Concetti Chiave
- Gabriello Chiabrera si distingue per l'innovazione metrica e il disinteresse per i contenuti, avvicinandosi al classicismo e riflettendo elementi del barocco.
- La vita di Chiabrera è segnata da episodi turbolenti e un successivo equilibrio, culminando in un ritorno a Savona dove vive serenamente e si dedica alla letteratura.
- Le opere di Chiabrera sono un esempio della poetica della Controriforma, con innovazioni metriche come i Sermoni e una forte influenza dalla metrica classica greca e latina.
- Chiabrera recupera la metrica greca, introducendo o riproponendo forme come l'ode pindarica e l'endecasillabo sciolto, influenzando la lirica italiana fino al Novecento.
- Nella canzonetta "La rosa e la viola", Chiabrera esplora la fugacità della bellezza attraverso un elaborato schema metrico-musicale, enfatizzando la musicalità e la delicatezza.
Indice
Chiabrera e l'innovazione formale
Pur facendo propria una poetica che lo allontana dalla tendenza marinista per il recupero di elementi classicisti, Gabriello Chiabrera può essere accostato a Marino per due aspetti: l’importanza attribuita all’innovazione formale – nel suo caso, soprattutto metrica – e il sostanziale disinteresse per il contenuto dei testi, salvo per il loro generico riferimento alla visione del mondo post-tridentina.
Anche lo stile del poeta, inoltre, è talvolta influenzato da alcuni elementi tipici del gusto barocco.
Vita e carriera di Chiabrera
Gabriello Chiabrera nasce a Savona, da famiglia nobile, nel 1552. Dalla sua autobiografia, stesa in terza persona dopo il 1625, emerge il ritratto stilizzato di un gentiluomo e letterato di corte, equilibrato e colto. Eppure la gioventù di Chiabrera è costellata di episodi violenti, risse e ferimenti. Si reca a Roma con lo zio dopo la morte del padre ed entra nella corte del cardinale Luigi Cornaro, ma nel 1576 deve lasciare la città pontificia, a causa di una vendetta compiuta contro un gentiluomo. Ritorna allora a Savona ma, in seguito alla partecipazione a violente risse, nel 1581 viene bandito per quattro anni dalla città.
Dopo aver trascorso alcuni anni nella Torino dei Savoia e nella Firenze dei granduchi Ferdinando I e Cosimo II de’ Medici, il poeta trova un proprio equilibrio e collabora alla grande stagione poetica, letteraria e teatrale che fiorisce in occasione delle nozze del re di Francia Enrico IV con Maria de’ Medici. Fa anche parte della Camerata de’ Bardi e frequenta i musicisti fiorentini, per i quali compone numerosi testi che gli offrono spunti di riflessione sul legame fra la poesia e la musica.
Ritorno a Savona e opere
Nel 1602, in seguito a una crisi spirituale, ormai cinquantenne, decide di tornare alla città natale di Savona, dove ricopre cariche pubbliche, conduce una vita serena e si dedica alla stesura di opere letterarie, allontanandosi solo in occasione di viaggi, nel corso dei quali viene ospitato da famiglie nobili e mecenati della cultura: si reca a Torino, Mantova, Firenze e Roma, sempre ben accetto e onorevolmente accolto nelle corti. A Savona muore, quasi novantenne, nel 1638.
Opere principali e sperimentazioni metriche
Nel complesso delle sue opere, che secondo alcuni critici rappresentano la più omogenea espressione poetica della Controriforma, si distinguono Il rapimento di Cefalo, rappresentato a Firenze nel 1600, opera per musica ispirata a una vicenda tratta dalle Metamorfosi di Ovidio e comprendente anche un’ode del poeta francese Pierre de Ronsard, e soprattutto il Pianto d’Orfeo, rappresentato a Mantova nel 1608. Numerose sono le raccolte di liriche, fra cui emergono le Canzoni – divise in Eroiche, Lugubri, Morali e Sacre –, le Canzonette, gli Scherzi e canzonette morali, le Rime. Tutte sono ricche di sperimentazioni metriche, elemento che è considerato il suo pregio maggiore.
In endecasillabi sciolti – e ciò rappresenta un’ulteriore, notevole innovazione metrica – compone i trenta Sermoni, scritti fra il 1623 e il 1632 e pubblicati postumi nel 1718: sul modello del poeta latino Orazio, l’autore espone la propria visione della vita, che sostanzialmente aderisce, seppure in modo personale ed equilibrato, alle concezioni prevalenti nell’età post-tridentina.
Fra le prose vanno ricordate, oltre alle pagine autobiografiche della Vita scritta da lui medesimo, i cinque notevoli Dialoghi dell’arte poetica, nei quali Chiabrera critica gli eccessi del Marinismo e difende inoltre le proprie innovazioni metriche e stilistiche nei confronti della tradizione petrarchista codificata nelle opere di Pietro Bembo.
Gabriello Chiabrera, infatti, pur non apprezzando certe esuberanze mariniste, condivide la poetica della meraviglia e della ricerca del nuovo: di se stesso scrive che, come Cristoforo Colombo, vuole trovar nuovo mondo, o affogare. Per questo motivo la critica del Novecento, e in particolare Giovanni Getto, tende a considerarlo poeta barocco, complementare e non antitetico a Giambattista Marino. Le novità introdotte nella lirica italiana da Chiabrera riguardano principalmente l’ambito metrico; infatti molte fra le sue liriche compariranno fino alla prima metà del Novecento in vari trattati e manuali di retorica e versificazione per la varietà e l’esemplarità dei loro metri.
Stile e influenze metriche
Le nuove forme metriche elaborate da Chiabrera hanno una matrice classicista, in quanto si basano sul recupero e sul riadattamento di strutture della tradizione greca e latina; fra queste: l’ode pindarica, di tono solenne, attraverso la quale il poeta savonese tratta argomenti di carattere religioso, morale e politico; le anacreontiche, di contenuto amoroso e conviviale, fra cui si annoverano alcuni suoi capolavori, e i sermoni, che ricalcano lo stile e il ritmo del poeta latino Orazio, introducendo l’endecasillabo sciolto, destinato a grande fortuna. Anche nell’adottare le più tradizionali forme metriche della lirica italiana – come il sonetto, il madrigale, la ballata, la canzone – il poeta non rinuncia a sperimentare varianti e innovazioni. Esemplare è, a tal proposito, il rinnovamento della canzonetta, variata e mossa grazie all’inserimento di versi di quattro, cinque, sei, otto o nove sillabe, sia piani che sdruccioli: l’effetto va incontro alle richieste dei musicisti per i quali spesso Chiabrera compone i suoi testi. Tale indirizzo ripropone il modello della sperimentazione già avviata in Francia da Pierre de Ronsard e dai poeti della Pléiade, sperimentazione melodica che mira a riaccostare la poesia alla modalità in cui si esprimeva al tempo delle sue antiche origini, quando era strettamente legata alla musica e alla danza.
Sul piano stilistico, i componimenti di Chiabrera sono spesso caratterizzati da toni semplici, cantabili e dolcemente melodiosi che anticipano il gusto arcadico.
Altri componimenti, invece, hanno toni e contenuti più solenni e legati ai temi morali e religiosi costantemente proposti dai predicatori della Chiesa post-tridentina: i critici tendono a ritenere questa parte della produzione di Chiabrera la meno riuscita e valida sul piano artistico.
Temi e stile della canzonetta
La canzonetta è basata sul tema della fugacità della bellezza e della giovinezza. Il poeta rivolge alla donna amata l’appello a meditare sulla brevità della gioventù e la caducità della sua bellezza. In primo piano sta la ricerca della costruzione metrica e musicale del verso.
Per quanto riguarda lo schema metrico, la canzonetta è anacreontica in 6 strofe di 6 versi (4 quinari, 2 settenari), con rime aaBccB. La lirica è detta anacreontica perché imita le odi erroneamente attribuite al poeta greco Anacreonte (VI secolo a.C.).
Il luogo poetico della fuga e della brevità della giovinezza e della bellezza, è caro alla sensibilità umanistico-rinascimentale (basti ricordare la Canzona di Bacco di Lorenzo de’ Medici). Il tema è classico, ma Chiabrera lo tratta con una sensibilità diversa, nell’ambito della nuova mentalità introdotta dalla Controriforma. Infatti il fiore che il poeta assume ad emblema della caducità della bellezza non è la rosa – simbolo di passione e di amore sensuale, come in Marino – ma la viola, segno di fragilità, delicatezza e pudore.
Sotto questo segno la donna amata deve meditare sulla breve stagione caratterizzata dal privilegio della bellezza. Il tema sottinteso dell’inesorabile trascorrere del tempo è centrale nei poeti dell’epoca.
Musicalità e figure retoriche
La sperimentazione formale attraverso il recupero e la variazione dei modelli classici che caratterizza tutta la lirica di Chiabrera è ben illustrata da questa canzonetta, particolarmente significativa sotto il profilo metrico-musicale, che si può cogliere nella forte cadenza ritmica prodotta dalla ripetizione di un modulo fisso di tre versi (due quinari e un settenario), sottolineato dallo schema delle rime. Notevole la cantabilità dei quinari a rima baciata (violetta-erbetta, cosa-odorosa). La musicalità si coglie anche nell’effetto di contrappunto prodotto, nelle prime quattro strofe (dedicate alla descrizione della viola), dall’alternanza di domande e risposte.
Le numerose anafore (tutta / tutta; di bel / col bel; vaga / vaga) e ripetizioni (ecco languire, ecco perire), le figure di suono come le allitterazioni (pregio d’aprile, sì superba, consiglia il core), i vezzeggiativi e i diminutivi (violetta, erbetta, novella) conferiscono alla lirica un’impressione di prezioso e leggero fraseggio canoro.
Domande da interrogazione
- Qual è l'innovazione principale attribuita a Gabriello Chiabrera nella sua opera poetica?
- Come si caratterizza la vita e la carriera di Gabriello Chiabrera?
- Quali sono le opere principali di Chiabrera e le sue sperimentazioni metriche?
- In che modo Chiabrera ha influenzato la canzonetta e quali temi tratta?
- Quali elementi stilistici e retorici caratterizzano la poesia di Chiabrera?
L'innovazione principale di Gabriello Chiabrera è l'innovazione formale, soprattutto metrica, che lo distingue nella lirica italiana, con un recupero e riadattamento di strutture della tradizione greca e latina.
Gabriello Chiabrera, nato a Savona nel 1552, ha avuto una vita movimentata con episodi violenti nella gioventù, ma ha trovato equilibrio collaborando con corti italiane e partecipando alla vita culturale del suo tempo, fino a tornare a Savona dove è morto nel 1638.
Tra le opere principali di Chiabrera ci sono "Il rapimento di Cefalo" e "Pianto d’Orfeo", oltre a numerose raccolte di liriche come le Canzoni e i Sermoni, tutte caratterizzate da sperimentazioni metriche innovative.
Chiabrera ha rinnovato la canzonetta introducendo varianti metriche e musicali, trattando temi come la fugacità della bellezza e della giovinezza, con una sensibilità influenzata dalla Controriforma.
La poesia di Chiabrera è caratterizzata da toni semplici e melodiosi, con l'uso di anafore, allitterazioni e diminutivi, creando un effetto musicale e ritmico che esalta la cantabilità dei suoi versi.