Concetti Chiave
- La saturazione venosa centrale è definita mista perché proviene dalla fusione del sangue delle vene cave superiore e inferiore, rappresentando il ritorno venoso dell'intero organismo.
- La differenza nella saturazione venosa centrale influisce sui valori di P/F, che possono variare anche se le condizioni polmonari dei pazienti sono simili.
- In pazienti con metabolismo anaerobico, l'estrazione di ossigeno è bassa, il che può portare a una falsa impressione di buona salute osservando solo il P/F.
- Nell'embolia polmonare, contrariamente alla polmonite, non si verifica uno shunt poiché gli alveoli ventilati ma non perfusi non dovrebbero alterare significativamente il P/F.
- Una ventilazione inadeguata può portare a ipossia quando il sangue arriva troppo desaturato per le capacità degli alveoli di risaturarlo, creando un effetto di spazio morto.
Indice
Definizione e normalità della saturazione venosa
La saturazione venosa centrale viene definita mista perché deriva dalla confluenza del sangue proveniente dalle vene cave superiore e inferiore, quindi dal ritorno veno di tutto l’organismo. A livello del capillare polmonare la saturazione del sangue sarà 99%, dopo il passaggio attraverso i tessuti torna al cuore destro sangue venoso desaturato al 70% ScPo2. Questi valori sono la normalità, e il polmone, in base alle sue capacità di scambio, farà tornare la saturazione dal 99%. Se la saturazione del sangue venoso centrale è del 55%, il polmone deve risaturare un sangue più desaturato a parità di scambi gassosi. È palese quindi che a parità di FiO2 questi due pazienti avranno PaO2 diversa, e quindi P/F più basso.
Confronto tra pazienti con diverse PaO2
Valutando la saturazione di ossigeno di un paziente che ha PaO2 di 100mmHg (pz A) e uno che ha PaO2 di 80mmHg (pz B) probabilmente saranno uguali perché al di sopra di una certa quota di PaO2 l’ossigeno disciolto nel sangue non aumenta più perché l’emoglobina è completamente sturata. La differenza è che il paziente che pz A sarà partito da una ScPo2 di 70% mentre quello di pz B da 55%.
Guardando i P/F di questi due pazienti (ponendo FiO2 50%) si può pensare che il polmone del secondo lavori peggio del primo (pz A= 200mmHg e pz B= 160mmHg), ma in realtà i pazienti sono uguali, quello che cambia è quanto desaturato è il sangue che arriva. Quindi, andando ancora più nello specifico, quando si valuta P/F bisogna chiedersi se il cuore sta funzionando sempre allo stesso modo.
Metabolismo anerobio e valutazione del P/F
Esiste anche il problema opposto, ancora meno intuitivo: i pazienti che hanno metabolismo anerobio, perché sono settici e quindi in acidosi, sembrano stare meglio se si guarda solo P/F; questo perché hanno una bassa estrazione di ossigeno; ScPo2 venosa a 70% va bene, ma già ad 85% inizia a preoccupare perché indica un’attività tissutale anerobica5. Il P/F a parità di shunt polmonare del 10% decorre diversamente se la differenza arterovenosa è 6 o 1,5 (oscillazioni dell’estrazione tissutale totalmente possibili in clinica), passando da meno di 300mmHg a più di 500mmHg. Fra le cose che si dicono riguardo l’embolia polmonare c’è che il paziente è ipossico e ipocapnico, ma ci sono moltissimi casi in cui l’emogas è normale. Di norma il P/F nell’embolia polmonare è basso, ma in realtà non dovrebbe essere così perché non si verifica uno shunt (nel senso di una commistione del sangue arterioso con quello venoso).
Differenze tra polmonite ed embolia polmonare
Nel caso di una polmonite si ha un’ostruzione delle vie aeree e il rapporto ventilo-perfusorio decresce perché ci sono degli alveoli perfusi ma non ventilati (perché occlusi). Si avrà quindi uno shunt perché il sangue rimasto venoso si andrà a mescolare con il sangue arterioso ossigenato, e scende la PaO2 media.
Questo non accade nell’embolia polmonare, ma invece il contrario: ci sono alveoli ventilati ma non perfusi. Normalmente questo non dovrebbe dare un’alterazione di P/F perché il sangue viene deviato verso le unità funzionanti e quindi risaturato. Questo avviene entro certi limiti e quando vengono superati si realizza un’ipoventilazione relativa perché arriva sangue troppo desaturato per le capacità dell’alveolo di lavorare. Si realizza quindi un‘ipossia per l’effetto spazio morto.
Domande da interrogazione
- Che cos'è la saturazione venosa centrale e perché è importante?
- Come si differenziano i pazienti A e B in termini di saturazione e P/F?
- Qual è il problema opposto alla desaturazione e come si manifesta?
- Come si comporta il P/F in caso di embolia polmonare rispetto alla polmonite?
- Cosa accade quando si supera il limite di ventilazione negli alveoli?
La saturazione venosa centrale è definita mista perché deriva dalla confluenza del sangue delle vene cave superiore e inferiore, rappresentando il ritorno venoso di tutto l'organismo. È importante perché indica quanto il sangue è desaturato dopo il passaggio attraverso i tessuti, influenzando la capacità del polmone di risaturare il sangue.
Il paziente A parte da una ScPo2 del 70% mentre il paziente B da 55%. Nonostante abbiano PaO2 diverse (100mmHg per A e 80mmHg per B), la saturazione di ossigeno può essere simile. Tuttavia, il P/F di B è più basso (160mmHg) rispetto ad A (200mmHg), indicando una differenza nella desaturazione del sangue che arriva al polmone.
Il problema opposto è il metabolismo anerobio, spesso presente nei pazienti settici in acidosi. Questi pazienti possono sembrare migliori se si guarda solo il P/F, ma una ScPo2 venosa troppo alta (85%) indica un'attività tissutale anerobica, preoccupante perché riflette una bassa estrazione di ossigeno.
Nell'embolia polmonare, il P/F è generalmente basso, ma non dovrebbe esserlo perché non si verifica uno shunt. Al contrario, nella polmonite, si ha uno shunt dovuto all'ostruzione delle vie aeree, con alveoli perfusi ma non ventilati, causando una diminuzione della PaO2 media.
Quando si supera il limite di ventilazione, si verifica un'ipoventilazione relativa perché il sangue arriva troppo desaturato per le capacità dell'alveolo di lavorare, portando a un'ipossia per l'effetto spazio morto.