Concetti Chiave
- I terremoti o sismi sono vibrazioni del suolo causate dalla liberazione di energia nella litosfera, con il punto di origine chiamato ipocentro e il punto sulla superficie terrestre sovrastante chiamato epicentro.
- I terremoti si classificano in quattro categorie principali: da crollo, da esplosione, vulcanici e tettonici, questi ultimi essendo i più frequenti e violenti.
- La teoria del rimbalzo elastico spiega i terremoti tettonici come il risultato di rocce sottoposte a pressioni prolungate che accumulano energia fino a rompersi, liberando energia sotto forma di onde sismiche.
- Le onde sismiche, che includono onde P, S e L, sono responsabili delle deformazioni dinamiche durante un sisma, con le onde L che provocano i danni maggiori sulla superficie terrestre.
- La prevenzione sismica in Italia si basa sulla valutazione del rischio sismico, che considera fattori come il pericolo sismico, la vulnerabilità e l'esposizione, e sull'elaborazione di piani di evacuazione e soccorso.
I terremoti o sismi sono vibrazioni del suolo, provocate dalla liberazione di energia meccanica all’interno della litosfera. Quando si verifica un terremoto le rocce si frantumano e l’energia viene dissipata in parte sotto forma di calore, in parte sotto forma di onde elastiche, che giunte in superficie, generano le scosse sismiche.
Indice
- Epicentro e ipocentro
- Tipi di terremoti
- Distribuzione geografica dei terremoti
- Teoria del rimbalzo elastico
- Faglie e pieghe
- Onde sismiche
- Registrazione delle onde sismiche
- Determinazione dell'epicentro e ipocentro
- Scale di misurazione dei terremoti
- Previsione e prevenzione sismica
- Sismicità in Italia
Epicentro e ipocentro
Il luogo in profondità in cui viene liberata l’energia è l’ipocentro.
L’epicentro è il punto della superficie terrestre, situato verticalmente sopra l’ipocentro. È anche il punto in cui le scosse sono avvertite con maggiore intensità.
Nell’epicentro il sisma si avverte soprattutto come un movimento verticale (scosse sussultorie), nelle aree circostanti come un movimento orizzontale (scosse ondulatorie). Quando i due tipi di scosse interferiscono, le scosse si dicono scosse rotatorie. Qualunque sia la forza, l’energia di un sisma si dissipa rapidamente a mano a mano che si allontana dall’ ipocentro.
Tipi di terremoti
I terremoti sono molto frequenti, ma la maggior parte di essi è troppo debole per essere avvertita. Le cause che scatenano un sisma possono essere diverse e permettono di classificare i terremoti in 4 categorie:
1. Da crollo= si intendono quei terremoti dovuti al crollo della volta di una grotta o di una miniera. Sono episodi occasionali.
2. Da esplosione= si verificano in seguito a detonazioni di dispositivi chimici o nucleari nel sottosuolo
3. Vulcanici= accompagnano o precedono le eruzioni vulcaniche
4. Tettonici= avvengono quando masse rocciose si fratturano improvvisamente in zone della litosfera sottoposte a forti tensioni. Sono i più frequenti e i più violenti.
Distribuzione geografica dei terremoti
In base alla distribuzione geografica dei terremoti, è possibile identificare regioni particolari della litosfera, dette aree sismiche, dove questi tipi di terremoti si verificano frequentemente.
I terremoti tendono a distribuirsi in fasce sottili e allungate. Le fasce sismiche coincidono o sono disposte parallelamente alle fasce dove si colloca l’attività vulcanica.
Teoria del rimbalzo elastico
La teoria del rimbalzo elastico fu formulata in seguito all’osservazione degli effetti provocati dal terribile terremoto di San Francisco. Secondo la teoria del rimbalzo elastico, i terremoti tettonici si verificano nelle regioni della litosfera dove le rocce in profondità sono sottoposte all’azione di pressioni orientate che agiscono per tempi lunghissimi. Secondo questa teoria, quando un blocco di rocce viene sottoposto a sforzo, inizialmente si comporta in modo elastico, cioè si deforma lentamente. Le rocce accumulano energia e la deformazione subita è proporzionale all’intensità e alla durata della forza applicata. Se la forza continua ad agire e la tensione accumulata supera il limite di elasticità, il blocco roccioso si spacca producendo una faglia, una frattura lungo la quale due blocchi rocciosi si muovono in senso opposto e subiscono spostamenti verticali, orizzontali o obliqui. Nel momento in cui si forma la faglia, le rocce slittano lungo i margini della frattura e liberano l’energia sotto forma di calore o intense e rapide vibrazioni. Il punto di rottura diventa quindi l’ipocentro del terremoto. L’energia accumulata si libera, in genere, con una forte scossa principale che talvolta può essere preceduta da una serie di scosse premonitrici. Molto spesso la scossa principale è seguita da una serie di scosse successive dette repliche. In altri casi, invece, si realizza uno sciame sismico costituito da una serie di scosse di intensità simile. La teoria del rimbalzo elastico non spiega adeguatamente tutti i fenomeni sismici.
Faglie e pieghe
La superficie lungo la quale è avvenuto il dislocamento degli strati è detto piano di faglia e le due parti dislocate sono chiamate labbri. Lo spostamento relativo degli strati è detto rigetto e viene misurato lungo il piano di faglia. A seconda della posizione, il piano di faglia può essere verticale, orizzontale o inclinato.
1. Se il piano è verticale, si parla di faglie trascorrenti
2. Se il piano è inclinato, prende il nome di tetto, mentre quello che giace sotto il piano si chiama letto. In questi casi si parla di faglia diretta, se gli strati del tetto risultano dislocati a un livello inferiore rispetto al letto, e faglia inversa.
Le faglie dirette sono tipiche delle zone in cui la litosfera viene sottoposta a “stiramento”, perciò vengono chiamate faglie di distensione.
In una piega completa possiamo distinguere:
1. Il piano assiale, cioè la superficie che unisce i punti di massima curvatura dei singoli strati
2. L’asse, cioè la linea di intersezione tra il piano assiale e gli strati
3. I fianchi cioè i due versanti della piega.
Una piega si dice anticlinale quando la convessità è rivolta verso l’alto. Si dice sinclinale quando la convessità è rivolta verso il basso. In relazione all’inclinazione del piano assiale si possono distinguere: pieghe diritte e pieghe inclinate, pieghe rovesciate e pieghe coricate.
Finché la faglia resta attiva essa può generare nuovi eventi sismici. Quando viene superato il limite di elasticità delle rocce, si verificheranno una nuova rottura e un nuovo terremoto. I blocchi rocciosi lungo la faglia si muovono a scatti. Un esempio di faglia attiva è la faglia di San Andreas.
Onde sismiche
L’energia liberata dal sistema provoca due tipi di effetti:
1. Deformazioni statiche e permanenti
2. Deformazioni dinamiche, cioè onde elastiche
Le onde elastiche generate dai terremoti sono dette onde sismiche e provocano una deformazione dinamica.
La vibrazione si propaga perché le particelle che compongono le rocce trasmettono alle particelle vicine l’impulso ricevuto. Esistono tre tipi di onde sismiche: P, S e L.
1. Le onde P sono le onde primarie e sono le più veloci. Sono chiare anche onde di compressione o onde longitudinali, perché deformano i materiali nello stesso senso della loro propagazione. Le onde P si propagano nei solidi, liquidi e nei gas, ma la loro velocità varia in relazione allo stato fisico. Inoltre, modificano bruscamente la loro direzione quando all’interno della Terra incontrano una superficie di discontinuità.
2. Le onde S sono onde secondarie e sono onde di volume. Esse scuotono i materiali in senso trasversale e producono in essi una variazione della forma, ma non di volume. Per queste caratteristiche sono dette onde di distorsione o onde trasversali. Le onde S si propagano solo nei solidi e non nei fluidi. Anche la velocità delle onde S cambia a seconda delle caratteristiche fisiche e della composizione dei blocchi rocciosi.
3. Le onde L sono onde superficiali e si propagano soltanto lungo particolari superfici. Vengono generate quando le onde P e le onde S incontra una superficie di discontinuità e si muovono dal punto di origine. Le onde L si generano sempre quando le onde P e S raggiungono la superficie terrestre, dove provocano oscillazioni di varia forma. Le onde L in poche ore possono fare il giro della Terra e sono quelle che provocano maggiori danni.
Registrazione delle onde sismiche
La registrazione delle onde sismiche viene effettuata con degli strumenti detti sismografi. Per analizzare in modo completo l’andamento delle onde sismiche, in ogni stazione di rilevamento sono contemporaneamente in funzione almeno tre sismografi. Il tracciato che registra le onde sismiche rilevate con un sismografo è detto sismogramma.
Le prime ad essere registrate sono le onde P, seguono le onde S meno veloci ed infine le onde L, ancora più lente. I sismogrammi registrati nelle zone vicine all’epicentro sono spesso confusi, perché le oscillazioni sono molto ampie e tutte le onde arrivano quasi contemporaneamente e lasciano tracce che quasi si sovrappongono. Con l’aumentare della distanza dall'epicentro, intervengono nuove complicazioni, poiché vengono registrate anche le onde che hanno attraversato gli strati profondi della crosta subendo deviazioni e le oscillazioni si smorzano. Una lettura corretta dei sismogrammi è importante perché permette di stabilire la posizione dell’epicentro, la profondità dell’ipocentro e la potenza del terremoto. I sismogrammi possono essere utilizzati anche per stabilire la posizione dell’epicentro.
Determinazione dell'epicentro e ipocentro
Ogni situazione dispone di un diagramma spazio-tempo nel quale sono riportate le curve dei tempi di propagazione. Per determinare la posizione dell’epicentro è necessario confrontare i dati provenienti da almeno tre stazioni sismografiche. Per determinare la posizione dell'ipocentro è necessario disporre di un numero maggiore di sismogrammi relativi allo stesso sisma. In base alla profondità dell'ipocentro si distinguono:
1. Terremoti superficiali
2. Terremoti intermedi
3. Terremoti profondi
Scale di misurazione dei terremoti
La forza di un terremoto può essere rilevata con due metodi diversi. La scala delle intensità più adottata è la scala MCS (Mercalli, Cancani, Sieberg), che utilizza un metodo di valutazione messo a punto da Mercalli. La scala assegna a ogni sisma un valore numerico, detto grado di intensità, determinato in base agli effetti delle scosse sismiche sul territorio e al grado di distruzione che esse provocano nella regione in cui il sistema viene rilevato. La raccolta delle informazioni viene effettuata utilizzando quattro tipi di “indicatori”: lesioni a costruzioni, danni a persone e animali, modifiche di elementi dell’ambiente naturale ed effetti sugli oggetti.
Dopo aver riportato su una carta geografica i valori dell'intensità, se si congiungono tutti i punti in cui il sisma, il terremoto, ha avuto la stessa intensità, si ottiene una serie di linee curve chiuse chiamate isosisme. Le isosisme sono quasi sempre linee irregolari.
La scala dell’intensità presenta alcuni limiti dal punto di vista scientifico. L’intensità non è una misura dell’energia ma una descrizione dei danni che provoca.
Per misurare in modo più rigoroso la forza di un terremoto, gli scienziati utilizzano la scala delle magnitudo: tanto è maggiore l’energia liberata da un sisma, tanto più ampie sono le oscillazioni registrate dal sismografo. Si può quindi utilizzare come elemento di valutazione della forza di un terremoto l’ampiezza delle onde sismiche. La prima scala delle magnitudo è stata introdotta da Richter. Secondo la scala Richter, la magnitudo di un terremoto si ottiene confrontando l’ampiezza massima delle oscillazioni registrate in una stazione di rilevamento conquista quella delle oscillazioni di un sismogramma di riferimento.
La magnitudo è un numero e il suo valore non dipende dalla distanza dell’epicentro della stazione di rilevamento. La scala delle magnitudo non ha un valore massimo predefinito. La magnitudo di un terremoto dipende principalmente dall’energia liberata nell’ ipocentro, sotto forma di onde sismiche. Inoltre, la magnitudo non è strettamente correlata all’intensità di un sisma.
Previsione e prevenzione sismica
Si può effettuare una previsione probabilistica, calcolando il pericolo sismico. Per valutare la pericolosità sismica si rilevano i terremoti avvenuti in passato, catalogando in base all’intensità e alla magnitudo. Sulla base delle informazioni raccolte, si elaborano carte della pericolosità sismica, utili per elaborare piani di prevenzione. Si può tentare anche una previsione deterministica. Si misurano i movimenti dei vari segmenti di una faglia. Per una previsione deterministica si possono anche valutare segnali premonitori (come variazioni di volume, formazione delle microfratture nelle rocce…).
Il primo passo nella prevenzione sismica consiste nel definire il rischio sismico, considerando tre fattori:
1. Il pericolo sismico
2. La vulnerabilità= la vulnerabilità sismica è una valutazione della predisposizione da parte di persone, edifici o attività a subire danni o modifiche.
3. L’esposizione= l’esposizione sismica viene definita in base alla distribuzione e al valore de bei e delle attività presenti sul territorio.
Un secondo aspetto per la prevenzione consiste nell’elaborazione di piani di evacuazione e soccorso.
Sismicità in Italia
L’Italia è situata in un’area geologicamente attiva che attraversa il Mediterraneo. Tale zona è particolarmente instabile, come è testimoniato dall’intensa attività vulcanica e sismica. In questa zona vi sono moltissime faglie. I terremoti segnalati in Italia risultano almeno un migliaio. Certamente la sismicità della nostra penisola non è paragonabile a quella dell’area circumpacifica, ma sicuramente si tratta di una delle regioni più tormentate del pianeta.
Si può dire che nella maggior parte dei casi si tratta di terremoti con ipocentro poco profondo: quasi tutti i sismi hanno avuto origine all’interno della crosta. Inoltre, il pericolo sismico in Italia varia da regione a regione.
Domande da interrogazione
- Quali sono le cause principali dei terremoti?
- Come si distribuiscono geograficamente i terremoti tettonici?
- Cosa descrive la teoria del rimbalzo elastico?
- Quali strumenti vengono utilizzati per registrare le onde sismiche?
- Qual è la situazione del rischio sismico in Italia?
I terremoti possono essere causati da crolli, esplosioni, attività vulcanica e fratture tettoniche, con i terremoti tettonici essendo i più frequenti e violenti.
I terremoti tettonici si distribuiscono in fasce sottili e allungate, spesso coincidenti o parallele alle aree di attività vulcanica.
La teoria del rimbalzo elastico spiega che i terremoti tettonici avvengono quando le rocce, sottoposte a pressioni prolungate, si deformano elasticamente fino a rompersi, liberando energia.
Le onde sismiche vengono registrate con sismografi, e i tracciati risultanti sono chiamati sismogrammi, che aiutano a determinare l'epicentro e la magnitudo del terremoto.
L'Italia è in un'area geologicamente attiva con frequenti terremoti, soprattutto con ipocentri poco profondi, e il rischio sismico varia significativamente tra le diverse regioni.