Concetti Chiave
- Palazzeschi esplora il sentimento di crisi che coinvolge il ruolo del poeta, riflettendo sulla perdita di identità culturale e artistica.
- Il poeta si rappresenta come un "saltimbanco dell'anima", enfatizzando l'assenza di una posizione privilegiata e la libertà di espressione.
- La poesia di Palazzeschi combina invenzione estrosa e provocazione, opponendosi alle convenzioni della civiltà borghese.
- Lo stile differisce dagli altri futuristi, mantenendo una struttura simmetrica con cinque strofe aperte da domande.
- La razionalità del testo è sottolineata dalla ripetizione di sintagmi chiave che creano rime interne e un ritmo metrico tradizionale.
Indice
La crisi del poeta nel Novecento
SI evidenziano a seguire i contenuti tematici che caratterizzano l'opera di Palazzeschi.
Il sentimento della crisi che investe il ruolo del poeta e la funzione stessa della poesia è presente nel mondo letterario italiano ed europeo già dalla seconda metà dell’Ottocento.
All’inizio del Novecento, la mesta consapevolezza di questa condizione conduce un poeta come Corazzini a negare ogni residuo di trionfante dannunzianesimo («Perché tu mi dici poeta? / Io non sono un poeta. / Io non sono che un piccolo fanciullo che piange», scrive in Desolazione del povero poeta sentimentale). Qui, però, la dissacrazione dell’artista e l’accettazione della «perdita d’aureola» (cioè del venir meno della posizione privilegiata un tempo riservata ai letterati) si accompagnano a un’ironica dichiarazione di assenza di qualsiasi identità culturale: l’autore non può essere né poeta, né pittore, né musico, ma solo un saltimbanco dell’anima (v. 21).
L'ironia e la dissacrazione dell'artista
Il poeta si muove apparentemente in qualche modo possiamo dire nel territorio del puro gioco bizzarro: certamente l’invenzione estrosa e la provocazione sono componenti fondamentali della poesia di Palazzeschi. Tuttavia, dietro l’infantile ingenuità del clown, si celano la rivendicazione di una libertà estrema e l’irriverente protesta del folle e del malinconico, che rifiutano e irridono le convenzioni della civiltà borghese. Le persone “normali”, integrate nel meccanismo sociale, non hanno più nulla da chiedere a questo buffo funambolo, condannato allo sradicamento; ma di questa condizione di esclusione il poeta fa un punto di forza, per cantare la propria distanza dagli ipocriti conformismi dettati dal senso comune.
Struttura e simmetria nella lirica
Contrariamente agli altri poeti futuristi, che sconvolgono l’assetto razionale del testo, questa lirica presenta una struttura perfettamente calibrata e simmetrica. Anche se non evidenziate graficamente, nel componimento sono presenti cinque strofe, tutte aperte da una domanda (vv. 1, 6, 11, 16, 20). Le prime tre domande, che occupano un verso e sono seguite dall’argomentazione, hanno risposta negativa. Solo a partire dalla quarta interrogativa (Son dunque… che cosa?, v. 16) si apre l’autoritratto in positivo del poeta, che viene sigillato dalla sintetica, quasi epigrafica, definizione finale.
La struttura razionale del testo è confermata dalla ripetizione del sintagma anima mia, collocato sempre nella stessa posizione, che fa rima con follia (v. 5), malinconia (v. 10) e nostalgia (v. 15), parole isolate in un unico verso, introdotte da formule parallele ed evidenziate dalle virgolette e dai due punti che le precedono. Inoltre, non mancano altre rime (pittore-colore, vv. 6 e 8; lente-gente, vv. 17 e 19) e una certa attenzione all’aspetto metrico tradizionale, come emerge dalla presenza di quattro versi endecasillabi (vv. 3, 9, 14 e 21).
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale della crisi del poeta nel Novecento?
- Come si manifesta l'ironia e la dissacrazione dell'artista nell'opera di Palazzeschi?
- In che modo la struttura e la simmetria caratterizzano la lirica di Palazzeschi?
- Qual è l'approccio di Palazzeschi rispetto agli altri poeti futuristi?
Il tema centrale è il sentimento di crisi che investe il ruolo del poeta e la funzione della poesia, già presente dalla seconda metà dell'Ottocento, e che porta poeti come Corazzini a negare il trionfante dannunzianesimo, accettando la perdita della posizione privilegiata dei letterati.
L'ironia e la dissacrazione si manifestano attraverso un gioco bizzarro e provocatorio, dietro cui si cela una rivendicazione di libertà estrema e una protesta irriverente contro le convenzioni borghesi, con il poeta che si distanzia dai conformismi ipocriti.
La lirica presenta una struttura perfettamente calibrata e simmetrica, con cinque strofe aperte da domande e una ripetizione del sintagma "anima mia", che fa rima con parole chiave, evidenziando una certa attenzione alla metrica tradizionale.
Contrariamente agli altri poeti futuristi che sconvolgono l'assetto razionale del testo, Palazzeschi mantiene una struttura razionale e simmetrica, con attenzione alla metrica e all'uso di rime, distinguendosi per un approccio più tradizionale.