Concetti Chiave
- Gilbert & George hanno utilizzato la fotografia per creare "sculture viventi", performance che li ritraggono in scene di vita quotidiana.
- Hanno sfruttato il fotomontaggio manipolando immagini con colori vivaci e scritte per denunciare il conformismo.
- Le loro opere mirano a realizzare un'arte democratica, accessibile a tutti, sotto il motto "ArtforAll".
- In "Fair Play" del 1991, il contrasto tra la coppia e due ragazzi neri rappresenta una metafora della classe lavoratrice anglosassone.
- La loro immagine classica di uomini in completi grigi ricorre in molte delle loro opere, inclusi i video.
Fair Play
La fotografia svolge un ruolo fondamentale nella ricerca della coppia di artisti inglesi Gilbert Proesch (1943) e George Passmore (1942), in arte Gilbert & George, che nel corso della loro carriera hanno spesso sfruttato le potenzialità del fotomontaggio. I due autori hanno usato l’obiettivo come strumento per registrare e rendere durature quelle che, nel 1969, definirono «sculture viventi», cioè performance che li vedevano protagonisti di scene di vita quotidiana in cui interpretavano se stessi in pose rigide e abiti borghesi di gusto tipicamente inglese.
Attraverso un uso non convenzionale della fotografia, manipolata in fase di assemblaggio con immagini sovrapposte, ritocchi a disegno, colori elettrici e scritte fosforescenti, i due hanno realizzato opere ricche di humour, che denunciano il conformismo perseguendo lo scopo di realizzare un’arte democratica (ArtforAll, ovvero “Arte per tutti”).
In Fair Play (“Gioco leale”, 1991) l’immagine della coppia, nei classici completi grigi da impiegati della middle class ("classe media”), un’immagine standard che ricorre anche in tutti i loro video, si alterna e si contrappone a quella di due ragazzi neri, uno in abiti da lavoro e uno a torso nudo, sullo sfondo di una metropoli che fa da teatro luminescente a una sorta di metafora della working class (“classe lavoratrice”) anglosassone.