bertoliadelia
Genius
3 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • I test di prima generazione utilizzavano metodi radio-immunologici poco sensibili e permettevano solo la diagnosi di ipotiroidismo conclamato.
  • I test di seconda generazione miglioravano la sensibilità, ma non erano sufficienti per distinguere tra ipertiroidismo subclinico e conclamato.
  • I test di terza generazione utilizzavano marcature su anticorpi con traccianti chemio luminescenti o fluorescenti, aumentando la sensibilità fino a 0,01 mU/L.
  • I test di quarta generazione raggiungono una sensibilità funzionale di 0,001 mU/L, ma con limitati vantaggi clinici rispetto ai test di terza generazione.
  • Studi di popolazione hanno stabilito cut-off variabili per il limite superiore dell'intervallo di riferimento del TSH, influenzati da fattori come sesso, età e stato di salute.

Indice

  1. Evoluzione dei test di prima generazione
  2. Caratteristiche dei test di seconda generazione
  3. Innovazioni nei test di terza generazione
  4. Avanzamenti nei test di quarta generazione
  5. Studi di popolazione e limiti di riferimento

Evoluzione dei test di prima generazione

● I test di prima generazione (utilizzati fino agli anni 80) misuravano il TSH con metodi radio-immunologici, molto poco sensibili (1 mU/L): consentivano di fare diagnosi solo di ipotiroidismo conclamato (quindi solo per livelli di TSH molto elevati). Non consentivano di dosare il TSH nella popolazione eutiroidea, né di fare diagnosi di ipertiroidismo. Per superare il limite di questo dosaggio, è stato introdotto a metà degli anni ‘80 il test da stimolo di TRH: si somministrava il TRH al paziente, si andava a prelevare un campione di sangue dopo 15 o 20 minuti e si andava a misurare il TSH. Nella popolazione eutiroidea il paziente rispondeva in maniera assolutamente idonea allo stimolo con TRH e produceva TSH in concentrazioni dosabili. Questo aveva permesso di superare la sensibilità di RIA. Questa pratica è stata abbandonata con il subentro dei test IRMA (seconda generazione);

Caratteristiche dei test di seconda generazione

● I test di seconda generazione hanno una sensibilità funzionale di 0,1 e qui si è stabilito il limite inferiore dell’intervallo di riferimento della popolazione eutiroidea, al momento stabile tra 0,3 e 0,4 mU/L. Prevede che gli anticorpi siano marcati con iodio 125. Non sono, però sufficienti per distinguere l’ipertiroidismo subclinico da quello conclamato;

Innovazioni nei test di terza generazione

● Si passa, quindi, ai test di terza generazione, i test sandwich in cui ad essere marcato non è il TSH, ma l’anticorpo. Si usano traccianti chemio luminescenti o fluorescenti, aumentando la sensibilità fino a 0,01 mU/L per riconoscere tutta la popolazione ipertiroidea.

Avanzamenti nei test di quarta generazione

● Oggi esistono test di quarta generazione con sensibilità funzionale di 0,001 mU/L che consentono di arrivare a valori più bassi per definire la gravità dell’ipertiroidismo, anche se dal punto di vista clinico non c’è un grande vantaggio nel passaggio tra i test della terza generazione a quelli della quarta. Come viene stabilito il limite superiore dell’intervallo di riferimento?

Studi di popolazione e limiti di riferimento

Sono stati fatti numerosi studi di popolazione che sono andati a vedere il valore di TSH nel 97.5 percentile in una popolazione selezionata che non presenta storia familiare di disfunzione tiroidea, che non prendano medicine interferenti, che non abbiano anticorpi anti-tiroide, che non abbiano il gozzo. Attraverso questi studi, ci sono cut-off molto diversi per il limite superiore dell’intervallo di riferimento, che varia a seconda di sesso, età, etnia, intake di iodio, stato di gravidanza, abitudini sul fumo. . In questi metodi il segnale luminoso che si registra è direttamente proporzionale alla quantità di TSH presente nel campione biologico.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le principali differenze tra i test di prima e seconda generazione per la misurazione del TSH?
  2. I test di prima generazione utilizzavano metodi radio-immunologici con bassa sensibilità, adatti solo per diagnosticare l'ipotiroidismo conclamato. I test di seconda generazione, invece, hanno una sensibilità funzionale di 0,1 mU/L e utilizzano anticorpi marcati con iodio 125, ma non sono sufficienti per distinguere l'ipertiroidismo subclinico da quello conclamato.

  3. Come hanno migliorato i test di terza generazione la diagnosi dell'ipertiroidismo?
  4. I test di terza generazione utilizzano il metodo sandwich con traccianti chemio luminescenti o fluorescenti, aumentando la sensibilità fino a 0,01 mU/L, permettendo di riconoscere tutta la popolazione ipertiroidea.

  5. Qual è il vantaggio clinico dei test di quarta generazione rispetto a quelli di terza generazione?
  6. I test di quarta generazione hanno una sensibilità funzionale di 0,001 mU/L, consentendo di definire la gravità dell'ipertiroidismo a valori più bassi, anche se dal punto di vista clinico non c'è un grande vantaggio rispetto ai test di terza generazione.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community