Concetti Chiave
- L'opera di Dante, scritta tra il 1310 e il 1313, è divisa in tre libri e discute la necessità della monarchia universale.
- Dante sostiene che l'imperatore, esente da cupidigia, è necessario per evitare contese e guerre, mantenendo l'ordine gerarchico.
- L'assenza di riferimenti al conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo Il Bello evidenzia una visione idealistica dell'impero da parte di Dante.
- Dante ritiene che l'imperatore riceva il potere direttamente da Dio, ma riconosce l'importanza della Chiesa nel trasmettere la parola di Dio.
- La coesistenza dei poteri spirituali e temporali è essenziale per raggiungere felicità e pace, evitando la tirannia di un unico impero universale.
Indice
L'opera e il contesto storico
L'opera, scritta tra il 1310 e il 1313, mentre Dante era ospite in diverse corti, soprattutto a Venezia e Ravenna, è divisa in tre libri.
La necessità della monarchia universale
Il primo libro argomenta la necessità della monarchia universale. Ciò che allontana l'uomo dall'impiegare il libero arbitrio in direzione moralmente corretta è la cupidigia dei beni materiali, che provoca contese e guerre. L'imperatore sarebbe esente da cupidigia, in quanto possessore di tutto. La necessità dell'impero è provata anche dal bisogno umano di un ordine gerarchico, con un'unica guida: dimostrazione è la nascita di Cristo, avvenuta durante l'impero di Augusto.
Da notare però che Dante non fa riferimento al conflitto tra Bonifacio VIII e il re Filippo Il Bello. All'origine del conflitto era l'aumento dell'imposta reale sui benefici ecclesiastici in Francia; l'atto fu riprovato dal Papa in quanto deciso senza la sua approvazione; d'altra parte, Filippo rifiutò di sottomettersi. Il conflitto ebbe come effetto la decadenza della giurisdizione internazionale del papato. Dante inoltre non fa cenno all'autonomia da tempo acquisita dal re di Francia rispetto all'autonomia imperiale. Questo evento segnò in modo irreversibile il tramonto dell'Impero, cosa che di certo non si concilia con il pensiero di Dante.
Conflitto tra potere temporale e spirituale
Dante pensa che l'imperatore non derivi il suo potere dal Papa, per il fatto che è direttamente sottomesso a Dio. In realtà però attraverso il Papa si riesce a migliorare la trasmissione dell'opera compiuta da Dio. Dante dunque non ha ragione. La Chiesa è il mezzo attraverso cui può arrivare ai fedeli la parola di Dio. E' necessario che siano presenti entrambi i poteri ( "le due spade" ) : quello spirituale e quello temporale. Solo in questo modo si può giungere alla felicità terrena e alla pace. Al contrario infatti, se esistesse solo un impero universale, non si sarebbe in grado di reggere e di governare tutte quelle cose che concorrono alla pace e alla felicità. L'imperatore, proprio perché possessore di tutto, arriverebbe ad esercitare quasi una forma di tirannide, che porterebbe allo sfasciamento del regno, e dell'umanità.
Domande da interrogazione
- Qual è l'argomento principale del primo libro dell'opera di Dante?
- Come vede Dante il rapporto tra potere temporale e spirituale?
- Perché Dante non menziona il conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo Il Bello?
Il primo libro argomenta la necessità della monarchia universale, sostenendo che un imperatore esente da cupidigia potrebbe garantire ordine e pace, in quanto possessore di tutto.
Dante ritiene che l'imperatore non derivi il suo potere dal Papa, ma sia direttamente sottomesso a Dio, sebbene riconosca l'importanza della Chiesa come mezzo per trasmettere la parola di Dio ai fedeli.
Dante non fa riferimento a questo conflitto perché non si concilia con il suo pensiero sull'importanza dell'impero, nonostante il conflitto abbia segnato la decadenza della giurisdizione internazionale del papato e l'autonomia del re di Francia.