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Concetti Chiave

  • Cacciaguida e Beatrice riflettono sulla divinità e il conforto divino, con Beatrice che invita a lasciare il pensiero dell'esilio e a concentrarsi sulla vicinanza a Dio.
  • L'albero simbolico del Paradiso rappresenta l'eternità e la beatitudine, con rami che simboleggiano i diversi gradi di beatitudine e una linfa vitale proveniente dalla cima.
  • Spiriti beati celebri per le loro imprese terrene risplendono nel cielo, muovendosi con rapidità tra i bracci di una croce, evocando personaggi biblici e medievali.
  • Guglielmo d'Orange e altri eroi sono celebrati per le loro gesta epiche, con Dante che osserva la loro presenza tra le anime luminose del Paradiso.
  • La critica alla Chiesa si manifesta attraverso la denuncia della corruzione papale e l'uso eccessivo delle scomuniche, con un'ironia rivolta verso l'avidità del clero.

Indice

  1. Riflessioni di Cacciaguida e Beatrice
  2. L'albero simbolico del Paradiso
  3. Spiriti beati e la croce
  4. Guglielmo d'Orange e altri eroi
  5. Ascensione al cielo di Giove
  6. Lettere celesti e giustizia divina
  7. Critica alla Chiesa e scomuniche
  8. Corruzione papale e ironia di Dante

Riflessioni di Cacciaguida e Beatrice

Cacciaguida, specchiando in se divina luce beatificante, già godeva silenzioso del proprio pensiero, ed io assaporavo il mio, cercando di contemperare quello che mi era stato detto di doloroso con quello che mi era stato detto di gradevole.

E Beatrice, che mi guidava a Dio, mi disse. “ Lascia il pensiero dell’esilio: considera che io sono vicino a Dio (colui) che allevia ogni torto”.

Io mi volsi alle amorose parole della mia consolatrice; e qui rinuncio a descrivere la luce di carità che io allora vidi nei suoi santi occhi;

non solo perché diffido della capacità espressiva delle mie parole, ma anche perché la mia memoria non può ritornare tanto sopra se stessa (e ricordare), se Dio non la guida (con la sua Grazia).

Di quel momento posso ricordare solo che, fissandola, il mio cuore fu libero da ogni altro desiderio,

mentre l’eterna bellezza di Dio, che raggiava direttamente in Beatrice, mi appagava col raggio riflesso dai begli occhi di lei.

Abbagliandomi con la luce di un suo; sorriso, ella mi disse: “ Volgiti (a Cacciaguida) e ascolta, perché non solo nei miei occhi (ma anche in quelli degli altri beati ) risplende la gioia del paradiso”.

Come talvolta quaggiù sulla terra il sentimento interiore si manifesta negli occhi, allorché è tanto grande da prendere tutta l’anima,

cosi nel ravvivato splendore della luce santa di Cacciaguida, al quale mi volsi, riconobbi il suo desiderio di parlarmi ancora un poco.

Egli cominciò: “In questo quinto cielo del paradiso, che è come un albero che trae la vita da Dio, sua cima, e produce continuamente frutti senza mai perdere nessuna foglia,

L'albero simbolico del Paradiso

L'albero di Dante è geniale immagine che, sorta dall'inesausta fantasia del Poeta, grandiosamente simboleggia in essa tutto il paradiso. Canto   18 Paradiso - Parafrasi articoloEd "è albero che gode perennemente la gioia del raccolto, senza conoscere mai la malinconia dell'inverno. Il ciclo terreno, che alla gioia del raccolto avvicenda la mestizia della caduta delle foglie, è vinto per sempre" (Montanari).

Questo albero, nel quale i rami indicano i diversi gradi di beatitudine, tuttavia non partecipa della natura dell'albero terreno, perché riceve la sua linfa vitale dalla cima e non dalle radici, produce continuamente nuovi frutti e non soggiace al variare delle stagioni e all'invecchiamento: infatti da Dio dipende l'eterna beatitudine delle anime, il cui numero aumenta ma non può diminuire.

Spiriti beati e la croce

si trovano spiriti beati, i quali sulla terra, prima di venire in cielo, furono circondati da grande fama, così che qualsiasi poeta potrebbe trovare ricca materia di canto (nelle loro imprese).

Perciò fissa lo sguardo sui quattro bracci della croce: ogni spirito che io chiamerò per nome, trascorrerà da un braccio all’altro con la velocità con la quale il lampo solca la nube che lo ha generato ”.

Al nome di Giosuè, nel momento stesso in cui veniva pronunciato, io vidi una luce muoversi lungo la croce; né il suono del nome fu percepito da me (mi fu noto) prima del muoversi della luce.

E al nome del glorioso Giuda Maccabeo vidi un altro spirito muoversi girando su se stesso, e la gioia era come la frusta che (colpendola) fa girare la trottola.

Allo stesso modo al nome di Carlo Magno e di Orlando il mio sguardo attento seguì il movimento di altre due luci, come l’occhio del falconiere segue il falcone in volo.

La necessità - di per sé rischiosamente prosastica - di introdurre ed enumerare personaggi, nulla toglie in Dante all'immediatezza ed evidenza dell'immagine poetica che "spazieggia improvvisamente la visione, misura ariosamente la distanza tra Dante e le anime. Del resto, tutti questi versi (35-45 ) sembrano librati beatamente nell'aria" ( Momigliano) .

Ai personaggi biblici Dante accosta gli eroi dell'epopea medievale, scegliendo i due personaggi protagonisti del ciclo carolingio, celebrati come campioni della lotta della Cristianità contro i Saraceni. Carlo Magno (a. 742-814), fondatore del Sacro Romano Impero, non solo difese l'Europa cristiana dagli attacchi saraceni, ma operò anche in difesa della Chiesa minacciata dai Longobardi ( cfr. Paradiso VI, 94-96).

Orlando fu il paladino più famoso di Carlo Magno e cadde a Roncisvalle combattendo contro Agramante re dei Mori.

Poi Guglielmo d’Orange, e Renoardo, il duca Goffredo di Buglione, e Roberto il Guiscardo attrassero il mio sguardo lungo quella croce.

Guglielmo d'Orange e altri eroi

Guglielmo d'Orange, figlio, secondo la leggenda, di Amerigo di Narbona, morì monaco nell'anno 812 a Gellone. E' uno dei principali eroi dell'epoca carolingia, protagonista di numerose canzoni epiche insieme con il leggendario Rainouart, un saraceno che egli convertì alla fede cristiana e che, dotato di forza eccezionale e armato di una pesante clava, lo accompagnava nelle sue imprese contro gli infedeli. Dante dovette ritenere personaggio storico anche quest'ultimo, probabilmente perché ai lati della porta centrale del duomo di Verona compare insieme alla statua di Guglielmo anche quella di Renoardo.

Goffredo di Buglione. (a. 1058-1100), duca di Lorena, fu a capo della prima crociata, che portò alla liberazione di Gerusalemme nel 1099. La figura di Goffredo divenne poi il centro di tutte le composizioni epiche in lingua d'oil relative alla prima crociata.

Roberto il Guiscardo (1015-1085), fu figlio di Tancredi d'Altavilla e capo dei Normanni in Italia. Libero l'Italia meridionale e la Sicilia dai Saraceni e stabilì l'alleanza del regno normanno: con la Chiesa.

Quindi, l’anima di Cacciaguida che mi aveva parlato, muovendosi e mescolandosi agli altri spiriti, mi fece sentire quale artista fosse tra i cantori del cielo ( di Marte).

Io mi volsi verso destra per farmi indicare da Beatrice o con parole o con cenni quello che dovevo fare;

e vidi i suoi occhi tanto luminosi, tanto gioiosi, che il suo aspetto superava in bellezza tutti gli altri precedenti, perfino l’ultimo.

E come l’uomo si accorge che la sua virtù cresce di giorno in giorno, perché prova una gioia sempre più profonda nel fare il bene,

così io, vedendo più bello il miracoloso aspetto di Beatrice, m’accorsi che l’arco del mio giro intorno alla terra insieme al cielo, aveva una circonferenza più ampia (essendo salito in un cielo superiore e quindi più ampio).

E come muta rapidamente il colore in un bianco volto di donna, quando questo si libera dal rossore della vergogna ( ritornando al colore naturale ),

altrettanto rapido fu il mutamento di colore che apparve ai miei occhi, quando mi distolsi (dal guardare Beatrice), a causa del candore temperato del sesto cielo (di contro al colore rosso del cielo di Marte ), che m’aveva accolto dentro di se.

Ascensione al cielo di Giove

Dante ascende al cielo degli spiriti giusti, quello di Giove, il quale "intra tutte le stelle bianca si mostra, quasi argentata" (Convivio II, XIII, 25).

Temprata stella: perché è "di temperata complessione, in mezzo de la freddura di Saturno e de lo calore di Marte" (Convivio II, XIII, 25).

Lettere celesti e giustizia divina

Nella luminosa stella di Giove io vidi lo sfavillio degli spiriti, che lì risplendevano d’amore, disegnare davanti ai miei occhi le lettere dell’alfabeto.

E come gli uccelli levatisi in volo dalle rive di un fiume come se si rallegrassero tra loro per il cibo trovato , si dispongono in schiera ora circolare ora d’altra forma,

così avvolti nella loro luce, i santi spiriti, volando qua e là, cantavano, e assumevano la figura ora di una D, ora di una I, ora di una L.

Dapprima, cantando, si muovevano sul ritmo del loro canto; poi, assumendo la forma di una di queste lettere, si arrestavano un poco e tacevano.

O celeste musa che fai gloriosi e rendi immortali i poeti, ed essi col tuo aiuto rendono immortale la fama delle città e dei regni,

illuminami con la tua luce, in modo che io possa rappresentare efficacemente le figure disegnate da questi spiriti, così come si sono impresse nella mia mente: appaia il tuo potere in questi miei versi inadeguati (alla materia trattata)!

Apparvero dunque trentacinque vocali e consonanti; ed io fissai nella memoria le lettere componenti ciascuna parola, nell’ordine in cui mi si mostrarono espresse in figura.

“Amate la giustizia” furono il primo verbo e il primo nome della frase dipinta nel cielo: “voi che siete giudici in terra ” furono le ultime parole.

Poi le anime rimasero ferme e disposte nella figura della emme, ultima lettera dell’ultima parola, così che in quel punto il pianeta Giove appariva come argento ornato di rilievi d’oro.

E vidi altre anime scendere (dall ‘Empireo) sul punto più alto della emme, e li fermarsi cantando un inno, credo a Dio, il Bene che le attrae a se.


Il Caetani molto giustamente osserva che la scritta deve essere immaginata in caratteri maiuscoli gotici per comprendere la naturalezza delle successive trasformazioni. Ora la emme maiuscola gotica m ( un'asta verticale con ai lati due semicerchi rientranti alla base) assume press'a poco la forma di un giglio araldico (cfr. l'uso del verbo ingigliarsi al verso 1 13): "Dalla scrittura che è già dipinto passiamo a un emblema che è figura viva" ( Marcovaldi ) .

Poi come dai ceppi arsi dal fuoco, quando vengono percossi, si sprigionano innumerevoli faville, dalle quali gli stolti sogliono trarre favorevoli auspici per se,

così si videro alzarsi dal colmo dell’emme moltissime luci, e salire (verso l’alto) qual più e qual meno, a seconda del grado di beatitudine che Dio, il sole che le accende (d’amore), ha dato loro in sorte;

e allorché ognuna si fu fermata al suo posto, vidi che esse avevano formato la figura della testa e del collo di una aquila in quell’oro che prendeva rilievo sullo sfondo argenteo del cielo di Giove,

Dio, che così dipinge nel cielo di Giove, non ha maestri, ma Egli stesso è il maestro, e da lui deriva la virtù generativa che dà vita agli esseri nelle loro dimore terrene.

Le altre anime beate, che prima apparivano paghe di assumere la forma del giglio nella lettera emme, con piccoli spostamenti completarono la figura .

O dolce pianeta Giove, quali e quante anime luminose mi mostrarono ( prima col loro canto e poi con la figura dell’aquila, simbolo dell’Impero e della giustizia che esso solo può realizzare ) che la giustizia umana deriva dall’influsso del cielo che tu adorni con il tuo splendore!

Perciò prego Dio, dal quale prende inizio il tuo movimento e il tuo potere di influsso, affinché rivolga la sua attenzione al luogo da cui esce il fumo che offusca la tua luce,

in modo che Egli si adiri una seconda volta per i commerci che si fanno nel la Chiesa che fu edificata con i miracoli e il martirio (di Cristo e dei suoi santi).

O anime beate del cielo di Giove, che io contemplo (nella mia memoria), pregate per i mortali, che hanno deviato dalla giusta via per il cattivo esempio ( degli uomini di chiesa) !

Un tempo si era soliti fare la guerra con le armi, ma ora si fa sottraendo ai fedeli, or qua or 1à, il pane spirituale che il misericordioso Padre celeste non nega a nessuno.


Critica alla Chiesa e scomuniche

Dante deplora il ricorso troppo frequente, da parte della Chiesa, alle scomuniche e agli interdetti ( che privano i fedeli dei sacramenti, lo pan spirituale) come arma contro i suoi avversari politici. Si può vedere, in questa terzina, una particolare allusione alla scomunica lanciata da papa Giovanni XXII contro Cangrande della Scala nel 1317.

Ma tu che scrivi ( i decreti di scomunica ) solo per annullarli poi ( per denaro ), pensa che Pietro e Paolo, che morirono per la Chiesa che tu ora vai distruggendo, sono ancora vivi (in cielo e pronti a chiedere vendetta a Dio).

È probabile che l'apostrofe sia rivolta a Giovanni XXII, pontefice dal 1316 al 1334, il quale con ogni mezzo "raunò infinito tesoro" (Villani Cronaca XI, 20 ) . Alcuni interpreti hanno proposto il nome di Bonifacio VIII e di Clemente V, per altro già morti al tempo in cui Dante scrive questi versi.

A buon diritto puoi dire: “ Il mio desiderio è volto con tanta forza a San Giovanni Battista, colui che volle vivere solitario nel deserto e che fu martirizzato per premiare una danza,

che io non mi curo né di San Pietro né di San Paolo”.

Corruzione papale e ironia di Dante

Il canto si chiude sull'empietà delle parole che il Poeta fa pronunciare al corrotto Giovanni XXII: il papa non conosce Paolo, l'apostolo della carità, né Pietro, quella "pietra" su cui Cristo ha fondato la sua Chiesa. Soltanto un santo gli è caro: quel Battista che per salti ( c'e nell'espressione rapidissima tutto lo spregio per la fatale danza di Salormè) fu tratto al`martiro. E quando si ricordi che appunto l'effigie di San Giovanni Battista compariva sul maladetto fiore coniato in Firenze (il fiorino era la moneta internazionale del tempo), si comprenderà la feroce ironia di questo accenno di Dante al fermo... disiro del papa per la vittima di Erode.

Colui che volle viver solo...: San Giovanni Battista si preparò alla predicazione nella solitudine del deserto (Luca I, 80) e fu decapitato per premiare la danza della figlia di Erodiade, Salomè, la quale, su suggerimento della madre. aveva chiesto ad Erode la testa del Battista (Maffeo XIV. 1-12).

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato dell'albero simbolico del Paradiso descritto da Dante?
  2. L'albero simbolico del Paradiso rappresenta l'eterna beatitudine delle anime, che ricevono la loro linfa vitale da Dio e non sono soggette al ciclo delle stagioni, simboleggiando la gioia perenne del raccolto senza la malinconia dell'inverno.

  3. Chi sono alcuni degli eroi menzionati da Dante nel contesto della croce e quale significato hanno?
  4. Dante menziona eroi come Giosuè, Giuda Maccabeo, Carlo Magno, Orlando, Guglielmo d'Orange, e Goffredo di Buglione, celebrandoli come campioni della Cristianità e simboli di virtù e coraggio, accostandoli ai personaggi biblici.

  5. Come viene rappresentata la giustizia divina nel cielo di Giove?
  6. Nel cielo di Giove, Dante vede gli spiriti giusti formare lettere dell'alfabeto che compongono la frase "Amate la giustizia, voi che siete giudici in terra", simboleggiando l'influenza divina sulla giustizia umana.

  7. Qual è la critica di Dante alla Chiesa riguardo alle scomuniche?
  8. Dante critica la Chiesa per l'uso frequente delle scomuniche come arma politica, sottolineando l'ipocrisia di annullare i decreti per denaro e lamentando la distruzione della Chiesa da parte di coloro che dovrebbero proteggerla.

  9. In che modo Dante esprime ironia riguardo alla corruzione papale?
  10. Dante usa l'ironia riferendosi al papa Giovanni XXII, che ignora San Pietro e San Paolo, ma è devoto a San Giovanni Battista, il cui volto appare sul fiorino, simbolo della corruzione e dell'avidità papale.

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