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fondata su basi eterogenee, e destinata a rimanere in gran parte isolata.

L'opera di B. Croce segna, invece, un punto d'arrivo e di partenza per la

moderna critica dantesca. Prese le mosse non tanto dal presupposto

desanctisiano del rapporto emotivo tra lettore e testo, quanto da una categoria

teoretica ben precisa (l'arte come intuizione lirica ed espressione), egli assume

come criterio di valutazione dell'opera d'arte l'impressione estetica e la

metodica distinzione tra "poesia" e "non poesia". Perciò nella Commedia la

"struttura" è contrapposta alla "poesia", il "romanzo teologico" all'"elemento

lirico": frutto di ragione, e quindi non poetico, il primo; di intuizione lirica, e

perciò tutto poetico, il secondo. Il saggio La poesia di Dante (1921) e tutta la

riflessione crociana sull'arte hanno rappresentato una tappa obbligata per il

critico del Novecento, influendo (in quanto precedente accettato o

polemicamente respinto) sulle diverse correnti del campo letterario - e quindi

anche del dantismo - del nostro secolo. Tra gli studiosi d'ascendenza crociana è

A. Momigliano (commento alla Divina Commedia, 1945-47), il cui saggio sul

Paesaggio nella Divina Commedia (1932) propone come criterio d'unità il

motivo paesistico, sensibilmente analizzato; con lui ricordiamo anche F.

Maggini, Luigi Russo e Carlo Grabher. Entro la tendenza storicizzante

postcrociana, che mira a colmare lo iato tra "poesia" e "non poesia" e a

considerare l'opera d'arte un divenire piuttosto che un fatto, incontriamo

l'opera di N. Sapegno (commento alla Divina Commedia, 1957; Dante Alighieri,

in "Storia della letteratura italiana", volume II, 1965), il quale si propone di dare

un'interpretazione unitaria dell'autore e delle sue opere, fondendo le

componenti linguistica, poetica, storico-culturale; e, ancora, G. Getto, che con il

concetto di "poesia dell'intelligenza" presenta una rivalutazione del Paradiso

dantesco (Aspetti della poesia di Dante, 19662). La cultura letteraria

contemporanea, che mutua da quella scientifica rigorosità di procedimento e

specializzazione di oggetti, trova ancora in Dante un campo di ricerca fecondo,

soprattutto per ciò che è dell'individuazione delle fonti, per lo studio dei testi,

per la retta interpretazione del mondo dantesco e delle sue forme, sia nei

confronti del pensiero filosofico e religioso (B. Nardi e G. Busnelli) e politico (F.

Ercole, A. Solmi, ancora Nardi), sia in rapporto alla lingua e allo stile (A.

Schiaffini, B. Terracini, C. Segre, M. Fubini) e alla ricerca filologica (G. Contini, F.

Mazzoni, G. Petrocchi, A. Pagliaro). Entro questa tendenza e nell'ambito di una

tradizione ormai secolare, anche le culture straniere forniscono filoni esegetici

particolarmente interessanti, quali l'interpretazione "figurale" di E. Auerbach,

quella simbolico-teologica di Ch. S. Singleton, quella linguistica di L. Spitzer.

La Bibliografia

N. Zingarelli, La vita, i tempi e le opere di Dante, Milano, 1944; M. Apollonio,

Dante. Storia della Commedia, Milano, 1952; M. Barbi, Dante. Vita, opere,

fortuna, Firenze 1952; U. Cosmo, Guida a Dante, (a cura di B. Maier), Firenze,

1962; M. Barbi, Problemi di critica dantesca,

Firenze, 1965; idem, Studi sul canzoniere di Dante,

Firenze, 1965; M. Casella, Introduzione alle opere di

Dante, Milano, 1965; F. Maggini, Introduzione allo

studio di Dante, Pisa, 1965; B. Nardi, Saggi e note di

critica dantesca, Milano-Napoli, 1966; E. Paratore,

Tradizione e struttura in Dante, Firenze, 1968; C. S.

Singleton, Saggio sulla "Vita Nuova", Bologna,

1968; P. De Robertis, Il libro della Vita Nuova,

Firenze, 1970; A. Vallone, Studi su Dante. Dal '300 all'età romantica, Ravenna,

1970; N. Mineo, Dante, Bari, 1971; A. Vallone, Dante, Milano, 1971; A. Comollo,

Il dissenso religioso in Dante, Firenze, 1990.

Opere Giovanili e Le Rime

Carattere di franca esercitazione, soprattutto linguistica e metrica, hanno due

componimenti letterari attribuiti a Dante in forza dello stile, il Detto d'amore* e

il Fiore, nati nell'ambito dell'ideale lezione di Brunetto Latini. Il Detto, poemetto

mutilo in distici di settenari a rima baciata, è rielaborazione giovanile di una

parte del Roman de la Rose. Più tardo, ben più spigliato, di maggior respiro, il

Fiore, "corona" di 232 sonetti, parafrasa e riassume con abilità le parti narrative

del Roman stesso, omettendone le digressioni dottrinali, ma non gli spunti

polemici. La prima opera di incontestata paternità e di contenuto

assolutamente originale è la Vita nuova (ca. 1293), che raccoglie 31 liriche in

una cornice di prosa, a celebrazione dell'amore del poeta per Beatrice, ed è

non solo il primo romanzo autobiografico della nostra letteratura, ma anche il

manifesto della personalissima concezione che, pur entro lo stilnovo, Dante

ebbe del l'amore e della poesia a esso ispirata. Narrando il primo e il secondo

incontro con Beatrice, gli effetti miracolosi del suo saluto e la sofferenza per la

perdita di esso, l'interiorizzarsi del proprio sentimento, il presentimento della

morte dell'amata e l'angoscia per la sua scomparsa; rievocando la ricerca di

conforto nell'amore di una "gentile donna" e l'interiore lotta che ne consegue,

fino al vittorioso prevalere del pensiero di Beatrice e del proposito di dire di lei

"quello che mai non fue detto d'alcuna", Dante pone le basi del futuro primo

nucleo della Commedia. Nello stesso tempo supera i modi e i contenuti dello

stilnovo, elaborando un suo proprio concetto d'amore, non più soltanto frutto di

nobiltà spirituale e fonte di rinnovamento interiore, ma sentimento assoluto

che trova in se stesso la propria ricompensa e apre all'uomo la conoscenza

(analogica) del Divino, tramite la contemplazione della perfezione e della

bellezza dell'amata. Per il carattere particolare che la Vita nuova assume

nell'itinerario umano e poetico di Dante, vi è compresa solo una parte delle

liriche composte nel decennio 1283-93. Nelle altre Rime* (la produzione si

conclude intorno al 1308), a un momento sicilianeggiante e guittoniano,

improntato a un provenzalismo di maniera, succedono le testimonianze

dell'adesione dantesca allo stilnovismo, prima generico e di scuola, poi

scopertamente cavalcantiano, indi aderente ai moduli del grande maestro, il

Guinizzelli. Di altri stimoli è esempio la "tenzone" con Forese Donati (ca. 1293-

96), realistica nelle forme e pungente nel contenuto: essa, cadute le ipotesi di

apocrifità, rimane come prova di genere e di linguaggio, notevole in sé e per la

futura utilizzazione nella Commedia. Le contemporanee canzoni allegoriche e

dottrinali (tra cui le tre poi commentate nel Convivio), pur movendo ancora

dalla tematica stilnovistica e guinizzelliana (con ascendenze guittoniane),

mostrano un nuovo Dante, fatto poeta di virtù e di scienza, mentre nelle rime

ricche ed equivoche delle "petrose" (modellate, con evidenti prestiti tecnici e

tematici, sul trobar clus del provenzale Arnault Daniel) un'alta ricerca d'arte e

di stile innesca il tema di una bruciante passione non corrisposta. Alle canzoni

allegoriche e dottrinali si riallacciano molte delle composizioni dell'esilio (tra cui

la canzone sulla giustizia Tre donne), testimoni d'un pieno possesso dello stile e

di vigoroso impegno morale e civile. Ma non scompaiono del tutto gli antichi

temi: riprende la corrispondenza poetica con Cino da Pistoia (già precedente

all'esilio), ritorna, con la canzone "montanina", la rappresentazione dell'amore

dispotico in toni stilnovistici; quest'ultimo esperimento chiude (se si trascurano

numerose Rime di dubbia attribuzione) il ciclo lirico dell'Alighieri, fondamentale

non solo per la comprensione della personalità dell'autore (teso a sperimentare

e a svolgere originalmente le forme e i contenuti poetici più diversi), ma anche

per il futuro svolgimento della lirica italiana.

Vita Nova

“Vita Nova” letteralmente significa “vita rinnovata dall’amore. E’ il primo

esempio di romanzo autobiografico d’amore scritto in volgare. Fu composta nel

1293-1294 ed è la prima e unica opera non composta in esilio.

Strutturalmente è un prosimetro, cioè composto da parti in prosa e parti in

versi. Le parti in prosa si dividono in parti narrative e parti esegetiche: le parti

narrative spiegano come è nato il componimento, mentre quelle esegetiche, la

sua struttura.

E’composto da 42 capitoli, in cui si articolano 31 testi poetici, 25 sonetti, 5

canzoni e 1 ballata. Lo stile dominate è quello elegiaco.

La Vita Nova è un componimento interamente dedicato a Beatrice. Beatrice è

la musa di Dante, rappresentata come una creatura angelica e lodata secondo

tutti i criteri stilnovistici.

Si narra l’amore di Dante verso costei, riportando tutte le tipologie

stilnovistiche, ovvero a)amore per lode disinteressata, b)amore provato solo da

cor gentile, c) trinomio saluto-salute-salvezza.

La morte di Beatrice rappresenta il compimento dell’amore di Dante che si

perfeziona e la stessa diventa l’anello di congiunzione fra Dio e l’uomo. Quindi

Beatrice si incarna nella figura di donna-angelo e l’amore di Dante verso

Beatrice diventa l’amore che L’uomo prova verso Dio.

Dante conclude la Vita Nova dicendo che non avrebbe mai più parlato di

Beatrice finchè non fosse riuscito a dire qualcosa che nessun uomo avesse mai

detto alla propria donna, cosi anticipa l’incontro di Beatrice e Dante nel

Paradiso e il loro viaggio attraverso il regno dei Cieli.

Convivio

“Convivio” , letteralmente, significa “banchetto”. E’ il primo esempio di prosa

saggistica scritta in volgare. Dante voleva scrivere 15 libri ma non ci riuscì

anche perché era troppo impegnato nella stesura della Divina Commedia.

Dante vuole allestire un banchetto in cui vuole spezzare, metaforicamente, il

pane della conoscenza anche agli esclusi. Egli intende mettersi a capo di una

classe sociale i cui componenti avessero in comune la nobiltà d’animo e un

amore disinteressato per la cultura, cioè dalla cultura non traggono nessun tipo

di guadagno e ricchezza.

Il convivio tratta del volgare ma anche di temi filosofici ect…

Inoltre tratta dei 4 sensi secondo i quali devono essere interpretate le scritture:

1. SENSO LETTERALE, cioè il senso alla lettera;

2. SENSO MORALE, cioè il principio morale;

3. SENSO ALLEGORICO cioè il significato nascosto. L’allegoria si divide in

allegoria dei poeti e in quella dei teologici. Nell’analisi di miti, fiabe, racconti i

poeti non tengono conto di fatti realmente accaduti a differenza dei teologici;

4. SENSO ANAGOGICO cioè un senso che va oltre quello morale e prefigura

l’aldilà;

De Vulgari Eloquentia

Trattato linguistico, di stilistica e critica letteraria iniziato nel 1304, ma

interrotto nel 1305.

E’ un elogio in latino del volgare e Dante nell’opera continua a riferirsi a quella

classe sociale che trae guadagno dalla cultura, gia interpellata nel Convivio.

Dante è alla ricerca del volgare letterario, ovvero un volgare che avesse

quattro caratteristiche principali:

1. ILLUSTRE, cioè chi parla deve dare lustro al volgare e il volgare da

importanza a chi lo parla.

2. AULICO cioè elevato, di stile.

3. CURIALE cioè, se in Italia ci fosse una Curia Papale, esso deve essere parlato

lì, comunque in luoghi formali.

4. CARDINALE cioè deve rappresentare il cardine attorno al quale girano gli altri

volgari.

Comincia la sua ricerca dalla Torre di Babele, da cui si dice tutti i linguaggi si

diversificarono. Analizza tre lingue: il Greco, il Germanico e una lingua

diversificata in lingua d’Oc, d’Oil e lingua volgare del Sì. Prende in

considerazione l’ultima lingua e specialmente quella volgare del Sì. La divide in

14 dialetti, anche perché non si può parlare di volgari, perchè in Italia non c’è

una lingua ufficiale. Ritrova un volgare quanto più letterario in quello della lirica

siculo-toscana e in quello dello Stil Novo.

Dante inoltre indica i tre temi fondamentali della letteratura provenzale

italiana:

-amore (provenzale Arnaldo D’Agnello, italiana Cino da Pistoia)

-rettitudine (provenzale Gerard De Bornel, italiana Dante)

-prodezza d’arme (provenzale Bertrant De Bou)

E i tre stili:

-tragico: CANZONE

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