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Concetti Chiave

  • Jean Tinguely sviluppò una poetica dell'assurdo, trasformando oggetti quotidiani in creazioni con funzioni insensate e ridicole.
  • La serie "Machines" di Tinguely comprende assemblaggi di materiali di recupero, come Tricycle, che evocano forme scultoree inedite.
  • Tricycle è composto da rifiuti metallici e presenta un aspetto infantile e consunto, richiamando il gioco e la tecnologia logorata.
  • A differenza del New Dada, Tinguely non cercava di elevare la realtà a simbolo, ma criticava ironicamente l'era meccanica e industrializzata.
  • Le opere di Tinguely spesso includevano motorini elettrici che producevano movimenti sconclusionati, culminando talvolta in autodistruzione.

Tricycle

Lo svizzero Jean Tinguely (1925-91) sviluppò la poetica dell’oggetto nella direzione dell’assurdo: estrapolata la cosa dalla sua realtà quotidiana, ne stravolgeva la funzione, affidandole ruoli insensati e spesso ridicoli. Risultato di questa metamorfosi dell’oggetto fu la serie delle Machines (“Macchine”), improbabili assemblaggi di elementi di recupero che, accostati, generavano forme sculto-ree inedite come Tricycle (“Triciclo”, 1960).
Nata dalla combinazione di rifiuti metallici - vecchi manubri, tenaglie, tubi di scappamento, flessibili, sostegni d’acciaio - saldati fra loro, l’opera ha tre ruote dai raggi rotti e dalle gomme forate, che evocano appunto la struttura di un triciclo.

Il veicolo, ibrido e dall’aspetto sconnesso, è infantile, allo stesso tempo ridicolo e consunto: allude al mondo del gioco e, insieme, a quello della tecnologia, destinata a essere logorata dal tempo.
Diversamente dagli esponenti del New Dada, Tinguely non intendeva elevare il brandello di realtà a simbolo del suo tempo. Il suo agire sulla cosa modificandone la natura rivela piuttosto una spiccata critica sociale, erede dell’ironia dadaista nei confronti dell’era meccanica e industrializzata. Ridicolizzare la macchina era irridere il principale mito della società moderna, uno scopo perseguito anche in altre sue opere dotate di motorini elettrici per far muovere le singole parti con moti goffi e sconclusionati, che talvolta, dopo un breve e assurdo funzionamento, portavano alla loro autodistruzione.

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