Concetti Chiave
- Il De Vulgari Eloquentia è un trattato incompiuto di Dante Alighieri, scritto in prosa latina, che analizza la lingua volgare da usare nelle opere letterarie.
- Dante intendeva rivolgersi a un pubblico di specialisti non solo italiani, motivo per cui scelse il latino anziché il volgare per questo trattato.
- Il primo libro esplora la creazione di un volgare "illustre" che potesse assorbire i migliori elementi dei vari dialetti italiani, escludendo però alcuni come il romanesco, l'umbro e il piceno.
- Nel secondo libro, Dante discute l'uso dello stile tragico per temi elevati come armi, amore e virtù morale, prediligendo la canzone come forma metrica più adatta.
- Il trattato si interrompe bruscamente nel secondo libro, lasciando incompiuto il progetto originale che avrebbe dovuto includere almeno quattro libri.
Il De Vulgari Eloquentia è un trattato in prosa latina di argomento linguistico-retorico, dedicato alla definizione della lingua volgare da usare nelle opere letterarie: la datazione dell'opera è incerta, ma è probabile che Dante l'abbia scritta nei primi tempi dell'esilio parallelamente alla composizione del Convivio, forse nel 1302-1305. Il trattato è incompiuto e si interrompe al cap. XIV del II libro, lasciando addirittura una frase a metà. Non conosciamo il progetto originale dell'opera, ma essa doveva prevedere almeno quattro libri, poiché in II, 4 Dante accenna alla forma metrica della ballata e del sonetto promettendo di parlarne nel IV libro. Il titolo significa letteralmente «Sull'eloquenza volgare» e la scelta del latino si spiega con il proposito da parte dell'autore di rivolgersi a un pubblico di specialisti, non necessariamente italiano, diverso quindi da quello cui si rivolgeva nello stesso periodo col Convivio. Il testo è stato tramandato da un numero assai esiguo di manoscritti (appena tre), il che ha fatto sorgere dubbi sulla paternità dantesca dell'opera, soprattutto per alcune affermazioni poi smentite dalle successive scelte linguistiche e stilistiche dell'autore. Già nel Convivio, comunque, Dante dichiara (I, 5) di avere in progetto «uno libello...di volgare eloquenza», mentre oggi gli studiosi sono pressoché concordi nel riconoscere l'autenticità del trattato.
Contenuto e struttura dell'opera
Il primo libro parla del problema del volgare “illustre”, ovvero la formazione di un linguaggio tale da trattare, con il più alto livello di stile, in modo puro e bello a sentirsi argomenti elevati e importanti.Per Dante, quindi, doveva essere “cardinale” perché tutti i volgari avrebbero potuto ruotare intorno ad esso “aulico” perché si sarebbe potuto parlare in una reggia e “curiale” perché potrebbe rispondere a quell’esigenza e dignità che si possono trovare nelle corti solamente. Mancando, però, il potere monarchico si parla di Membra, rappresentate da uomini sparsi nelle vari città italiane.
Analisi dei dialetti e stile tragico
Dante, quindi, analizza tutti i dialetti dei comuni trovando in ognuno un elemento comune e così riuscì a formare quel volgare illustre che tanto cercava. Esclude, però, il romanesco poiché rozzo, l’umbro e il piceno.
Nel secondo libro si parla dello stile tragico usato per argomenti quali: le armi, l’amore, la virtù morale.
La forma metrica più degna per questo volgare è quella più nobile e risalente a una lunga tradizione, ovvero la canzone: questa va costruita in base a regole rigorose, facendo ricorso allo stile tragico e al verso più splendido, vale a dire l'endecasillabo (eventualmente alternato al settenario). Anche il lessico deve essere elevato ed evitare cadute nel registro più umile, mantenendosi a un livello sublime. Dopo alcune osservazioni circa le parti costitutive della canzone il libro si interrompe bruscamente a metà del cap. XIV.
Domande da interrogazione
- Qual è l'obiettivo principale del trattato "De Vulgari Eloquentia"?
- Perché Dante ha scelto di scrivere il trattato in latino?
- Quali dialetti esclude Dante nella sua analisi e perché?
- Qual è la forma metrica più degna per il volgare secondo Dante?
L'obiettivo principale del trattato è definire la lingua volgare da usare nelle opere letterarie, cercando di formare un linguaggio "illustre" per trattare argomenti elevati con il più alto livello di stile.
Dante ha scelto il latino per rivolgersi a un pubblico di specialisti, non necessariamente italiano, diverso da quello cui si rivolgeva con il Convivio.
Dante esclude il romanesco perché rozzo, l’umbro e il piceno, poiché non rispondono ai criteri del volgare "illustre" che cercava di definire.
La forma metrica più degna è la canzone, costruita secondo regole rigorose, utilizzando lo stile tragico e l'endecasillabo, mantenendo un lessico elevato.