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Indice

  1. Introduzione
  2. Indicazioni orarie del canto
  3. Analisi del canto

Introduzione

Con ogni probabilità, questi due canti furono concepiti unitariamente. Anche a non voler dare eccessivo credito alle congruenze numeriche, delle quali tuttavia Dante coi suoi tempi indubbiamente si compiaceva, non par possibile trascurare il fatto che i 284 versi di cui i due canti complessivamente constano sono scanditi in quattro zone chiaramente individuabili, ciascuna di circa 70 versi. A una zona che diremo narrativa (XVII 1-69) ne seguono due, a cavallo tra i due canti (XVII 70-139, cioe 70 versi: XVIII 1-75), di natura schiettamente didascalica, seguite a loro volta da un'altra zona narrativa (XVIII 76-145: 70 versi).

Indicazioni orarie del canto

Gli stacchi tra la prima parte narrativa e le parti didascaliche, e poi tra queste e la seconda narrazione sono segnati da due indicazioni orarie: una (XVII 70-72) consistente in una semplice visione di cielo, l'altra (XVIII 76-81) assai più elaborata.

Il poeta la decora, come di consueto, con gran lusso di riferimenti astronomici e geografici: per indicare la posizione della luna in quel momento del racconto, Dante richiama il punto dell'orizzonte in cui il sole tramonta nel solstizio invernale, e precisa con ricca perifrasi geografica che tale punto è situato tra Sardegna e Corsica, per chi osservi da Roma.

Né manca, anche in questa seconda indicazione, la visione diretta del cielo, anch'essa frequente in passi siffatti: le stelle, che nella prima «apparivan da più lati», nella seconda paiono, per la presenza della luna, «più rade»: e la luna è vista come un secchio di rame fiammante.

Sono quelle decorazioni che abbiamo paragonate alle miniature che segnano nei codici di pregio l'inizio di capitoli o di paragrafi. Meno rilevato lo stacco tra le due fasi della parte didascalica, segnato dalla cesura costituita da fine-principio dei due canti, e sottolineato dalla presenza (XVIII 1-9) di uno di quei «drammi» didattici di cui parla il Croce, cioè dalla rappresentazione oggettiva d'un incontro tra maestro e discepolo, che s'inserisce nel discorso propriamente dottrinale.

Analisi del canto

La prima narrazione comprende il racconto del diradarsi del fumo e dell'uscire che il poeta fa da esso (XVII 1-12); le visioni estatiche che egli ha di ira punita (13-45): infine l'apparizione dell'angelo della pace e la cancellazione di un'altra P, implicita nel «muover d'ale» che gli ' venta nel viso (46-69). Tra questi episodi meritano particolare attenzione, per le considerazioni di tecnica compositiva che suggeriscono, la seconda e la terza delle visioni, quelle di Aman e di Amata.

Immaginativa (13), nella filosofia medievale la imaginativa equivale alla fantasia, uno dei "sensi interni" dell'anima, che è la facoltà di recepire l'immagine. Secondo il Torraca (che negava l'identità tra imagine di v. 7 e immaginazione) nel linguaggio dei filosofi medievali la fantasia o virtù imaginativa era la potenza che riceve le immagini offerte dai sensi, mentre l'immaginazione era l'atto, cioè l'operazione, di tale facoltà di comporre e dividere le immagini.

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