Concetti Chiave
- La struttura del Paradiso di Dante si fonda sul sistema aristotelico-tolemaico, con nove cieli concentrici che circondano la Terra, culminando nell'Empireo, sede di Dio e dei cori angelici.
- Nel Canto I, Dante si trova nell'Empireo e tenta di descrivere l'indescrivibile attraverso l'invocazione di Apollo, poiché le Muse non bastano per l'alta materia del Paradiso.
- Nel Canto III, Dante incontra anime evanescenti nel cielo della Luna, spiriti che furono costretti a rinunciare ai voti religiosi per forza maggiore, rivelando i limiti della sua comprensione umana.
- Nel Canto XVII, il trisavolo Cacciaguida preannuncia l'esilio di Dante, enfatizzando la missione del poeta di rivelare la corruzione della società, nonostante le conseguenze che questo comporterà.
- L'ultimo canto rappresenta l'incontro di Dante con Dio, dove, pur riconoscendo i limiti umani, egli contempla i misteri divini della Trinità e dell'Incarnazione, abbandonandosi alla fede e all'amore divino.
Indice
La struttura del Paradiso
La struttura del Paradiso dantesco si basa sul sistema aristotelico-tolemaico. Attorno alla Terra ruotano nove cieli concentrici: i primi sette prendono il nome dal pianeta che orbita all’interno di ciascuna sfera mentre l’ottavo e il nono sono chiamati rispettivamente “cielo delle stelle fisse” e “Primo mobile”.
L'Empireo e la visione divina
Esternamente a queste nove sfere Dante pone un decimo cielo eterno e infinito di pura luce e amore, l’Empireo. Qui ha sede Dio, a sua volta circondato da nove cerchi dove sono presenti i cori angelici. La luce della grazia divina illumina la cosiddetta “candida rosa”, anfiteatro spirituale in cui hanno il loro seggio eterno tutti i beati. Il viaggio di Dante terminerà proprio in questo luogo, dove alzerà lo sguardo fino a fissare direttamente Dio.
Dante avverte di essere stato nell’Empireo, il cielo del Paradiso, che riceve maggiormente la luce divina che si diffonde nell'Universo. In questo luogo dichiara di aver visto cose difficilmente riferibili a parole, poiché l'intelletto umano, in quanto limitato, non riesce a ricordare ciò che vede quando penetra in Dio. Il poeta tenterà di descrivere ai lettori quel poco che si ricorda del regno divino e per questo invoca l'assistenza di Apollo, in quanto l'aiuto delle Muse non gli è più sufficiente. Il dio pagano della musica, delle arti e della poesia, dovrà ispirarlo col suo canto, con la stessa forza che utilizzò quando punì il satiro Marsia. Solo in questo modo Dante potrà affrontare l'alta materia del Paradiso e meritare così l'alloro, pianta simbolo della massima onorificenza poetica.
Temi: ineffabilità, limitatezza umana, ispirazione
Marsia = Dante fa riferimento al mito della gara musicale fra Apollo e Marsia. Quest’ultimo era una divinità minore che si distingueva per la sua superbia, tanto che osò sfidare Apollo in una gara di musica. Apollo vinse e punì Marsia legandolo ad un albero e scuoiandolo vivo.
L'incontro con le anime
Nel terzo canto, Dante descrive il suo primo incontro con le anime del Paradiso, che appaiono come figure evanescenti, non definite e simili ad un riflesso. Dante si volta indietro pensando di vederne la figura reale ma non vedendo nulla si rivolge stupito a Beatrice, la quale spiega al poeta che non si tratta di immagini specchiate ma di vere sostanze.
Le anime del canto III sono poste nel primo cielo, quello governato dalla luna, che consiste in un luogo luminoso, denso e senza macchie simile ad un diamante colpito dal sole. Gli spiriti qui presenti sono coloro che in vita furono costretti per violenza subita a rinunciare all’impegno preso nei confronti di Dio con i voti religiosi.
Desiderose di parlare con Dante. Luminose, bellezza maggiore, evanescenti, non ben definite.
Dialogo con Piccarda Donati
Nel dialogo con Piccarda Donati sono evidenti i limiti mentali di Dante, uomo che ragiona ancora come se si trovasse sulla Terra. Egli, infatti, porge una domanda alla donna, chiedendole se gli spiriti desiderino mai una posizione più alta per contemplare meglio Dio e vivere più vicino a lui. Un altro atteggiamento che fa intuire questa tipologia di pensiero è quando Dante crede di trovarsi davanti a delle immagini riflesse e non ai beati veri e propri, per poi rivolgersi a Beatrice per chiedere spiegazioni.
Uno degli spiriti rivela di essere Piccarda Donati, amica di gioventù di Dante, che inizialmente non viene riconosciuta a causa della maggiore bellezza e luminosità derivata dal divino. Ella quando era sulla terra si era fatta suora nel convento delle clarisse, ma fu costretta dal fratello Corso Donati (capo dei guelfi neri) a rinunciare al voto per sposare un altro capo particolarmente violento e spietato.
Piccarda offre un’importante lezione di vita a Dante, spiegandogli più volte che cosa significhi vivere nella carità, la legge prima del Paradiso. Nei beati non c’è spazio per un sentimento di insoddisfazione, anzi essi sono in completa pace con la propria condizione in quanto opera della volontà di Dio e non desiderano altro se non vivere illuminati dalla grazia divina.
Dopo aver raccontato la sua tragica vicenda per cui Dante mostra una marcata empatia, Piccarda indica un’altra anima che ebbe sorte uguale alla sua: l’imperatrice Costanza D’Altavilla, moglie di Enrico VI di Svevia e madre dell’imperatore Federico II. La donna fu anch’ella costretta ad abbandonare la vita religiosa per sposare un uomo più giovane.
Piccarda svanisce [come un oggetto pesante in acqua profonda] mentre Dante la segue il più possibile con lo sguardo, per poi rivolgersi a Beatrice, donna ancora più luminosa e per la quale si sente intimidito.
Rivelazioni di Cacciaguida
Dante si trova nel quinto cielo, quello governato dal pianeta Marte e che risplende di un rosso ardente e infuocato. Qui si trovano gli spiriti combattenti per la fede, i quali appaiono illuminati e si dispongono a croce greca.
Il poeta incontra un suo caro antenato, il trisavolo Cacciaguida con cui intrattiene un dialogo solenne. Egli rivela esplicitamente a Dante il futuro e imminente esilio a cui sarà sottoposto e gli anticipa le sofferenze che sarà costretto a patire come l’abbandono dei luoghi e delle persone care, l’asprezza delle condizioni di vita e la compagnia di gente malvagia che gli si rivolterà contro.
Dante dovrà abbandonare Firenze come Ippolito dovette lasciare Atene e questo accadrà a causa della Chiesa corrotta e in particolare del papa Bonifacio VIII. Anche se la colpa verrà inizialmente addossata ai vinti, cioè coloro che non possono difendersi, alla fine verranno puniti dalla giustizia divina i veri malvagi e colpevoli.
Cacciaguida consola Dante rivelandogli che nel suo esilio troverà generosa ospitalità a Verona presso Bartolomeo della Scala. In questo contesto avrà l’occasione di conoscere il fratello Cangrande, figura che viene ampiamente esaltata ed elogiata quasi a diventare simbolo di un futuro salvatore dell’umanità. (questo perché Dante fu legato a Cangrande da profonda stima e da sincero affetto, oltre che riconoscenza per l’ospitalità offertagli dal 1315 al 1320).
Cacciaguida invita il poeta ad affidarsi alla generosità di questa signoria e a non provare odio per i suoi concittadini dato che vincerà poi il senso della giustizia e Dante vivrà più a lungo di coloro che lo puniranno (lo chiama “figlio” = rapporto confidenziale).
La missione di Dante
Saputo del suo imminente esilio, Dante esprime un suo dubbio: egli durante il viaggio nell’aldilà è venuto a conoscenza di verità che sicuramente susciterebbero scandalo a molti potenti; dunque, non sa se rivelarle nella sua opera rischiando di ritrovarsi solo e nemico di tutti oppure tacere, scostandosi però dalla sua missione di poeta senza sopravvivere nella fama dei posteri.
Nella risposta finale di Cacciaguida è evidente la missione ultima di Dante: egli deve rivelare tutto ciò che ha saputo senza preoccuparsi per le conseguenze di tale azione. Le verità che racconterà, infatti, avranno una funzione redentrice per l’intera umanità e affinchè questo avvenga è necessario che egli colpisca, tramite l’arma potente della scrittura, i rappresentanti più alti e potenti della società.
La missione di Dante non consiste solo in una purificazione personale, ma anche nella diffusione della cruda verità, ovvero della corruzione all’interno della società per far aprire gli occhi alle genti e per denunciare le atrocità che vengono commesse.
Cacciaguida è un combattente per la fede / Dante è un combattente per la patria con l’utilizzo della parola. Sorto dal dubbio di ogni intellettuale, egli decide con coraggio di rivelare la verità pur sapendo che quest’ultima non verrà accettata volentieri da tutti.
L'incontro con Dio
L’ultimo canto del Paradiso e dell’intera Commedia consiste nell’incontro di Dante con Dio, la meta ultima di tutti i desideri umani, che avviene nell’Empireo. In questo cielo, costituito di pura luce e privo di leggi fisiche del tempo e dello spazio, hanno effettiva sede gli angeli e i beati illuminati dalla grazia divina.
Dante giunto nell’Empireo alza gli occhi verso la luce divina, ma interrompe la narrazione per confessare ancora una volta l’insufficienza delle parole e della memoria a descrivere pienamente la visione che gli si sta per presentare: sarà come cercare di narrare un sogno che svanisce come la neve che si scioglie al sole, o come le voci profetiche della Sibilla che si perdono nel vento. Per questo motivo invoca Dio affinché gli offra la forza per raccontare almeno una minima parte di ciò che egli vide.
Dante conosce i tre misteri dell’Universo. Quando il suo sguardo penetra nella luce diretta di Dio fino a congiungersi con lui, il poeta ricorda di aver visto in esso la presenza e l’unione perfetta di tutte le realtà: “da Dio tutto proviene, a Dio tutto rimanda” è infatti il primo mistero della fede cristiana. È impossibile distogliere lo sguardo così tanta beatitudine, così come è impossibile riferire tale esperienza.
Il secondo mistero che viene raccontato è il mistero della Trinità. Annunciando di essere ormai giunto all’ultimo momento della narrazione, il poeta afferma di aver visto tre cerchi della stessa dimensione e di diverso colore, ovvero le tre figure della Trinità (padre, figlio, spirito santo).
Nel secondo di questi cerchi intravede un’immagine umana: è Dio che si fa carne attraverso la nascita di Gesù Cristo. Dante scopre così il mistero dell’Incarnazione.
Il poeta tenta di penetrare ancor di più in quel mistero luminoso ma non riesce a trovare una spiegazione razionale ad esso, dato che è un qualcosa a cui bisogna credere per fede. Si paragona infatti ad un matematico che si concentra sulla misurazione del cerchio e pur meditando non trova il principio di cui ha bisogno.
Dante riconosce che i limiti razionali dell’uomo di fronte all’incommensurabile potenza divina sono netti; per questo motivo è necessario abbandonarsi all’amore divino e alla carità senza ricercare il fondamento razionale di ogni fenomeno.
- Molti riferimenti alla figura del cerchio, soprattutto nell’ultimo canto
- La cantica ha una struttura circolare, si apre e si chiude con il tema dell’ineffabilità.
Domande da interrogazione
- Qual è la struttura del Paradiso dantesco?
- Chi si trova nel decimo cielo, chiamato Empireo?
- Chi è Piccarda Donati e quale lezione offre a Dante?
- Qual è il tema principale del Canto XVII?
- Cosa rappresenta l'ultimo canto del Paradiso?
La struttura del Paradiso dantesco si basa sul sistema aristotelico-tolemaico, con nove cieli concentrici attorno alla Terra.
Nel decimo cielo, chiamato Empireo, ha sede Dio e sono presenti i cori angelici.
Piccarda Donati era un'anima nel Paradiso che fu costretta a rinunciare al voto religioso. Lei offre a Dante una lezione sulla carità e sulla pace con la propria condizione.
Il tema principale del Canto XVII è la profezia dell'esilio di Dante e le sofferenze che dovrà affrontare.
L'ultimo canto del Paradiso rappresenta l'incontro di Dante con Dio nell'Empireo e la sua impossibilità di descrivere pienamente la visione divina.