Concetti Chiave
- Gli economisti keynesiani moderni rivalutano il ruolo della politica monetaria, promuovendo un mix di politiche fiscali e monetarie per raggiungere obiettivi multipli come ridurre il disavanzo ed evitare la recessione.
- I neokeynesiani affermano che nel breve termine è necessario l'intervento dei governi e delle autorità monetarie per correggere squilibri economici, mentre il mercato può raggiungere equilibrio autonomamente solo nel lungo periodo.
- Le banche centrali, secondo i neokeynesiani, dovrebbero applicare politiche monetarie attive, come restringere l'offerta di moneta, per controllare rapidamente l'inflazione.
- La politica fiscale dovrebbe focalizzarsi sulla riduzione delle tasse per incrementare la domanda e stimolare la produzione, piuttosto che aumentare la spesa pubblica, per evitare di spiazzare investimenti privati.
- L'incremento della spesa pubblica è raccomandato solo in situazioni di grave depressione economica, poiché i suoi effetti positivi su produzione, occupazione e reddito possono superare quelli negativi.
Scuola keynesiana - Stabilità
Gli economisti di scuola keynesiana (Paul Samuelson, James Tobin, Franco Modigliani e, più di recente, George Mankiw, Joseph Stiglitz e altri) rielaborano le teorie di Keynes riguardando la stabilità rivalutando il ruolo della politica monetaria. La Nuova economia keynesiana (Nek) suggerisce di adottare contestualmente misure fiscali e monetarie in un policy mix che renda possibile il coordinamento dei rispettivi effetti per raggiungere contemporaneamente più obiettivi (ridurre il disavanzo ed evitare la recessione).
In coerenza con le teorie di Keynes gli economisti neokeynesiani riaffermano che solo nel lungo periodo il mercato può raggiungere automaticamente una situazione di equilibrio, mentre nel breve termine, per porre rimedio agli squilibri congiunturali, è necessario l’intervento dei governi e delle autorità monetarie; essi riconoscono però che le politiche di stabilizzazione devono essere adottate con cautela, evitando di intervenire per correggere piccole instabilità temporanee.
Per quanto riguarda la politica monetaria, i neokeynesiani ritengono che ai fini della stabilizzazione le banche centrali non debbano limitarsi a controllare il ritmo costante dell’offerta di moneta, ma debbano intervenire con politiche attive. In particolare, le manovre monetarie dirette a restringere la quantità di mezzi di pagamento in circolazione sono considerate utili ed efficaci per frenare rapidamente eventuali spinte inflazionistiche.
La politica fiscale è ritenuta idonea a correggere situazioni di recessione, ma, a differenza di quanto sosteneva Keynes, i neokeynesiani mettono l’accento sulla manovra delle entrate più che su quella della spesa. Osservano infatti che, in caso di recessione, l’alleggerimento della tassazione lascia ai privati una disponibilità di reddito che rende possibile un incremento della domanda e stimola la produzione: la riduzione del prelievo ha effetti più lenti rispetto a quelli dell’incremento della spesa ma presenta il vantaggio di non implicare investimenti pubblici che possano spiazzare quelli privati.
L’incremento della spesa, se non assume dimensioni eccessive, è considerato un efficace strumento di stabilizzazione solo quando il sistema attraversa una grave e duratura fase di depressione: in tal caso, di fronte all’urgenza di favorire una ripresa che il mercato non riesce ad avviare, i possibili effetti negativi della manovra possono apparire meno importanti rispetto agli effetti positivi che essa può determinare sulla produzione, sull’occupazione e sul reddito.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo della politica monetaria secondo la Nuova economia keynesiana?
- Come i neokeynesiani vedono l'uso della politica fiscale in caso di recessione?
- Quando l'incremento della spesa pubblica è considerato efficace dai neokeynesiani?
La Nuova economia keynesiana sostiene che le banche centrali debbano adottare politiche attive per la stabilizzazione, non limitandosi a controllare l'offerta di moneta, ma intervenendo per frenare spinte inflazionistiche.
I neokeynesiani ritengono che la politica fiscale debba concentrarsi sull'alleggerimento della tassazione per stimolare la domanda e la produzione, piuttosto che sull'incremento della spesa pubblica.
L'incremento della spesa pubblica è considerato efficace solo in caso di grave e duratura depressione, quando è urgente favorire una ripresa che il mercato non riesce ad avviare.