GemmaFerla
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Concetti Chiave

  • Le tre fiere del primo canto rappresentano simbolicamente la violenza, l'avidità e la lussuria, secondo la tradizione dantesca.
  • Dante utilizza simboli concreti del suo tempo, che acquisiscono un significato ulteriore nell'interpretazione medievale.
  • La mente simbolica di Dante opera su due livelli di significato: il visibile e l'invisibile.
  • Il simbolo è qualcosa di concreto con significato ulteriore, mentre l'allegoria è astratta con significato ulteriore.
  • I peccati rappresentati dalle fiere sono classificati in gravità secondo l'Etica Nicomachea di Aristotele.

Indice

  1. Interpretazione delle tre fiere
  2. Simbolismo e allegoria in Dante
  3. Analisi dei peccati e fonti

Interpretazione delle tre fiere

Le tre fiere sono interpretate tradizionalmente con:

1. Leone → violenza/avidità/superbia

2. Lupa → avarizia

3. Lonza → lussuria

Simbolismo e allegoria in Dante

Queste tre belve significano se stesse però nascondono anche un altro significato. Dante ha una mente simbolica: per gli uomini medievali le cose non sono solamente ciò che sembrano, ma anche qualcos’altro; questo perchè vivono su due livelli: la dimensione del visibile e quella dell’invisibile.

I simboli che vengono utilizzati da Dante sono tutti molto concreti, attinti dalla realtà dei suoi tempi, da cui poi lui riesce ad estrapolare un altro significato.

Differenza tra simbolo e allegoria:

★ Simbolo: qualcosa di concreto che acquisisce un altro significato; ★ Allegoria: qualcosa di astratto con un ulteriore significato.

!!!!!! ​Una mente simbolica è una mente interpretante.

Analisi dei peccati e fonti

Se effettuiamo un’analisi più approfondita, notiamo che ci sono tre piani di gravità dei peccati:

1. La lonza riguarderebbe sì la lussuria sia l’incontinenza, un peccato legato all’istinto che prevale sul controllo.

2. Il leone sempre la violenza contro se stessi o gli altri.

3. La lupa rappresenta la frode, ossia quando si pianifica consapevolmente di

fare qualcosa di sbagliato.

Questa divisione dei peccati ha una fonte profana, ossia l’Etica Nicomachea di Aristotele.

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