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LE BIOMASSE
ntroduzione: le fonti d’energia si distinguono in fonti primarie e fonti secondarie; le fonti
I
primarie si dividono a loro volta in rinnovabili e in non rinnovabili. Sono fonti primarie
rinnovabili: l’energia raggiante del Sole, detta anche energia solare, l’energia idraulica o
energia idrica, l’energia eolica, l’energia del moto ondoso, l’energia delle maree o
mareomotrice, l’energia chimica delle sostanze organiche continuamente prodotte sulla
Terra (biomasse), l’energia termica derivante dal gradiente di temperatura sia della Terra
(energia geotermica) sia degli oceani o degli altri bacini.Sono fonti primarie non
rinnovabili: l’energia chimica immagazzinata nei combustibili fossili, l’energia nucleare,
immagazzinata nei materiali radioattivi fissili. Posto a se stante occupa l’energia di fusione
nucleare (disponibile in futuro) che, pur non essendo a rigore rinnovabile, ha come
combustibile l’idrogeno, che può considerarsi inesauribile. La previsione di una progressiva
estinzione delle fonti tradizionali ha spinto alla ricerca e all’utilizzo di fonti energetiche
convenzionali, tra cui hanno particolare interesse: l’energia solare, l’energia nucleare,
l’energia geotermica.
Per “biomassa” s’intende tutto ciò che ha matrice organica e che, essendo ad alto contenuto
di carbonio, è perciò portatore di una grande energia chimica che si sprigiona nella
combustione. Le principali tipologie di biomassa sono ad ogni modo residui forestali, scarti
dell’industria di trasformazione del legno, scarti delle aziende zootecniche e rifiuti solidi
urbani.
Storia della biomassa: Il sole è la fonte energetica che alimenta la vita sulla terra: esso dà
vita alle piante che diventano cibo per gli animali e, attraverso le differenze di temperatura,
dà origine al vento, alla pioggia ed alle onde.
L’uomo ha adattato il suo stile di vita alla disponibilità del sole. Per ovviare alla
discontinuità dell’irraggiamento solare nel passato si migrava alla ricerca di climi più caldi.
L’invenzione più importante nella storia dell’umanità è stata la scoperta del fuoco perché,
attraverso la combustione del legno, fornisce la luce se è buio, riscalda se fa freddo,
protegge dagli animali predatori e permette di cuocere i cibi.
Nel corso dell’evoluzione l’uomo ha continuato a sviluppare le tecniche della combustione
imparando a cuocere l’argilla e fondere i metalli, producendo utensili sempre più sofisticati,
ma il legno rimaneva comunque la materia prima più utilizzata.
Le deforestazioni più importanti sono avvenute nei secoli a cavallo del primo millennio e
hanno prodotto un danno ecologico permanente su intere regioni della terra.
Fino al XVIII secolo le uniche forme di energia meccanica usate erano il vento e l’acqua
(grazie ai mulini); con l’invenzione della macchina a vapore divenne possibile ottenerla
bruciando legno.
L’esigenza di sempre maggiori quantità di combustibile spinse l’uomo ad utilizzare le
risorse non rinnovabili della terra (carbone, petrolio etc.) immagazzinate per milioni di anni
nel sottosuolo e ritenute infinite: è sull’utilizzo di queste fonti di energia che si è costruita la
Rivoluzione industriale.
Il progressivo miglioramento delle tecniche di combustione ha permesso di ottenere grandi
quantità di energia in modo costante; ciò ha reso possibile creare negli edifici un comfort
artificiale senza dipendere dal ciclo discontinuo del sole. In questo modo l’uomo e
l’architettura hanno cominciato ad allontanarsi dalla natura senza neppure accorgersene.
Le fonti di biomassa:
Sulla Terra ci sono molti esseri viventi e molto materiale organico (cioè proveniente da
esseri viventi): tutto ciò può essere considerato fonte di biomassa.
Le piante costituiscono la fonte più comune di biomassa. Sono state utilizzate sotto forma di
legno, torba e paglia per migliaia di anni, ma oggi il mondo occidentale fa molto meno
affidamento su questo combustibile ad alto potere energetico. Questo dipende dall’opinione
generale che il carbone, il petrolio o l’energia nucleare siano più puliti, più efficienti e
maggiormente in linea con il progresso e la tecnologia. Tuttavia quest’opinione non è
corretta. Le piante possono essere coltivate appositamente per la produzione di energia o
possono essere raccolte dall’ambiente naturale; come le foreste pluviali: questi ecosistemi
tropicali sono specializzati nella produzione di una vasta quantità di biomassa da un suolo
povero.
Le piantagioni di solito usano tipi di piante capaci di produrre una gran quantità di biomassa
in tempi brevi e in modo sostenibile. Si può trattare di alberi (come pini ed eucalipti) o altre
piante a crescita veloce (come canna da zucchero, mais o soia).
Possono essere usati per la produzione di energia anche rifiuti industriali che contengono
biomassa. Ad esempio, la melma che resta dalla produzione di alcolici (nota come vinaccia)
può essere lavorata per produrre gas infiammabile. Altri rifiuti utili comprendono gli scarti
della produzione di cibi e la lanugine dall’industria tessile e cotoniera.
I rifiuti agricoli, infine, sono una fonte potenziale di grandi quantità di biomassa. Essi
comprendono gli scarti dei raccolti (tra cui quelli della selvicoltura), le produzioni
danneggiate o in eccesso e lo sterco animale. Se i residui e gli scarti di produzione di canna
da zucchero, selvicoltura e grano, oltre al letame, fossero convertiti in energia, si potrebbe
soddisfare con essi il 30% della richiesta mondiale.
Come la biomassa può diventare una fonte di energia:
Il modo più semplice per estrarre energia dalla biomassa è darle fuoco. Nel Terzo Mondo
questo uso della biomassa non è controllato e costituisce certamente una grossa porzione
dell’energia prodotta da biomassa nel mondo, la quale costituisce il 15% dei consumi
energetici mondiali. Un problema che presenta questo sistema è la sua poca efficienza. Con
un fuoco aperto, infatti, la maggior parte dell’energia termica prodotta (il calore) viene
sprecata, piuttosto che essere utilizzata per cuocere o per altri scopi. Un modo di migliorare
l’efficienza del focolare, nei paesi in via di sviluppo, è la costruzione di cucine con fango e
pezzi di ferro.
Tuttavia, bruciare la biomassa non è l’unico modo di trarne energia, ma si può procedere
anche per gassificazione o fermentazione.
Gassificazione
Questo processo produce una mistura gassosa infiammabile di idrogeno, monossido di
carbonio e metano, oltre ad altri prodotti non infiammabili. Questo risultato viene ottenuto
in parte bruciando la biomassa e in parte facendola cuocere (utilizzando il calore della
combustione parziale) in presenza di carbone (un sottoprodotto naturale della combustione
di biomassa). Il gas così ottenuto può essere usato per esempio al posto della benzina e
riduce la potenza di uscita dell'autoveicolo del 40%. È possibile che in futuro questo
carburante divenga una tra le fonti di energia principali per gli impianti elettrici.
Fermentazione
Per ottenere energia dalla biomassa attraverso la fermentazione esistono due diversi modi.
Il primo consiste nell’aggiungere un opportuno “cocktail” di batteri alla biomassa ed acqua
in un contenitore sigillato (in modo che non vi entri ossigeno). Il prodotto della
fermentazione è principalmente metano (un gas infiammabile, lo stesso che si usa per il
riscaldamento e la cucina in casa), un eccellente combustibile. Questo processo elimina la
biomassa dall’acqua e può quindi essere utilizzato anche in un impianto di depurazione.
Se la biomassa usata proviene invece da (o può essere trasformata in) zucchero, allora si può
aggiungere lievito. La fermentazione che segue produce alcool, che è un combustibile ad
alto potere energetico e quindi molto indicato per alimentare autoveicoli.
Alcuni carburanti ecologici:
IL BIOETANOLO
Il bioetanolo è "etanolo" (liquido comunemente noto con il nome di alcool etilico) prodotto,
solitamente, mediante un processo di fermentazione delle biomasse vegetali: in particolare,
di prodotti agricoli ricchi di zucchero, quali la canna da zucchero, i cereali, gli amidacei, etc.
Con tecniche avanzate in fase di sviluppo, è possibile produrre bioetanolo anche da
biomasse cellulosiche, come gli alberi e le graminacee. Nel settore dell'auto e dei
trasporti, il bioetanolo può essere impiegato come componente per benzine (migliorando le
prestazioni in termini di ottani e di emissioni di scarico) in percentuali fino al 20% senza
modificare il motore, o anche puro in appositi motori, come il Flex. Il bioetanolo è usato
pure come combustibile in alcuni tipi di termocamini, sfruttandone il potere calorico per
scaldare gli ambienti. Il processo di produzione del bioetanolo genera, a seconda della
materia prima agricola usata, diversi sottoprodotti con valenza economica, utilizzabili come
mangime, per la cogenerazione ecc.
IL BIODIESIEL
Il Biodiesel è un gasolio derivante da prodotti agricoli in particolare olio di colza e di
girasole, è un combustibile biodegradabile e sicuro; consente di ridurre le emissioni
inquinanti nell'atmosfera; in particolare la mancanza di zolfo permette la graduale
eliminazione di questa sostanza dall'atmosfera eliminando uno dei fattori principali della
formazione di piogge acide. Un altro aspetto importante dal punto di vista ecologico è la
quantità di anidride carbonica che il Biodiesel rilascia durante la combustione, che è
esattamente quella assorbita dalle piante durante la loro crescita, ciò offre la possibilità di
evitare l'accumulo di anidride carbonica in atmosfera.
L'uso del Biodiesel non crea nessuna condizione negativa per il funzionamento e l'usura dei
motori e le prestazioni risultano essere del tutto assimilabili a quelle ottenuto con gasolio
tradizionale (i consumi rientrano in quelli previsti dalle case costruttivi), consentendo resa
ed affidabilità. Il confronto delle prestazioni con gasolio minerale a pieno carico del motore
al banco, indica una riduzione della fumosità a seguito delle assenza di composti aromatici.
L'assenza di ossido di zolfo permette una maggiore efficienza delle marmitte catalitiche,
ottenendo una sensibile riduzione dell'emissione di idrocarburi incombusti.
Con il Biodiesel è possibile operare a bassa temperatura dei fumi in quanto non si presenta il
fenomeno della condensa. Questo si traduce in una condizione operativa che prevede un
minore accesso di aria, cioè minor perdita di calore sensibile nei fumi, quindi una maggiore
efficienza. Il basso contenuto di ceneri, in particolare l'assenza di ossidi di vanadio presenti
dei gasoli minerali, elimina il rischio di corrosione ad alte temperature. Il monitoraggio
effettuato su caldaie non ha evidenziato particolari problemi.
Per le sue caratteristiche Biodiesel è ormai utilizzato nei motori di autobus, trattori, camion
e impianti di riscaldamento. Sono sempre di più le amministrazioni comunali e le aziende
di trasporti che utilizzano questo prodotto per ridurre le emissioni inquinanti.
IL BIOFUEL
Nel medio-lungo termine Eni intende sviluppare processi radicali nella produzione di
biocarburanti.
Secondo la Normativa Europea 2020 e la direttiva sulla Fuel Quality, i biocarburanti
dovranno contribuire a fornire un'energia rinnovabile alternativa ai combustibili fossili nel
settore dei trasporti, purché prodotti secondo criteri di sostenibilità e non in competizione
con il settore alimentare, con quote progressive fino al 2020.
L’impiego dei biocarburanti offre vantaggi ambientali legati all’assenza di emissioni
inquinanti (zolfo e idrocarburi poliaromatici), minori emissioni di gas serra, anche se
consente rese energetiche inferiori rispetto ai combustibili fossili.
L’attività di Eni è concentrata sulla produzione di biocarburanti con prestazioni elevate -
es. biofuel pro diesel con numero di cetano superiore al gasolio tradizionale – e di bio-
energia attraverso la conversione di biomasse non edibili.
EcofiningTM
Eni ha sviluppato la tecnologia , in collaborazione con il partner UOP, che