Concetti Chiave
- La Canzona di Bacco è una ballata del 1490 legata al carnevale, celebrando Bacco e Arianna in una sfilata festosa.
- Il testo è strutturato in sette strofe di versi ottonari con un ritornello di quattro versi, creando un ritmo cadenzato e cantabile.
- Il messaggio centrale è un inno alla gioia e al vivere nel presente, riflettendo la filosofia del "carpe diem".
- Nonostante il tono gioioso, il testo introduce una nota malinconica sulla fugacità del tempo e l'incertezza del futuro.
- I Canti carnascialeschi, introdotti da Lorenzo de’ Medici, combinano allusioni ai piaceri del corpo con un tono irriverente, tipico delle feste carnevalesche rinascimentali.
Dei Canti carnascialeschi fa parte la Canzona di Bacco (o Trionfo di Bacco e Arianna). Si tratta di una ballata composta per il carnevale del 1490, nella quale è descritta una sfilata di carri mascherati (il “trionfo” del titolo) dedicati a Bacco, dio del vino e dell’ebbrezza, e alla sua sposa Arianna, seguiti da altri personaggi
Indice
Struttura e temi della ballata
Ballata formata da sette strofe di versi ottonari (schema delle rime: ababbyyx) intervallate da una ripresa, o ritornello, di quattro versi (schema delle rime: xyyx). Gli ultimi due versi di ogni strofa si ripetono identici.
vv. 1-4 Quanto è bella la giovinezza, che però fugge continuamente (tuttavia)! Chi vuole essere lieto, lo sia: del futuro (doman) non c’è certezza. vv. 5-12 Questi sono Bacco e Arianna, belli e innamorati (ardenti) l’uno dell’altro: dal momento che (perché) il tempo trascorre in fretta ( fugge) e illude (inganna), vivono felici sempre insieme. Queste ninfe e le altre maschere (genti) [del corteo] sono sempre allegre. Chi vuole essere lieto, lo sia: del futuro non c’è certezza.
Invito alla gioia e carpe diem
La Canzona di Bacco si presenta come un inno alla gioia, un invito a godersi la vita a ogni età.
Ma soprattutto durante la giovinezza, celebrata come la stagione più felice dell’esistenza durante la quale si è più predisposti ad abbandonarsi ai piaceri dell’amore.
Questo invito, che riflette lo spirito trasgressivo dei Canti carnascialeschi, ha radici nella poesia antica, in particolare in quella del poeta latino Orazio (65-8 a.C.). Infatti Orazio in uno dei suoi più celebri componimenti lo aveva condensato nell’espressione carpe diem (“afferra il giorno”).
Ne emerge un’interpretazione della felicità che è quella di un’allegria a cui si può o, meglio si deve, aspirare almeno nei giorni di festa, allontanando le fatiche e i dolori , valorizzando soprattutto i beni di cui si può godere nel presente (come l’amore, il vino, i piaceri della tavola, i canti e i balli): il tempo infatti trascorre velocemente e nessuno può sapere che cosa gli capiterà in futuro («di doman non c’è certezza»).
Entro tale concezione edonistica del vivere si insinua così una nota malinconica: la constatazione che il «tempo fugge e inganna» (v. 7) allude alla precarietà dei momenti belli, minacciati da un futuro oscuro e ingovernabile, dalla probabile disillusione e forse anche alla morte, l’unico evento certo che il destino, presto o tardi, riserva a ognuno.
Riferimenti classici e stile
Sul piano stilistico, oltre che contenere rimandi alla letteratura classica – tra i quali rientra il riferimento ai personaggi della mitologia greco-romana (Bacco e Arianna, le ninfe e i satiri, Sileno e re Mida) –, la Canzona di Bacco ricalca le forme tipiche della poesia popolare, quali l’immediatezza del linguaggio, il ritmo cadenzato e cantabile conferito dai versi ottonari, e il tono festoso.
Origine e significato dei Canti carnascialeschi
I Canti carnascialeschi (1490) rappresentano un genere poetico inventato da Lorenzo de’ Medici e in seguito coltivato durante tutto il Rinascimento. Sono componimenti destinati a essere cantati a tre o a quattro voci durante le sfilate dei cortei e dei carri allegorici che il Magnifico introduce a Firenze per trasformare i tradizionali festeggiamenti del Carnevale cittadino in uno spettacolo sfarzoso, che attesti il prestigio e la munificenza della famiglia medicea. Sul piano formale i Canti carnascialeschi si presentano come ballate dal ritmo vivace e dal linguaggio semplice e immediato. Il tono irriverente e le allusioni ai piaceri del corpo che li caratterizzano vanno rapportati al contesto del Carnevale. Fin dal Medioevo, infatti, quest’ultimo era concepito come un periodo dell’anno durante il quale i valori correnti, fondati sulla morale cristiana, erano temporaneamente sospesi e a tutti – senza distinzioni di ceto sociale, di sesso o di età – era consentito abbandonarsi a un’allegria scomposta, fatta di risate e battute di spirito ricche di doppi sensi.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della "Canzona di Bacco"?
- Come è strutturata la metrica della "Canzona di Bacco"?
- Quali elementi stilistici caratterizzano la "Canzona di Bacco"?
- Qual è la nota malinconica presente nella "Canzona di Bacco"?
- Qual è il contesto storico e culturale dei Canti carnascialeschi?
La "Canzona di Bacco" è un inno alla gioia e un invito a godersi la vita, specialmente durante la giovinezza, riflettendo lo spirito trasgressivo dei Canti carnascialeschi e l'idea del "carpe diem".
La ballata è composta da sette strofe di versi ottonari con schema delle rime ababbyyx, intervallate da un ritornello di quattro versi con schema delle rime xyyx.
Lo stile della "Canzona di Bacco" include rimandi alla letteratura classica, un linguaggio immediato, un ritmo cadenzato e cantabile, e un tono festoso tipico della poesia popolare.
La nota malinconica è data dalla consapevolezza che il tempo fugge e inganna, alludendo alla precarietà dei momenti belli e alla certezza della morte.
I Canti carnascialeschi, inventati da Lorenzo de’ Medici, erano destinati a essere cantati durante le sfilate del Carnevale a Firenze, rappresentando un periodo di sospensione dei valori morali cristiani e di allegria scomposta.