Concetti Chiave
- Aristotele distingue le scienze pratiche in morale e politica, considerando la morale come parte dell'etica e la politica come l'agire umano in comunità.
- Nel mondo greco antico, le azioni erano strettamente legate alla percezione di ciò che era giusto, senza la nozione moderna di libero arbitrio.
- La storia dell'Asino di Brudidano critica l'idea greca che si scelga sempre il meglio, presentando situazioni di indecidibilità quando le alternative sono equivalenti.
- L'etica di Aristotele si basa sull'idea che l'agire umano ha come fine il bene, che coincide con la felicità, distinta tra beni immediati e il bene sommo della felicità.
- Secondo Aristotele, la felicità vera si ottiene soddisfacendo l'anima razionale attraverso la vita secondo ragione, oltre a soddisfare le esigenze corporee e sensoriali.
Indice
Le scienze pratiche di Aristotele
Nella suddivisione delle scienze fatta da Aristotele abbiamo le scienze pratiche, che sono la morale e la politica: esse si occupano dell’agire dell’uomo. La politica riguarda l’agire dell’uomo in comunità e quindi in un certo senso comprende anche la morale. Per Aristotele la morale coincideva sostanzialmente con l’etica, ma nella nostra concezione queste due discipline sono distinte. “Etica” deriva da “ethos”=costume e riguarda il modo di comportarsi individualmente, mentre la morale riguarda il modo di comportarsi in comunità.
Concezione greca e cristiana della libertà
Inoltre ad essere cambiata dal mondo greco ad oggi è anche la concezione dell’agire dell’uomo. Per i greci e per Aristotele non c’era distinzione fra il comportamento e la valutazione di quello che è giusto o sbagliato dal punto di vista individuale.
Il libero arbitrio e il peccato
Nella concezione di oggi ci basiamo sul concetto di libero arbitrio introdotto con il cristianesimo. L’uomo è libero di agire e si tratta di una libertà completa, assoluta, indifferente rispetto a quello che riteniamo sia giusto. Per un greco invece l’uomo è libero di agire, è libero di scegliere cosa fare e quali mezzi utilizzare, ma agisce sempre in relazione a ciò che ritiene buono, giusto. La scelta può poi rivelarsi scorretta e quello che ha fatto può rivelarsi ingiusto, magari la sua valutazione era sbagliata, ma se lo ha fatto è perché in quel momento riteneva fosse la cosa migliore da fare, per sé stesso o per gli altri, la scelta preferibile. C’è una coincidenza tra ciò che ciò che si ritiene giusto e utile e quello che si fa e non è possibile che io ritenga una cosa non giusta o non utile e che io la faccia lo stesso. Non è possibile che io non voglia fare una cosa e la faccia lo stesso. Per i cristiani invece l’uomo è libero in senso assoluto e può agire in un certo modo anche con la consapevolezza che tale scelta non sia quella giusta. Io posso sapere benissimo di non dover fare una cosa ma farla comunque. Posso sapere che una cosa è sbagliata e magari non voglio farla, ma sono libero comunque di farla. È in questo modo che viene introdotta l’idea del peccato.
Es. Adamo sa che mangiare la mela produrrà un danno gravissimo, ma lo fa comunque. Per il modo di concepire la libertà dell’uomo a partire dal cristianesimo questo dimostra come noi siamo liberi di scegliere in senso assoluto. Per i greci invece non esiste la libertà in questo senso: loro avrebbero detto che Adamo ha mangiato la mela perché evidentemente aveva pensato che in quel momento, nonostante il danno che questo avrebbe portato, sarebbe stato meglio mangiarla.
Per i greci non c’è quindi il libero arbitrio, l’idea di una scelta indifferente a qualsiasi cosa.
La storiella dell'asino e la volontà
Questa storiella veniva raccontata per ridicolizzare la visione del mono antico per cui si sceglie sempre ciò che si ritiene meglio, più giusto. Nel caso dell’asino, nel momento in cui non c’è la possibilità di valutare ciò che è più giusto, perché le due alternative sono equivalenti, non è possibile fare una scelta. Viene a presentarsi una situazione di indecidibilità, in cui non è possibile scegliere.
Cartesio dirà che la volontà è più forte della ragione. La ragione può giudicare una cosa giusta, ma io posso comunque non farla.
L'etica e il bene secondo Aristotele
Aristotele si occupa di etica, quindi delle scelte che i singoli uomini fanno. Aristotele condivide la concezione del suo tempo, per cui l’agire “interiore” (lo stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato) e l’agire esteriore grosso modo coincidono.
La felicità come bene sommo
Innanzitutto Aristotele ritiene che l’agire abbia sempre un fine e questo fine è secondo lui il bene. L’uomo agisce per il proprio bene, che in qualche modo coincide con la felicità. A volte il bene che si vuole raggiungere è qualcosa di immediato e di materiale, come un oggetto o la ricchezza e quindi si potrebbe distinguere fra dei beni secondari e un bene sommo. La ricchezza è un bene secondario, non un bene di per sé. Il bene sommo è la felicità. Noi cerchiamo la ricchezza perché pensiamo che ottenuta questa raggiungeremo la felicità. Ognuno di noi insegue dei beni diversi, ma li inseguiamo perché ci rendono felici. Ottenere i beni secondari ci permette di raggiungere il bene sommo della felicità, che è il bene comune a tutti, che tutti inseguiamo.
Ma in cosa consiste la felicità ? Essa è il bene sommo, comune a tutti gli uomini, quindi evidentemente ha a che fare con la natura dell’uomo. Ciò che da vita al nostro corpo è l’anima, quindi il bene sommo consiste nel soddisfare l’anima. L’anima vegetativa la si soddisfa con le esigenze del corpo, ma non è abbastanza. Anche l’anima sensitiva può essere facilmente accontentata, ma non è ancora sufficiente, perché al disopra di queste due c’è l’anima intellettiva, l’anima razionale. La felicità vera e propria sta nel soddisfare l’anima razionale e lo si fa comportandosi secondo ragione. Soddisfare le altre anime è importante, ma non è sufficiente: è solo vivere secondo ragione che realizza veramente l’uomo.
Domande da interrogazione
- Qual è la differenza tra etica e morale secondo Aristotele e la concezione moderna?
- Come differisce la concezione del libero arbitrio tra il pensiero greco e quello cristiano?
- Cosa rappresenta la storiella dell'Asino di Brudidano?
- Qual è il fine ultimo dell'agire umano secondo Aristotele?
- In cosa consiste la vera felicità secondo Aristotele?
Per Aristotele, la morale coincideva con l'etica, mentre oggi queste due discipline sono distinte. L'etica riguarda il comportamento individuale, mentre la morale si riferisce al comportamento in comunità.
Per i greci, l'uomo agisce sempre in relazione a ciò che ritiene giusto, mentre nel cristianesimo l'uomo è libero di agire anche contro ciò che sa essere giusto, introducendo l'idea del peccato.
La storiella ridicolizza la visione antica secondo cui si sceglie sempre ciò che si ritiene meglio, mostrando una situazione di indecidibilità quando le alternative sono equivalenti.
Secondo Aristotele, il fine ultimo dell'agire umano è il bene, che coincide con la felicità. La felicità è il bene sommo che tutti gli uomini cercano.
La vera felicità consiste nel soddisfare l'anima razionale, vivendo secondo ragione, poiché solo questo realizza veramente l'uomo.