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Concetti Chiave

  • Il testo esplora l'importanza di abbracciare la diversità, evidenziando come essa possa essere una fonte di unicità e autenticità personale.
  • Racconta esperienze personali di bullismo e giudizio basato sull'aspetto fisico, sottolineando l'impatto duraturo che le parole possono avere su una persona.
  • Introduce il concetto di "persone altamente sensibili" (HSP) che percepiscono e reagiscono al mondo in modo diverso, enfatizzando la diversità mentale come un valore.
  • La narrazione incoraggia a riflettere sull'uso delle parole e sul giudizio, invitando a un comportamento più empatico e consapevole verso gli altri.
  • Conclude con un messaggio di tolleranza e accettazione, suggerendo che la diversità è qualcosa di cui gioire piuttosto che temere.

Tema sulla diversità

“Chi dice che essere una Pecora Nera sia un problema? La società ci vuole tutti uguali, ama schedarci e classificarci. Siamo un numero all’anagrafe, sulla carta d’identità, all’università, in fila alle poste… Invece, più siamo diversi meglio è! Sai perché? È belo essere estrosi, colorati, stravaganti e imprevedibili. Per essere unici, per avere un’identità, per aprire la mente e soprattutto per essere sé stessi! Rompi gli schemi e diventa una Pecora Nera.
O colorata, se preferisci. In questo modo starai benissimo, invecchierai in splendida forma e sarai un esempio per tutti quelli che vivono fuori dal gregge.”
Per iniziare a parlare di diversità, mi avvalgo delle prime frasi del libro “La Rivincita Della Pecora Nera”, scritto interamente da uno scrittore ancora poco conosciuto, Diego Cusano.
Dopo aver letto questo fantastico libro ho scoperto, non con molto stupore, di essere una Pecora Nera in piena regola. Perché non ero sorpresa? Di essere fuori dal comune l’avevo capito già da tempo, ma non mi era mai passato per la mente che ci potessero essere molte altre persone che hanno il mio modo di pensare e di agire. Attenti, però! Non pensate che, visto il nostro modo di vedere le cose in modo similare, che siamo tutti uguali.
Se no, a cosa servirebbe la parola ‘diversità’?
Ma partiamo con ordine. Prima di iniziare vi avverto, non ci saranno giri di parole o concetti ‘addolciti’, sarò molto schietta, prima di incapparmi in incertezze di vario genere.
Iniziamo con la diversità fisica. In questo caso, chiamarla diversità mi fa molta rabbia. Oppure, non è molto la parola in sé che mi fa arrabbiare, ma il fatto di averla vissuta sulla mia pelle.
A parer mio, dal punto di vista fisico non c’è nessuna diversità dispregiativa. Nessuno si è mai permesso di far notare a una persona la diversità del colore di capelli o degli occhi e non vedo perché bisognerebbe farlo per qualunque altro tratto.
Per chiarire il concetto vi racconterò una mia storia, di qualche anno fa. Non posso nascondervi che ancora mi vengono le lacrime di rabbia agli occhi, pensando a cosa una ragazza può dire a una bambina, che non ha colpe.
Avevo sette od otto anni, ed ero all’oratorio. Non ho mai amato quei posti, quelli pieni di ragazzi e ragazze.
Quei posti in cui non si sente mai un secondo di silenzio.
All’inizio sembrava una mattina normale fino a che tre ragazzine, che a quel tempo potevano frequentare al massimo la terza media, avvicinarsi a me e Elisa, la mia migliore amica.
Per rendere meglio l’idea vi chiedo di immaginare il solito gruppetto di ragazze-vipere che sono presenti in ogni film. Come ben saprete, in ogni gruppetto di ragazze-vipere c’è sempre un’Ape Regina.
L’Ape Regina, che chiamerò per sempre così non volendo rammentare il suo nome, mi si avvicinò, con un ghigno che all’epoca mi fece già venir voglia di scappare a gambe levate. Ora mi farebbe solo venir da ridere.
Incominciò a toccarmi le braccia, sorridendo malignamente tra sé e sé. Poi mi guardò, con quegli occhi che io ricordo come quelli più cattivi che io abbia mai visto.
Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò, con gli occhi che lanciavano saette: ‘Ma non dovresti dimagrire un pochino? Se vuoi facciamo un po’ di ginnastica insieme, così almeno queste braccione spariscono. Che ne dici?’.
In quel momento stetti zitta zitta, guardando per terra. Immaginai di poterla prendere per quei suoi orribili capelli e tirarla per terra, solo per dirle: ‘Ma non dovresti rialzarti? Da questa prospettiva ti si vede chiaramente il tuo orribile doppio mento. Se vuoi posso darti dei consigli per non cadere, la prossima volta che ti azzardi a parlarmi’.
Potrei essere sembrata un po’ violenta per la mia età, ma in quel momento vedevo rosso.
Non fu l’ultima volta che mi fece commenti pungenti sul mio fisico, come quella volta in cui la incontrammo in piscina. Eravamo sempre accompagnati dall’oratorio e io ed Elisa ci stavamo dirigendo verso gli scivoli all’esterno.
Stavamo camminando sull’erba fresca, quando ci imbattemmo nell’Ape Regina con i suoi due animaletti da compagnia che la seguivano come un’ombra.
Io indossavo un costume intero viola, appartenuto precedentemente da mia madre, con sopra un accappatoio rosa.
Lei mi guardò con disprezzo, squadrandomi dalla testa ai piedi. Poi, senza alcun minimo di timore disse, facendo in modo che tutti la sentissero: ‘Ma guarda qui chi si rivede! Vediamo un po’ il tuo costume… Ah, menomale che ti sei messa un costume intero, almeno tutto quel grasso non si nota così tanto’ e intanto ridacchiava, attorcigliandosi i capelli attorno un dito.
Lei la faceva semplice, in un costume a due pezzi striminzito. E anche a quel punto le avrei urlato contro una frase tipo: "Perché prima di pensare a me, non ti guardi un po’ tu? Potrei parlare tutto il giorno dei tuoi, di difetti".
Non ne ebbi il tempo però, visto che Elisa, avendo sentito tutto, mi tirò via per un braccio.
E proprio nel momento in cui ce ne stavamo andando per i fatti nostri, la sentii urlare: "Ma guarda che lo faccio per il tuo bene, Chiaretta".
"Non sai quante cose ti farei per farti zittire, ma è solo per il tuo bene, tranquilla" ho pensato tra me e me, camminando più velocemente possibile, per allontanarmi da quella sottospecie di ragazza.
Da quella volta non mi parlò più, e forse è stato per fatto che forse aveva capito che non avrei retto oltre, e mi girò alla larga. Ma io me ne accorgevo che non aveva ancora finito di darmi noia. Certe volte la vedevo appartata con le sue due amiche del cuore a parlottare e ridacchiare, guardandomi.
E non avevano neppure la buona intenzione di staccare gli occhi dai miei, mentre mi sparlavano alle spalle.
Non ci sono stata particolarmente male, in quel momento. Il dolore è arrivato dopo, forse dopo un anno, quando ho preso la consapevolezza del valore delle parole da lei dette, e con la leggerezza con cui l’ha fatto.
Quando penso a quell’Ape Regina, mi viene solo in mente tutto l’odio che provo nei suoi confronti.
E così torniamo all’aspetto della diversità fisica. E, ripeto, per me non esiste nulla di tutto ciò.
Non deve più accadere una cosa del genere ad un bambino perché lo segnerebbe a vita. Io ne sono un esempio lampante.
Odio quando la gente mi guarda da capo a piedi, visto che mi ricorda il suo sguardo disgustato. Non mi piace essere toccata, abbracciata, coccolata o baciata perché tutto questo mi riporta alla memoria il suo tocco sul mio braccio.
Odio sapere quello che potrebbero pensare le persone di me, perché mi fa venire in mente quello che l’Ape Regina e i suoi scagnozzi pensavano di me.
E questo potrebbe sembrare un breve lasso di tempo in cui ho subito del bullismo, e probabilmente è stato così, ma vorrei portarvi a riflettere che le parole, anche se dette con le migliori intenzioni, possono essere interpretate in maniera sbagliata.
Di certo questo non è il caso, ma non è raro che si parli di sovrappeso, di sottopeso o comunque di ogni malattia che porta a non avere un corpo ‘uguale’ a tutti gli altri. In quei casi, le persone che possono essere i diretti interessati possono interpretare le parole con un senso dispregiativo. Perché è questo che fa una persona che non si vede uguale a tutti gli altri, si sottovaluta. Pensa per prima che ci sia qualcosa che c’è qualcosa che non va in sé. E questo porta ad assorbire le parole di un’altra persona in modo dispregiativo.
L’unica raccomandazione che posso darvi è quella di misurare le parole al milligrammo, fatevi mille pare, se serve, ma non dite cose facilmente interpretabili in modo dispregiativo. In quel caso, alimenterete solo i suoi demoni.
Ormai penso che non serva allungare a dismisura il discorso sulla diversità fisica, visto che finirei a ripetere le stesse cose e rischierei di cadere nel banale.
Passiamo oltre, parlando della diversità mentale, o di pensiero. In realtà indicano due cose ben differenti, a mio parere. La prima, la diversità mentale, io la intendo con una vena di giudizio, di disprezzo. La vedrei benissimo usata da persone intente a giudicare un ragazzo per una sua disabilità, o semplicemente per additarlo come ‘quello stupido’.
La seconda invece, la diversità di pensiero è quella che mi piace di più.
Io, la diversità di pensiero, la intendo come un pregio, una cosa di cui ci si può vantare.
Sono sempre stata una persona molto sensibile, che non ha mai amato mostrarlo a tutti.
Non sempre è stato possibile, però, nascondere questa mia fragilità, visto che mi affeziono molto più velocemente di tutti gli altri coetanei.
Dopo qualche ricerca ho trovato un libro che, proprio come ‘La Rivincita Della Pecora Nera’ mi è piaciuto moltissimo.
Esso si chiama ‘Persone Altamente Sensibili, Come Stare In Equilibrio Quando Il Mondo Ti Travolge’ Di Elaine Aron, una psicologa.
Dopo aver consultato il sito allegato al libro e il libro stesso, ho scoperto di essere una di queste ‘persone altamente sensibili’, anche se, secondo me, non c’è differenza tra questo e l’essere una Pecora Nera.
Cosa contraddistinguono queste persone altamente sensibili?
Proprio nelle prime pagine del libro, dopo una breve presentazione di Elaine, la psicologa racconta di un incontro con Kristen, una sua nuova paziente.
La prima domanda della nuova paziente, Kristen, è stravagante, anche se io stessa me lo chiedo spesso.
Kristen chiedeva alla Dottoressa se lei era pazza. Come era arrivata a questa conclusione? Si sentiva fin troppo diversa da tutti gli altri suoi coetanei.
La Dottoressa chiama queste persone altamente sensibili HSP e spiega a grandi linee cosa li rende così ‘speciali’.
Come prima cosa gli HSP sono capaci di elaborare a livelli più profondi il contenuto di quello che gli psicologi chiamano “memoria sematica”.
Inoltre sono molto influenzati dagli umori e dalle emozioni altrui. Quindi, sono molto empatici.
La Psicologa spiega anche che, stranamente, gli HSP hanno un sistema nervoso un po’ differente che ci rende: maggiori utilizzatori dell’emisfero destro del cervello, più sensibili agli stimolanti come la caffeina, bravi a stare fermi e, come ultima cosa, più sensibili a ciò che c’è nell’aria, e quindi anche più soggetti ad allergie o eruzioni cutanee.
Tutto questo per dirvi che anche io, molto probabilmente sono un HSP. Ciò non mi rende anormale, speciale o qualcosa del genere, ma recepisco le cose in maniera diversa da tutti gli altri.
Anche questo, quindi, fa parte del concetto di diversità.
Ripetendomi un po’ vorrei ribadirvi il concetto di pensare bene a come vi esprimete, perché non sempre ci sarà modo di farsi scusare.
Io, che sono molto orgogliosa non perdono facilmente, anche se molte volte mi ritrovo a fare lo ‘zerbino’, sempre pronto ad aiutare e a suggerire consigli.
Non sono mai stata una ragazza che voleva secondi fini, oppure voleva ‘brillare’ più di tutti gli altri, volevo solo un mio posticino famigliare.
Ma, evidentemente, se dai il tuo mille a persone che sanno contare fino a cento, tutto quello che ti tornerà indietro è il cinquanta.
Tornando al tema principale, la diversità, posso dirvi che essere diversi è esattamente come essere uguali a tutti gli altri.
Nessuno è migliore di qualcun altro, solo perché rappresenta la ragazza, o ragazzo, tipo non rende i padroni del mondo, e non fa in modo che il giudizio sia giustificato.
Perché, dopotutto, è di questo che parliamo. Di giudizio.
Perché, la diversità in sé, non crea nessun danno. La diversità in sé è una cosa di cui gioire, non di cui piangere.
La gente ‘speciale’ piange per il giudizio, non per la sua diversità.
Quindi vi ripeto una frase che può dire tutto e niente allo stesso tempo: ‘Vivi e lascia vivere’. Se ognuno guardasse prima i suoi, di sbagli, forse nessuno si ritroverebbe a pensarsi ‘diverso’ dagli altri. Poi io non esigo un mondo perfetto, senza fame nel mondo, senza guerra e senza razzismo od omofobia (anche se ciò mi renderebbe molto più contenta e fiera).
E ora la smetto, prima di andare fuori tema. Vi invito a riflettere sulle mie parole e sul vostro comportamento.
Voi siete stati giudicati o avete giudicato?

Domande da interrogazione

  1. Qual è il messaggio principale del testo riguardo alla diversità?
  2. Il testo sottolinea che la diversità è un valore positivo e che essere una "Pecora Nera" significa essere unici e autentici, rompendo gli schemi imposti dalla società.

  3. Come viene descritta l'esperienza personale dell'autore con la diversità fisica?
  4. L'autore racconta un'esperienza di bullismo subita da bambina a causa del suo aspetto fisico, evidenziando come le parole possano avere un impatto duraturo e negativo.

  5. Cosa significa essere una persona altamente sensibile (HSP) secondo il testo?
  6. Le persone altamente sensibili elaborano le informazioni a un livello più profondo, sono empatiche e influenzate dalle emozioni altrui, e hanno un sistema nervoso più reattivo.

  7. Qual è l'importanza della diversità di pensiero secondo l'autore?
  8. La diversità di pensiero è vista come un pregio, un'opportunità per vantarsi, poiché permette di vedere il mondo in modo unico e di contribuire con prospettive diverse.

  9. Quale consiglio offre l'autore riguardo al giudizio e all'espressione delle parole?
  10. L'autore consiglia di misurare attentamente le parole per evitare interpretazioni dispregiative, poiché le parole possono alimentare i demoni interiori delle persone che si sentono diverse.

Domande e risposte