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Indice di Simpson
La biodiversità rappresenta la chiave della stabilità degli ecosistemi, per questo è importante poterne dare una stima. La ricchezza di specie intesa come numero di specie presenti in un habitat può essere un indice di biodiversità, ma non ci dà una stima dell’abbondanza di individui di ogni specie. Ne risulta che un habitat con 6 specie ognuna rappresentata da 10 individui potrebbe apparire più ricco in biodiversità di un habitat con 5 specie ciascuna con 100 individui. Per questo motivo si preferisce usare un altro genere di indici, gli indici di diversità. Esistono vari indici di diversità calcolabili attraverso differenti formule matematiche. Tutti però tengono conto sia del numero di specie presenti sia dell’abbondanza. Anche se non esiste un accordo generale su quale sia l’indice più efficace, uno dei più utilizzati in ecologia è l’indice di diversità di Simpson (D). L’indice di Simpson può essere messo in relazione a vari parametri, quali il tasso di inquinamento, per stabilire l’effetto di tali parametri sulla biodiversità di un ecosistema. La formula utilizzata per calcolare l’indice di Simpson è la seguente:

dove N indica il numero totale di individui di tutte le specie, n è il numero totale di individui di una certa specie e ∑ indica la sommatoria dei termini che seguono.
Un punto debole dell’indice di Simpson è che non tiene conto delle differenze tra le specie in termini di taglia: un elefante conta quanto un batterio. Inoltre non è sempre efficacemente applicabile alle piante e a tutti gli organismi per i quali non è facile stabilire il limite tra un individuo e l’altro. Altri indici di biodiversità tengono conto della biomassa e non dipendono dall’identificazione del singolo individuo.