Alfred71
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Concetti Chiave

  • Pluto è descritto come una figura enorme e amorfa, simbolo di furore impotente, diverso da altre figure infernali descritte con particolari fisici distintivi.
  • La similitudine con le onde che si infrangono nel mare suggerisce un movimento di masse anonime, simboleggiando l'incessante e insensato scontro tra dannati.
  • Il concetto di Fortuna è presentato come una forza provvidenziale, incaricata di distribuire ricchezze e potere, al di sopra della comprensione umana.
  • Dio assegna a ogni cielo una guida angelica per governare l'universo, analogamente predispone la Fortuna per amministrare le ricchezze terrene.
  • Nella palude Stigia, i dannati rappresentano diverse forme di ira e accidia, il cui contrappasso è illustrato attraverso il loro tormento e la lotta reciproca.

Indice

  1. L'incontro con Pluto
  2. La figura di Pluto
  3. La quarta fossa
  4. Similitudine grandiosa
  5. Moltitudine e lamenti
  6. Concezione di Fortuna
  7. Dio e la guida dei cieli
  8. Cambiamenti e Fortuna
  9. Interpretazioni della palude Stigia
  10. Costeggiando la palude

L'incontro con Pluto

"Papé Satàn, papé Satàn aleppe!" prese a gridare Pluto con voce rauca; e quel nobile saggio (Virgilio), dalla sconfinata dottrina,

per rincuorarmi così mi parlò: "Il tuo spavento non ti arrechi danno; infatti, per quanto egli sia potente, non ci impedirà di scendere (dal terzo al quarto cerchio) per questo dirupo.

Quindi, rivolto verso quel tumido volto, disse: "Taci, maledetto demonio: struggiti internamente per la rabbia.

Non senza motivo è la nostra andata nella voragine infernale: così si vuole nel cielo, là dove l’arcangelo Michele punì l’orgogliosa ribellione (di Lucifero e dei suoi seguaci)".

Come le vele gonfiate dal vento cadono (confusamente) avviluppate, se l’albero della nave si spezza, così piombò a terra il mostro malvagio.


La figura di Pluto

La figura di Pluto suscita in chi legge l'impressione di una massa enorme e amorfa e, sul piano morale, quella di un furore ottuso e impotente. Essa non ci viene infatti presentata dal Poeta attraverso questo o quel particolare del suo aspetto esteriore, come avviene per Caronte, ad esempio, e per Minosse. Canto    7 Inferno - Prosa articoloIl carattere rissoso del traghettatore dell'Acheronte è già tutto contenuto in una determinazione come quella degli occhi di bragie, mentre l'enigmatico conoscitor delle peccata del secondo cerchio resta indissolubilmente legato nella nostra memoria - all'atto bestiale - di avvolgere la coda, per significare un giudizio dettato dalla più pura razionalità. Scrive il Torraca, a proposito di Pluto: "Enfiata labbia suggerisce, si, l'imagine di un gran faccione, ma vanamente. Ma ecco le vele gonfiate dal vento e l'albero della nave portar in questa indeterminatezza qualche cosa di enorme, di gigantesco..." Per quanto riguarda il significato morale di questa inaspettata similitudine, un altro acuto lettore del settimo canto, il Vallone, osserva come essa racchiuda in sé l'intera vicenda di questo guardiano infernale "protervo, bestemmiatore, superbo e poi schiacciato umiliato e vinto'', e aggiunge un'osservazione generale sull'umiliazione cui, nell'inferno dantesco, le potenze del male soggiaciono di fronte all'affermarsi della razionalità chiarificatrice ( Virgilio ): "Forse il destino dei diavoli è più inesorabilmente crudele di quello delle anime malvagie che essi custodiscono. Queste, almeno, di tanto in tanto, possono reagire, a loro modo e nella loro misura, contro un potere ch'è a tutti superiore... i diavoli, vinti che siano e sempre son vinti, si degradano a " poveri diavoli ", arnesi di idiota materia...

La quarta fossa

Scendemmo in tal modo nella quarta fossa, percorrendo un altro tratto della china dolorosa che contiene tutto il male dell’universo.

[newpage]Ahimè, giustizia di Dio! chi mai ammassa tanti inimmaginabili supplizi e dolori, quanti io ne vidi? e perché l’umana colpa a tal punto ci strazia ?

Come (nello stretto di Messina) presso Cariddi le onde (del mar Ionio) si infrangono cozzando contro quelle del mar Tirreno, così necessariamente avviene che qui le turbe ballino.


Similitudine grandiosa

Scrive il Marti, a proposito di questa grandiosa similitudine, che Dante con essa ci suggerisce non già un "urto di persone, di individui, ma urto di gente, di masse informi: anonime superfici in movimento che si infrangono reciprocamente l'una contro l'altra; vaste chiazze brulicanti e semoventi, che tristemente spumeggiano a quel loro pendolare scontrarsi. Nessuno stacco fra le anime e i massi che esse voltano... la figurazione è risolta in movimento ritmico, eterno e sempre uguale, ma anche meccanico ed insensato, di superfici e di colore"

Così convien che qui la gente riddi: il richiamo alla ridda, ballo circolare dal ritmo molto veloce, che in altra circostanza evocherebbe una scena lieta, è qui sarcastico e sferzante.

Moltitudine e lamenti

Qui vidi una moltitudine più numerosa che in altri luoghi, la quale provenendo dall’uno e dall’altro lato del cerchio rotolava pesi, spingendoli col petto ed emettendo alti lamenti.

(Incontrandosi) cozzavano gli uni contro gli altri; e poi, in quello stesso punto, ognuno si volgeva indietro, rivoltando (anche il suo peso), e urlava: "Perché conservi? " e "Perché sperperi ? "

In tal maniera tornavano indietro attraverso il cerchio tenebroso da entrambe le direzioni fino al punto diametralmente opposto, gridandosi di nuovo (anche) il loro ritornello ingiurioso;

poi, una volta qui arrivato, ciascuno tornava indietro, ripercorrendo il suo semicerchio fino allo scontro successivo. E io, che mi sentivo quasi turbato, dissi: "Maestro, spiegami ora quale moltitudine è questa, e se costoro che sono alla nostra sinistra e hanno la tonsura, furono tutti ecclesiastici ".

Ed egli: "Tutti quanti ebbero la mente così ottenebrata durante la vita in terra (la vita primaia: la prima vita), che non fecero alcuna spesa misuratamente.

Le loro parole lo dichiarano abbastanza esplicitamente, allorché giungono nei due punti del cerchio dove i loro opposti peccati li separano.

Questi, che portano la tonsura, furono ecclesiastici, e papi e cardinali, nei quali l’avarizia si manifestò in modo eccessivo".

E io: "Fra costoro, maestro, dovrei certo riconoscere qualcuno che si macchiò di queste colpe".

E Virgilio: "Accogli nella tua mente un pensiero assurdo: la dissennata vita che li rese turpi, li rende ora oscuri ad ogni tentativo di riconoscerli.

Per l’eternità accorreranno ai due punti per scontrarsi: gli uni risorgeranno dalla tomba coi pugni chiusi, gli altri con i capelli recisi.

[newpage]Lo spendere e il risparmiare in misura smodata li ha privati del paradiso, e condannati a questa mischia: per farti capire di qual genere essa sia, non c’è bisogno che io l’adorni di belle parole.

Puoi ora vedere, figlio, quanto sia breve l’inganno dei beni che sono affidati alla Fortuna, per i quali il genere umano si accapiglia;

poiché tutte le ricchezze che sono e furono sulla terra, non potrebbero dar pace neppure a una sola di queste anime affaticate ".

" Maestro ", dissi a Virgilio, " spiegami ancora: questa Fortuna, di cui tu mi fai cenno, cos’è mai, per poter tenere così tra i suoi artigli i beni della terra? "

E Virgilio: "O esseri stolti, quanto grande è l’ignoranza che vi arreca danno! Voglio dunque che tu accolga la mia spiegazione (come il bambino riceve in bocca il cibo ).

Concezione di Fortuna

Nella digressione che a questo punto interrompe la tesa atmosfera del canto, e a proposito della quale più di un critico si è richiamato alle serene atmosfere del Paradiso, Dante espone, per bocca della sua guida nel viaggio oltremondano, una sua personale concezione di quella che gli antichi avevano immaginato come "la dea bendata", modificando altresì il punto di vista già manifestato nel Convivio, in un passo del quale la distribuzione delle ricchezze era definita ingiusta: "Dico che la loro imperfezione primamente si può notare ne la indiscrezione del loro avvenimento, nel quale nulla distributiva giustizia risplende, ma tutta iniquitade quasi sempre, la quale iniquitade è proprio effetto d'imperfezione" (IV, Xl, 6).

Qui invece la Fortuna, pur non identificandosi con la Provvidenza di Dio, di cui è soltanto ministra, svolge una funzione provvidenziale. La concezione di Dante è nuova e profonda.

Dio e la guida dei cieli

Dio, la cui sapienza oltrepassa ogni realtà, creò i cieli e assegnò a ciascuno di loro una guida in modo che ogni gerarchia angelica trasmette la luce al suo cielo,

distribuendola equamente: allo stesso modo prepose a tutte le glorie del mondo una guida che le amministrasse tutte e che trasferisse a tempo debito i beni perituri da un popolo all’altro e da una stirpe all’altra, senza che la previdenza degli uomini potesse a lei opporsi;

per questo una nazione domina, mentre un’altra si indebolisce, secondo la decisione da lei presa, decisione che resta nascosta come il serpente nell’erba.

[newpage]L’accortezza degli uomini non può contrastare con lei: essa predispone, valuta (le opportunità), e svolge da regina il suo incarico come le intelligenze angeliche svolgono il loro.


L'uso della parola dei per indicare le pure intelligenze (sprovviste quindi di attributi sensibili ) motrici dei cieli, si spiega con la funzione nobilitante che il Poeta attribuisce di solito al vocabolo di origine latina. L'impasto linguistico della Commedia, in cui il termine comune è accostato di continuo a quello aulico o dotto, traduce, sul piano dello stile, la dialettica del temporale e dell'eterno, che rappresenta il fondamentale motivo animatore dell'epos dantesco.

Cambiamenti e Fortuna

I cambiamenti da essa causati si succedono senza sosta: il suo dovere verso Dio l’obbliga ad operare rapidamente; perciò avviene spesso che qualcuno muti il proprio stato.

Questa è colei che tanto è avversata anche da coloro che dovrebbero elogiarla, laddove invece la biasimano ingiustamente e la denigrano; ma essa se ne sta beata e non li ascolta: serena, insieme alle intelligenze angeliche, governa il moto della sua sfera e gode della sua beatitudine.

Ma è tempo di scendere ormai verso un dolore più grande; già ogni stella che, quando venni in tuo aiuto, saliva in cielo, tramonta e non ci è concesso un lungo indugio ".

Attraversammo il cerchio fino al margine opposto, all’altezza di una sorgente che ribolle e si riversa in un fossato che da essa deriva.

L’acqua era più nera che livida; e noi, insieme alle onde torbide, scendemmo nel cerchio quinto attraverso un cammino malagevole.

Questo triste ruscello sfocia nella palude chiamata Stige, dopo essere sceso fino alla base dei crudeli e foschi dirupi.

Ed io, che ero intento a guardare, vidi in quella palude moltitudini imbrattate di fango, tutte nude, con l’espressione crucciata.

Questi peccatori si colpivano l’un l’altro non solo con le mani, ma con la testa e col petto e coi piedi, e si dilaniavano a pezzo a pezzo coi denti.

Virgilio disse: "Figlio, puoi ora vedere gli spiriti di coloro che furono sopraffatti dall’ira; e voglio che tu inoltre sappia che sotto il pelo dell’acqua vi sono dannati che sospirano, e fanno gorgogliare quest’acqua alla superficie, come puoi vedere, da qualunque parte tu guardi.

Immersi nella fanghiglia, dicono: "Fummo malinconici nell’aria dolce allietata dal sole, portando nel nostro animo la caligine dell’accidia:

ora ci addoloriamo nella nera melma". Si gorgogliano questo lamento (inno: qui in senso ironico) in gola, perché non lo possono pronunciare con parole chiare e complete".

Interpretazioni della palude Stigia

Secondo Pietro Alighieri nella palude stigia si troverebbero gli iracondi e i superbi e, sotto di essi, immersi interamente nel fango, gli accidiosi e gli invidiosi. Questo parere non sembra tuttavia suffragato da alcun richiamo al testo. Più plausibile è l'opinione che alla superficie della palude si trovino gli " iracondi acuti " ( la cui collera suole cioè prorompere con impetuosa violenza), mentre immersi in essa sarebbero gli accidiosi, che corrisponderebbero, in questa partizione dantesca, agli "iracondi amari" di Aristotile e San Tommaso. L'accidioso fummo starebbe quindi ad indicare l'ira a lungo repressa. Il contrappasso risulta evidente nel caso degli iracondi acuti: il loro sbranarsi a vicenda esemplifica in modo inequivocabile la passione dell'animo che li indusse a compiere il male. Per gli iracondi amari la corrispondenza tra pena e peccato potrebbe essere la seguente: come in vita hanno soffocato dentro di se l'ira, pur continuando ad alimentarla segretamente, così ora sono soffocati dalla melma.

Quest'inno si gorgoglian nella strozza: nota il Grabber come questa ardita immagine (vicina, per vigore espressivo all'abbaia del verso 43) "fonde in un tutto la voce umana e quella dell'acqua, che ne la strozza soffoca le parole umane per trasformarle nel gorgogliare dell'acqua stessa".

Costeggiando la palude

Costeggiammo così per lungo tratto la sozza palude, tenendoci tra il pendio asciutto e la melma, con lo sguardo rivolto a coloro che ingurgitano fango:

giungemmo alla fine alla base d’una torre.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato della figura di Pluto nel testo?
  2. La figura di Pluto rappresenta una massa enorme e amorfa, simbolo di un furore ottuso e impotente. È descritto come un guardiano infernale protervo, bestemmiatore e superbo, che viene umiliato e vinto dalla razionalità rappresentata da Virgilio.

  3. Come viene descritta la moltitudine nella quarta fossa?
  4. Nella quarta fossa, una moltitudine numerosa rotola pesi, spingendoli col petto ed emettendo alti lamenti. Si scontrano e si insultano reciprocamente, rappresentando un movimento ritmico, eterno e insensato.

  5. Qual è la concezione di Fortuna secondo Dante?
  6. Dante presenta Fortuna come una guida provvidenziale che distribuisce i beni del mondo secondo la volontà divina. Non è identificata con la Provvidenza di Dio, ma agisce come sua ministra, trasferendo i beni perituri tra popoli e stirpi.

  7. Cosa rappresenta la palude Stigia e chi vi si trova?
  8. La palude Stigia ospita gli iracondi e gli accidiosi. Gli iracondi acuti si sbranano a vicenda, mentre gli accidiosi sono immersi nel fango, rappresentando l'ira repressa. Il contrappasso evidenzia la passione che li ha portati al male.

  9. Qual è il ruolo di Virgilio nel viaggio attraverso l'inferno?
  10. Virgilio funge da guida razionale e chiarificatrice per Dante, aiutandolo a comprendere le pene infernali e a superare le paure. Egli rappresenta la razionalità che umilia e vince le potenze del male.

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