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Sintesi

Canto XV - Cielo di Marte: Anime degli spiriti combattenti per la fede



Analisi



L’amore come armonia universale
Il canto melodioso dei beati, che nel cielo di Marte raffigurano una croce, cessa con perfetto sincronismo determinato dalla volontà divina (metafora della lira).

Segue un silenzio denso di attese e di eventi. Il tempo della storia si ferma, riempito da alcune considerazioni di Dante sull’amore di carità di quei beati. Essi sono disposti a interrompere il loro canto per invogliare il pellegrino a pregarle.
Il silenzio è riempito da osservazioni morali e teologiche che investono il tema fondamentale del rapporto tra l’uomo e Dio ; è una premessa dottrinale al colloquio con l’avo Cacciaguida, che si svilupperà anche nei due canti successivi.

Le similitudini astrali
Al cessare delle sensazioni uditive subentrano quelle visive, incentrate sulla luminosità e rese attraverso metafore e similitudini.

Una delle anime, che compongono la croce, scivola improvvisamente lungo due dei bracci della croce per venire ai piedi della stessa, ove si trova Dante, e per rivolgergli parola.
L’idea del fenomeno è resa mediante quello delle stelle cadenti.

Il significato dell’incontro con Cacciaguida
Segue un’ulteriore similitudine, questa volta letteraria: l’anima del beato accorre a Dante così come l’ombra di Anchise si mosse incontro a Enea giunto a fargli visita nei Campi Elisi. Dunque emerge un’equazione Dante = Enea, Anchise = Cacciaguida.

L’evento, che avevano anticipato la suspense narrativa e il silenzio, è l’incontro con Cacciaguida, che svelerà al pronipote le radici del male terreno, della decadenza morale delle istituzioni politiche e religiose, il destino dell’esilio a cui andrà soggetto e la missione di riscatto spirituale per l’umanità intera di cui è stato investito.
Dante prende consapevolezza di essere stato investito di una missione salvifica, di redenzione e di riscatto dell’umanità intera, proprio grazie al colloquio con il suo avo.

A livello stilistico, troviamo l’uso del latino e le ricorrenti metafore.
Il tono dell’avo è alto e oratorio, adeguato all’importanza del momento.

La breve disquisizione teologica di Dante e la sua domanda all’avo
Dante si rivolge a Beatrice per ricevere l’assenso definitivo a parlare.
L’eloquio di Dante è alto, oratorio e sostanziato di dotta teologia, in sintonia con i temi dottrinali toccati prima dal suo interlocutore.

Dio è definito uguaglianza assoluta, sia nell’ardore di carità sia nella luce di sapienza.

La descrizione di Firenze antica
Le prime parole in risposta di Cacciaguida riprendono un passo evangelico, a testimoniare la progressiva investitura divina che Dante stesso sta ormai ricevendo per la sua missione salvifica.

Il centro del discorso sarà comunque Firenze, eletta a paradigma del mondo, sia in senso positivo che in quello negativo. Cacciaguida è l’alter ego di Dante che esplicita qui una visione di una Firenze antica idealizzata. Una città che si distingueva per la pudicizia delle donne, lontane da ogni vistoso ornamento. Sconosciute erano le abitudini viziose che il diffondersi della lussuria avrebbe comportato, e non c’era il problema egoistico di limitare le nascite. Sconosciuta era la condotta sessuale disinvolta e la corruzione politica, tanto che se si fosse verificato qualche caso di tal genere, esso avrebbe dato meraviglia.

La concezione patriarcale della famiglia
È delineato il quadro della tranquilla famiglia patriarcale, ancorata ai sani valori della tradizione, che assegna alla donna un ruolo subalterno, in quanto legata alle secolari funzioni a lei assegnate di addetta al focolare domestico. È un quadro legato ad un’economia arcaica, ove la sete di guadagni (tipica dell’economia commerciale) non ha ancora fatto irruzione.

Firenze diviene emblema del mondo e la sua figura si intreccia a quella di Roma, simbolo dell’Impero universale. Dunque Firenze si pone sulla stessa linea di continuità di Roma e Troia (menzionata indirettamente, sia nel bene che nel male).

È chiaro quindi il valore inestimabile del viaggio di Dante attraverso cui egli prenderà coscienza della missione salvifica di cui si renderà artefice.

La vita cristiana di Cacciaguida
Il discorso prosegue con toni autobiografici, senza perdere di vista il contesto ideale di vita sociale in cui si colloca la sua vicenda umana. Egli è un esempio di perfetta cristianità. L’esemplare condotta di vita ha termine con il martirio, che è la condizione per raggiungere la pace del paradiso.
Estratto del documento

CANTO XV

Cielo di Marte

Anime degli spiriti combattenti per la fede

ANALISI

L’amore come armonia universale

Il canto melodioso dei beati, che nel cielo di Marte raffigurano una croce, cessa con

perfetto sincronismo determinato dalla volontà divina (metafora della lira).

Segue un silenzio denso di attese e di eventi. Il tempo della storia si ferma, riempito da

alcune considerazioni di Dante sull’amore di carità di quei beati. Essi sono disposti a

interrompere il loro canto per invogliare il pellegrino a pregarle.

Il silenzio è riempito da osservazioni morali e teologiche che investono il tema

fondamentale del rapporto tra l’uomo e Dio ; è una premessa dottrinale al colloquio

con l’avo Cacciaguida, che si svilupperà anche nei due canti successivi.

Le similitudini astrali

Al cessare delle sensazioni uditive subentrano quelle visive, incentrate sulla luminosità e

rese attraverso metafore e similitudini.

Una delle anime, che compongono la croce, scivola improvvisamente lungo due dei

bracci della croce per venire ai piedi della stessa, ove si trova Dante, e per rivolgergli

parola.

L’idea del fenomeno è resa mediante quello delle stelle cadenti.

Il significato dell’incontro con Cacciaguida

Segue un’ulteriore similitudine, questa volta letteraria: l’anima del beato accorre a

Dante così come l’ombra di Anchise si mosse incontro a Enea giunto a fargli visita nei

Campi Elisi. Dunque emerge un’equazione Dante = Enea, Anchise = Cacciaguida.

L’evento, che avevano anticipato la suspense narrativa e il silenzio, è l’incontro con

Cacciaguida, che svelerà al pronipote le radici del male terreno, della decadenza morale

delle istituzioni politiche e religiose, il destino dell’esilio a cui andrà soggetto e la

missione di riscatto spirituale per l’umanità intera di cui è stato investito.

Dante prende consapevolezza di essere stato investito di una missione salvifica, di

redenzione e di riscatto dell’umanità intera, proprio grazie al colloquio con il suo avo.

A livello stilistico, troviamo l’uso del latino e le ricorrenti metafore.

Il tono dell’avo è alto e oratorio, adeguato all’importanza del momento.

La breve disquisizione teologica di Dante e la sua domanda all’avo

Dante si rivolge a Beatrice per ricevere l’assenso definitivo a parlare.

L’eloquio di Dante è alto, oratorio e sostanziato di dotta teologia, in sintonia con i temi

dottrinali toccati prima dal suo interlocutore.

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