Concetti Chiave
- L'uso dell'oro in "RE 33. Le sfere dorate" simboleggia una dimensione soprannaturale, ispirata alle icone bizantine.
- Le spugne naturali, impregnate di colore, diventano parte integrante dell'opera, rappresentando l'immaterialità.
- Klein esplora la capacità di materiali comuni, come le spugne, di trascendere la loro natura e simbolizzare l'infinito.
- L'artista aderisce ai nouveaux réalistes, valorizzando esteticamente gli oggetti comuni attraverso la sua arte.
- La "Vittoria di Samotracia" è reinterpretata con il blu oltremare per sublimarne la bellezza e proiettarla nell'eternità.
RE 33. Le sfere dorate
L’oro affiancò spesso la sua nuance blu e per una ragione simile. Anch’esso infatti, usato come colore oppure in foglia, si prestava a divenire simbolo di una dimensione soprannaturale, come accade in RE 33. Le sfere dorate 1960 circa), opera ispirata alla tradizione delle antiche icone bizantine, dove l’oro dello sfondo evoca il luogo dello spirito.
Usate inizialmente per distribuire il pigmento sulla tela, le spugne naturali intrise del colore dell’immaterialità diventano parte dell’opera stessa, integrate alla tela sulla quale sono fissate fino a diventarne protagoniste. Questa specie di innesto fra elementi diversi indusse l’artista a ragionare sulle potenzialità di un materiale naturale (la spugna) che, impregnato di un colore evocativo, può trascendere la propria natura ordinaria, banale, fino a rappresentare una porzione di infinito. Proprio per questo aspetto della sua ricerca - cioè la valorizzazione estetica dell’oggetto comune - Klein aderì alla poetica dei nouveaux réalistes francesi, comparendo nel 1960 tra i firmatari del manifesto del movimento.
Vittoria di Samotracia Legato all’epoca blu è anche il ciclo dei classici reinterpretati. Si tratta di sculture come la Vittoria di Samotracia (1962), copia della Nike, una celebre statua in marmo di epoca ellenistica databile al 200 circa a.C. esposta al Museo del Louvre a Parigi. Klein riprende esattamente il modello classico, riproponendo però la figura intinta nel suo blu oltremare con lo scopo di proiettare un mito del passato in una sfera di valore universale e sublimarne così la bellezza.
L’artista intendeva in questo modo associare al canone Artunk perfetto del capolavoro antico la purezza del suo colore, a suo giudizio capace di aggiungere emozioni a quelle normalmente suscitate dalle opere originali. In questo modo, sosteneva, proprio in virtù della natura astratta della loro “pelle blu”, le statue venivano proiettate nell’eternità, divenivano parte dell'infinito