Parafrasi de La sentenza del Sant’Uffizio
Rr. 1-10 - Dal momento che tu, Galileo, figlio del defunto Vincenzo Galilei, fiorentino, dell’età di settant’anni, fosti [già] denunciato nel 1615 presso questo Sant’Uffizio con l’accusa di ritenere vera (che tenevi come vera) la falsa dottrina, insegnata da taluni, secondo la quale il Sole è il centro dell’universo ed è immobile, mentre la Terra compie anche [anco] un proprio moto diurno; [con l’accusa che] avevi discepoli ai quali insegnavi questa dottrina; […] [con l’accusa che] alle obiezioni, mosse a partire dalla Sacra Scrittura, che ti venivano talvolta fatte rispondevi commentando (glosando) la stessa Scrittura in modo conforme alla tua posizione; e successivamente fu presentata la copia di uno scritto in forma di lettera, verosimilmente inviata da te a un uomo che era stato tuo discepolo, nella quale, seguendo la teoria di Copernico, sono contenute diverse affermazioni (proposizioni) contrarie al vero significato e all’autorità della Sacra Scrittura. rr. 11-16 Ma poiché si voleva mostrare benevolenza (benignità) nei tuoi confronti, fu deciso nella Sacra Congregazione del 25 febbraio 1616 che l’eminentissimo cardinale Bellarmino ti ordinasse di abbandonare del tutto (omninamente) la suddetta falsa dottrina […], e di non insegnarla ad altri né di difenderla né di parlarne, e [fu deciso] che, se tu non ti fossi adeguato a questi precetti, saresti dovuto essere imprigionato; [...] e avendo tu promesso di ubbidire, fosti lasciato libero (licenziato).Rr. 17-25 - Ma dal momento che di recente (ultimamente) è apparso un libro, stampato a Firenze l’anno scorso (l’anno prossimo passato), il cui frontespizio dimostrava che ne eri tu l’autore, essendo intitolato Dialogo di Galileo Galilei dei due Massimi Sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano; [...] il suddetto libro è stato analizzato con cura e si è individuata in esso una chiara trasgressione al comando che ti era stato dato [...], anche se (avvenga che) nel suddetto libro tu ti sforzi (studii), con diversi espedienti, di far credere che [quella dottrina] è solo un’ipotesi probabile, il che è comunque un errore gravissimo, non potendo in nessun modo essere probabile un’opinione [già] dichiarata e stabilita (definita) contrastante con la Sacra Scrittura. rr. 26-33 Affermiamo, pronunciamo, decidiamo e dichiariamo che tu, il suddetto Galileo, per le cose emerse nel processo e [per le cose] da te confessate, come si è detto, ti sei attirato il forte sospetto da parte di questo Santo Uffizio di essere eretico, […] e che di conseguenza sei incorso in tutti i provvedimenti e nelle pene previste dalla legge canonica (sacri canoni) [...]. Da queste noi siamo felici di assolverti, a patto che tu prima, con cuore sincero e con fede autentica, davanti a noi abiuri, maledica e respinga (detesti) i suddetti errori ed eresie, e qualunque altro errore o eresia contraria alla Chiesa Cattolica e Apostolica, nel modo e nella forma che ti indicheremo.
L’imputazione, la motivazione, la condanna
La sentenza, letta il 22 giugno 1633 dai giudici ecclesiastici, cita anzitutto il capo d’imputazione: Galileo ha ritenuto vera la dottrina dell’eliocentrismo. L’accusa nei confronti dello scienziato pisano si fonda sostanzialmente su tre elementi:• ha disobbedito all’ingiunzione del cardinale Bellarmino di abbandonare il copernicanesimo e di non insegnarlo più;
• nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo del 1632 è contravvenuto alla proibizione precedente e ha cercato di ingannare il Sant’Uffizio presentando la dottrina copernicana come «indecisa» (r. 23), ma solo in apparenza;
• ha violato l’autorità ecclesiastica anche soltanto ammettendo che il copernicanesimo sia un’ipotesi possibile .
L’esito del processo è segnato: Galileo è colpevole di aver sostenuto coscientemente una dottrina eretica. Segue l’obbligo dell’abiura, cioè della solenne rinuncia da parte dello scienziato a quei «sudetti errori e eresie» (r. 31). Nella sentenza è assente qualsiasi apertura o tolleranza nei confronti di Galileo. Dal punto di vista del Sant’Uffizio non è infatti possibile pensare diversamente da quanto stabilito nella Bibbia, che contiene tutta la verità e che può essere interpretata solo dall’autorità ecclesiastica. Contraddire le Sacre Scritture è considerato un atto eretico.