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Concetti Chiave

  • La sindrome iperosmolare non chetosica è una grave complicanza del diabete di tipo II, caratterizzata da iperglicemia estrema, assenza di chetoacidosi e iperosmolarità plasmatica.
  • È più comune nei pazienti anziani con ridotto accesso ai liquidi e può essere scatenata da malattie acute o farmaci specifici.
  • Il meccanismo patogenetico coinvolge un deficit relativo di insulina e un aumento degli ormoni controinsulari, provocando iperglicemia significativa senza iperchetonemia.
  • I sintomi principali includono disidratazione severa e compromissione della funzione renale, che possono portare a prognosi infausta.
  • La gestione terapeutica richiede una riduzione graduale dell'iperglicemia e dell'ipersodiemia, tenendo conto dei fattori predisponenti e delle condizioni del paziente.

Indice

  1. Complicanze del diabete di tipo II
  2. Fattori predisponenti e patogenesi
  3. Conseguenze e prognosi

Complicanze del diabete di tipo II

È la complicanza più temuta nel T2DM. Ha un’incidenza inferiore rispetto alla chetoacidosi diabetica ma, considerando che il T2DM ha un ordine di grandezza superiore al T1DM, in termini di casi, l’impatto è maggiore.
La sindrome iperosmolare non chetosica nel diabete di tipo II viene definita come un grave scompenso metabolico con:

Iperglicemia (>600mg/dl): sono valori di glicemia incredibilmente alti.

• Mancanza di chetoacidosi: non ci sono corpi chetonici (delle volte può esserci uno stick sulle urine debolmente positivo, ma tipicamente non c’è chetonemia aumentata considerevolmente)  non c’è riduzione del bicarbonato (HCO3 ≥ 15mmol/L), non c’è modificazione del pH (≥ 7,3)

• Aumento di Na (>150 mEq/L)

Iperosmolarità plasmatica (>320 mosm/L) NB: il prof dice che bisogna essere in grado di calcolare la formula dell’osmolarità plasmatica (qui riportata a destra)

Disidratazione fortemente presente: spesso sono anziani che bevono poco.

Uremia pre-renale: perché si riduce il flusso renale e quindi l’organo va in sofferenza;

NB: Questi valori sono indicativi: può capitare il paziente con 149mEq/L di sodiemia e sindrome iperosmolare non chetosica, così come quello con osmolarità di 325mOsm/L e sindrome iperosmolare non chetosica.

Fattori predisponenti e patogenesi

Sul piano terapeutico il livello di ipeglicemia e di ipersodiemia devono scendere per gradi. I fattori predisponenti sono:

Età avanzata (soggetto vulnerabile, magari con accesso ridotto ai liquidi),

• Qualsiasi tipo di malattia acuta (infezioni, accidenti vascolari, pancreatite acuta, ileo meccanico, insufficienza renale, colpo di calore, ipotermia, ustioni, acromegalia, tireotossicosi, Cushing)

Farmaci/terapie (calcio-antagonisti, diuretici, antiaritmici, triciclici, beta-bloccanti, dialisi peritoneale, TPN), la perdita urinaria di liquidi esaspera il concetto della glicosuria e della perdita di liquidi di natura osmotica.

Diabete mellito non diagnosticato: a volte sono pazienti con un diabete non diagnosticato precedentemente che ha poi portato all’insorgenza della sindrome iperosmolare non chetosica, motivo del ricovero. In questi ultimi casi la glicemia era già alterata per la presenza del diabete ma in maniera più leggera e lenta, per poi sfociare in un peggioramento molto rapido a causa dell’evento precipitante

La patogenesi è legata a:

• deficit relativo di insulina (non totale assenza): i bassi valori di insulina causano un ridotto utilizzo di glucosio e un aumento della produzione epatica di glucosio.

• aumento importante degli ormoni controinsulari: a causa di un evento intercorrente che può essere un’emorragia, nausea, vomito o polmonite. L’aumento di essi induce un aumento della lipolisi (ma non ai livelli della chetoacidosi), un aumento della proteolisi, un aumento dei substrati neoglucogenetici.

In sintesi, si avranno gluconeogenesi e glicogenolisi, entrambe derivanti da carenza di insulina e aumento di ormoni controinsulari.

Conseguenze e prognosi

Il deficit di insulina non è abbastanza rilevante né per indurre lipolisi agli stessi livelli della chetoacidosi né da non riuscire a bloccare la chetogenesi. Per cui c’è iperglicemia importante, ma non iperchetonemia.

Tale iperglicemia porta a:

• glicosuria e diuresi osmotica imponenti, vista l’alta glicemia

• molta perdita di liquidi (urine, tubo digerente, sudorazione, perspiratio insensibilis, emorragia, febbre) e di elettroliti

disidratazione

Questo porta a iperosmolarità, che peggiora sempre di più a causa della sempre maggiore perdita urinaria, inoltre si avrà deficit della funzione renale (con oliguria e anuria).

Il soggetto è spesso anziano, fortemente disidrato, torpido o in stato comatoso e la prognosi è spesso infausta per le comorbilità e la vulnerabilità. È molto più facile perdere un paziente con sindrome iperosmolare non chetosica rispetto ad un paziente affetto da chetoacidosi diabetica, proprio a causa della sua vulnerabilità.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la complicanza più temuta nel diabete di tipo II?
  2. La sindrome iperosmolare non chetosica è la complicanza più temuta nel diabete di tipo II, nonostante abbia un'incidenza inferiore rispetto alla chetoacidosi diabetica.

  3. Quali sono le caratteristiche principali della sindrome iperosmolare non chetosica?
  4. Le caratteristiche principali includono iperglicemia, mancanza di chetoacidosi, aumento di sodio, iperosmolarità plasmatica, disidratazione e uremia pre-renale.

  5. Quali sono i fattori predisponenti per la sindrome iperosmolare non chetosica?
  6. I fattori predisponenti includono età avanzata, malattie acute, farmaci/terapie e diabete mellito non diagnosticato.

  7. Come si sviluppa la sindrome iperosmolare non chetosica a livello patogenetico?
  8. Si sviluppa a causa di un deficit relativo di insulina e un aumento degli ormoni controinsulari, portando a gluconeogenesi, glicogenolisi, iperglicemia e perdita di liquidi.

  9. Perché la prognosi della sindrome iperosmolare non chetosica è spesso infausta?
  10. La prognosi è spesso infausta a causa della vulnerabilità del paziente, che è spesso anziano e disidratato, e delle comorbilità associate.

Domande e risposte