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L’imposta costituisce una tipica manifestazione della podestà d’imperio dello
Stato.
Con lo Stato moderno, l’imposta assume la configurazione di una prestazione
in denaro, istituita e regolata dalla legge e posta a carico dei contribuenti, in
relazione alla ricchezza di cui godono.
Durante il regime totalitario di Mussolini vennero decretati pesanti aggravi
fiscali, tra cui l’imposta generale sull’entrata, destinata a pesare sui consumi e
sulle masse popolari, per il mantenimento delle spese belliche fasciste. Si ebbe
anche l’assoggettamento all’imposta sui sovraprofitti di guerra e dei redditi
agrari, si modificano le imposte di successione e di negoziazione. Nel loro
insieme i provvedimenti tendono ad ampliare la base imponibile limitando le
esenzioni. Per quanto riguarda il blocco della spesa, le limitazioni riguardano
soprattutto il personale: riduzioni del 20% del trattamento economico di
quanti si sono trasferiti al Nord, divieto di nuove assunzioni anche se già
autorizzate; “intensificazione del lavoro” del personale in servizio.
E’ importante individuare il presupposto dell’imposta cioè il fatto, l’atto o la
situazione cui la legge ricollega il sorgere dell’obbligazione tributaria. La
situazione presa in considerazione come presupposto d’imposta deve essere
tale da rilevare la capacità contributiva del soggetto, quindi la sua possibilità
economica di contribuire alla spesa pubblica.
Il verificarsi del presupposto segna il momento in cui si instaura il rapporto
giuridico d’imposta. Nella struttura di questo rapporto vi sono alcuni elementi
essenziali che sono il soggetto attivo, il soggetto passivo, l’oggetto, la base
imponibile, l’aliquota.
- Il soggetto attivo dell’imposta è lo Stato o altro ente pubblico a cui spetta il
diritto di accertare, riscuotere e incassare l’imposta.
- Il soggetto passivo dell’imposta è colui su cui grava l’obbligo di pagare il
tributo e la conseguente responsabilità per l’eventuale violazione di tale
obbligo.
- L’oggetto rappresenta l’elemento a cui l’imposta si applica e si commisura.
- La base imponibile su cui l’imposta viene determinata è costituita
dall’oggetto dell’imposta.
- L’aliquota dell’imposta è il rapporto, espresso in percentuale, fra la base
imponibile e l’importo dell’imposta. L’importo dell’imposta è la somma che il
contribuente deve pagare.
Sul piano economico ha particolare rilevanza anche la fonte dell’imposta, cioè
la ricchezza a cui attinge il contribuente per far fronte al pagamento del
tributo. Fonte dell’imposta è normalmente il reddito del contribuente.
Il presupposto d’imposta può riferirsi direttamente al possesso della ricchezza
oppure alle sue forme di utilizzazione, dando luogo alla distinzione tra
imposte dirette e imposte indirette.
Imposte dirette hanno come presupposto le manifestazioni dirette e
immediate di ricchezza, che consistono nel conseguimento di redditi o nel
possesso si un patrimonio da parte del contribuente.
Oggetto delle imposte sul reddito è il flusso corrente di ricchezza che viene
acquisito dal contribuente in un dato periodo; le imposte sul patrimonio,
invece, hanno per oggetto il valore dei beni posseduti dal contribuente in un
determinato momento.
Imposte indirette hanno come presupposto l’utilizzazione della ricchezza,
cioè atti o fatti che fanno desumere la disponibilità di un reddito o di un
patrimonio: riguardano i consumi, i trasferimenti e gli affari.
Le imposte sui consumi colpiscono il reddito in quanto viene utilizzato per
l’acquisto di beni o servizi destinati al consumo; le imposte sui trasferimenti e
sugli affari colpiscono il patrimonio quando viene trasferito o comunque
utilizzato per realizzare degli affari.
In relazione al campo di applicazione le imposte sono generali o speciali.
Imposta generale: l’imposta diretta sul reddito e sul patrimonio ha carattere
generale quando si applica a tutti i redditi e a tutti gli elementi patrimoniali.
Nell’ambito delle imposte indirette, l’imposta si considera generale quando
colpisce uniformemente un certo tipo di operazioni in qualunque settore
economico siano state effettuate.
Imposta speciale: hanno carattere speciale le imposte che si riferiscono a un
solo tipo di reddito o di bene, oppure a un solo settore dell’economia.
Le imposte generali rispondono molto bene al principio di eguaglianza poiché,
grazie al loro carattere uniforme, non creano distorsioni sul mercato e
costituiscono uno strumento efficace per interventi di carattere globale. Le
imposte speciali rendono possibili interventi specifici su determinati settori
economici e consentono di attuare una politica di redistribuzione settoriale.
Secondo il criterio di imposizione le imposte possono essere reali o personali.
Imposta reale: in essa l’elemento fondamentale è la res, cioè la cosa (il bene
o la manifestazione specifica di ricchezza) considerata in sé e per sé; colpisce
quindi il reddito in relazione al cespite da cui proviene.
Imposta personale: in essa l’elemento fondamentale è la persona cui la
manifestazione di ricchezza si riferisce; prende in considerazione il reddito in
quanto appartiene a una determinata persona e non in quanto proviene da una
data fonte.
Le imposte reali consentono di differenziare meglio il carico tributario a
seconda della natura economica del reddito, mentre le imposte personali
tengono conto dell’effettiva possibilità del contribuente di sostenere il carico
tributario.
In base all’aliquota le imposte possono essere proporzionali, progressive o
regressive.
Imposta proporzionale: si ha quando l’aliquota è costante qualunque sia
l’entità della base imponibile.
Imposta progressiva: vi è se l’aliquota aumenta con l’aumentare della base
imponibile.
Imposta regressiva: si ha quando l’aliquota diminuisce con l’aumentare della
base imponibile.
Sul piano dell’equità viene preferita l’imposta progressiva in quanto a mano a
mano che aumentano le possibilità di un soggetto, le ulteriori somme
serviranno a soddisfare bisogni sempre meno urgenti e meno intensi, e quindi
potranno essere gravati dall’imposta con un’incidenza percentuale maggiore.
Questa imposta rivela la sua efficacia soprattutto ai fini di una politica di
redistribuzione dei redditi: essa colpisce maggiormente i redditi più elevati
tendendo ad attenuare la concentrazione della ricchezza e a ridurre la distanza
fra i redditi maggiori e quelli minori. Un effetto gravoso dell’imposta
progressiva per il contribuente si ha se, per effetto dell’inflazione,
l’incremento dei redditi non è reale ma soltanto nominale: l’entità del reddito,
in termini reali, rimane immutata mentre in termini monetari si esprime in
cifre sempre più elevate facendo scattare le aliquote più alte.
La progressività dell’imposta può essere applicata con varie tecniche.
Progressione continua: in questo sistema l’aliquota è una funzione continua
dell’imponibile e aumenta uniformemente, secondo una determinata formula,a
ogni minimo incremento dell’imponibile stesso.
Progressione per classi: in questo sistema i redditi vengono suddivisi in
classi secondo il loro ammontare. Ai redditi compresi nella prima classe si
applica l’aliquota più bassa e poi, via via, a ogni successiva classe vengono
applicate le aliquote superiori. L’aliquota varia a scatti, nel passaggio da una
classe all’altra.
Progressione per scaglioni: è il metodo più usato. La base imponibile viene
suddivisa in tante parti (scaglioni) a ognuna delle quali corrisponde
un’aliquota diversa. Anche in questo sistema l’aliquota varia nel passaggio da
uno scaglione all’altro ma rimane costante per la parte di imponibile compresa
nello stesso scaglione: l’aliquota superiore non si applica a tutta la base
imponibile, ma soltanto a quella parte che eccede lo scaglione inferiore.
Progressione per detrazione: in questo sistema l’aliquota è costante come se
fosse proporzionale, ma la base imponibile si calcola sul netto di una somma
prestabilita, che è esente. La progressività, quindi, è assicurata non da una
diversa aliquota, ma dalla diversa incidenza della detrazione.
Determinazione della capacità contributiva: la capacità contributiva può
manifestarsi, direttamente o indirettamente, attraverso atti, fatti o situazioni
che vengono assunti come presupposto delle diverse imposte. L’indice più
immediato e sicuro di capacità contributiva è il reddito posseduto sul quale
deve essere effettuata una discriminazione quantitativa e qualitativa.
La discriminazione quantitativa implica che i redditi più elevati vengano
colpiti da aliquote più alte, in quanto essi rivelano una maggiore capacità
contributiva, e richiede l’esenzione dei redditi più bassi in quanto privi di
capacità contributiva (è attuata mediante imposte progressive).
La discriminazione qualitativa dipende dalla fonte da cui proviene il reddito.
Si ritiene che, a parità di ammontare, la capacità contributiva sia maggiore per
i redditi patrimoniale e minore per quelli derivanti da puro lavoro (realizzata
con sgravi o detrazioni a favore dei redditi di lavoro, imposte speciali per i
redditi patrimoniali).
Sulla capacità contributiva influiscono diverse situazioni personali e familiari
che comportano delle spese necessarie e insopprimibili: la parte di reddito
impiegata per tali spese è considerata priva di capacità contributiva,
giustificando un alleggerimento dell’imposizione.
per l’acquisto di beni di consumo, mentre il risparmio verrà assoggettato al
prelievo quando sarà utilizzato o quando, investito, darà i suoi frutti mediante
le imposte indirette.
Teorie del sacrificio Secondo una prima teoria, detta del sacrificio uguale,
formulata da Stuart Mill, l’eguaglianza tributaria si consegue facendo pagare
ad ogni contribuente una somma tale che comporti, per ognuno, lo stesso
grado di pena. Imporre a tutti un sacrificio uguale significa applicare delle
imposte progressive.
Questa formulazione di Stuart Mill viene poi ampliata da Pierson e Cohen
Stuart, diventando la teoria del sacrificio proporzionale. Secondo questa teoria
il prelievo è equo quando comporta per ciascun contribuente un sacrificio
proporzionato alla sua ricchezza. In questo modo il sacrificio sopportato dai
più abbienti è maggiore rispetto a quello sostenuto dai meno abbienti.
Successivamente Edgworth formula la teoria del sacrificio minimo, secondo
cui le imposte devono essere applicate in modo da arrecare il minimo
sacrificio possibile alla massa dei contribuenti. In questo modo il sacrificio
complessivo sarebbe tanto minore quanto maggiore è il prelievo di ricchezza
dai più abbienti e tanto minore è il prelevamento di ricchezza dai meno
abbienti.
Teoria della capacità contributiva Secondo questa teoria le imposte devono
essere ripartite a seconda della capacità economica dei singoli, ricavata da
elementi obiettivi e concretamente determinabili, come l’ammontare del
reddito o del patrimonio, le persone a carico, le spese per i bisogni primari e
altre spese che influiscono sulla situazione economica del soggetto.
Da qui si possono trarre le seguenti conseguenze:
- chi dispone di mezzi appena sufficienti per le
fondamentali esigenze di vita non ha capacità
contributiva (esenzione dei redditi minimi);
- i redditi più alti hanno maggiore capacità contributiva
di quelli meno alti e quindi devono essere colpiti con
aliquote più elevate (discriminazione quantitativa);