo è la perfezione, che si raggiunge attraverso l'attività del pensiero, distinguendo l'uomo dalle altre sostanze viventi.
Aristotele definisce la felicità come il raggiungimento del fine che soddisfa pienamente le aspirazioni dell'uomo, ma riconosce che vi sono opinioni diverse su cosa essa consista.
Nella vita perfetta, secondo Aristotele, non possono mancare né la virtù né il piacere, poiché la virtù è essenziale per la felicità e il piacere accompagna l'attuazione del fine.
L'attività più alta dell'uomo, secondo Aristotele, è il pensiero, poiché è la capacità specifica che distingue l'uomo e lo avvicina all'Atto puro, rendendolo felice.