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La letteratura drammatica
In ambito europeo il tedesco Bertolt Brecht rappresenta un teatro politico, che affronta con durezza critica gli aspetti negativi della realtà moderna, al fine di sollecitare nel pubblico una presa di coscienza. Ma sarebbe sbagliato considerare i suoi testi solo da questo punto di vista; egli mira agli obiettivi politici utilizzando strumenti espressivi che innovano profondamente il linguaggio teatrale. Innanzitutto spezza l'illusione scenica, l'illusione cioè di assistere a qualcosa di "vero", poi incide sulla recitazione degli attori, che non si immedesimano nel personaggio ma lo "mostrano" come dall'esterno. Un'altra rivoluzione drammaturgica è costituita dal "teatro dell'assurdo", che si impone dagli anni 50; il rappresentante più significativo è Samuel Beckett. Il suo teatro punta a far sentire la mancanza di senso di tutta la realtà. Ma privo di senso è anche il teatro, inteso in senso tradizionale ed è per questo che le soluzioni drammaturgiche di Beckett sconvolgono dalle radici le convenzioni teatrali.
In Italia il maggior scrittore di testi drammaturgici del dopoguerra si può forse considerare Eduardo De Filippo; siamo però in una dimensione del tutto diversa rispetto al teatro politico di Brecht o a quello dell'assurdo di Beckett. De Filippo si collega a una tradizione naturalistica dialettale tipicamente italiana. La "naturalezza" dei suoi personaggi e delle sue situazioni, che riproducono vividamente scene e costumi della vita quotidiana napoletana è l'esatto contrario sia dello "straniamento" sia dell'"assurdo" e induce a scivolare nel sentimentalismo o nel patetico.
Con i testi di Dario Fo ritroviamo un teatro politico, che si propone come strumento di lotta e affronta con comicità aspetti del costume e della società; se da un lato si collega alla tradizione comica della rivista, dall'altro vuole anche riportare in vita certe tradizioni giullaresche. Negli anni 60 si assiste in Italia a una vera e propria rivoluzione teatrale, di cui il protagonista è Carmelo Bene, che non è solo attore e regista, ma anche autore dei testi che recita. Egli si contrappone al mercato teatrale, dolorosa della loro impraticabilità.
Bertolt Brecht quel teatro che propone spettacoli come merce facilmente vendibile, in cerca del successo commerciale. I suoi testi sono una parodia straziata di un linguaggio teatrale ormai impraticabile, ma con una nostalgia violenta del tragico e del sacro, che nasce proprio dalla consapevolezza
E' uno degli autori cardine della cultura del Novecento, in particolare nel campo teatrale, nel quale conduce una critica alla realtà contemporanea nei suoi aspetti storici, sociali ed economici, valendosi degli stumenti dell'ideologia marxista. Nato nel 1898 da famiglia borghese, si trasferì prima a Monaco e poi a Berlino, divenendo critico teatrale e drammaturgo, nonchè regista delle sue composizioni. Dopo il 1928 si avvicinò al Marxismo e strinse rapporti con il Partito Comunista, pur senza mai iscriversi. Nel 1933 lasciò il suo paese e si stabilì in Danimarca, compiendo però frequenti viaggi nelle grandi capitali culturali, Parigi, Londra, New York; raggiunse gli Stati Uniti dove rimase sei anni, lavorando come sceneggiatore di Hollywood, successivamente tornò in Europa in cerca di maggiore libertà di espressione. Nell'ultimo periodo si stabilì a Berlino Est, dove ebbe a disposizione un teatro e nel 1949 fondò la sua compagnia del Berliner Ensemble, destinato ad esercitare una profonda influenza sulla scena europea. Morì nel 1956.
Le prime prove teatrali, Baal, Tamburi nella notte si collegano alla tendenza dell'Espressionismo ed esaltano forme di asocialità ed energie distruttive. Al problema dei rapporti sociali e della società divisa in classi, che sarà poi centrale nella sua drammaturgia, Brecht comincia ad accostarsi dopo l'adesione al marxismo. L'effetto si vede subito nell'"Opera da tre soldi" che rappresenta la vita dei delinquenti e degli emarginati come specchio del funzionamento della società borghese, Brecht conduce una feroce satira di quest'ultima; in questo testo cominciano a delinearsi i principi del "teatro epico", che prenderà forma compiuta un decennio più tardi. Dopo il 1933 nascono i testi più maturi, in cui lo schematismo dei drammi didattici sfuma in una più complessa problematicità, in cui cioè il positivo e il negativo non sono così rigidamente divisi e contrapposti. In queste opere l'idea brechtiana di "teatro epico" assume la sua forma più compiuta; si tratta di un teatro che vuole contrapporsi polemicamente a quello borghese. Secondo Brecht la forma dominante di teatro, spingendo lo spettatore a identificarsi emotivamente nell'azione scenica, lo stacca dai problemi reali e gli impedisce di pensare. Al contrario Brecht vuole che lo spettatore dinanzi all'azione assuma un contegno attivo, vigile e critico.
Al fine di rompere l'incantesimo ipnotizzante dell'identificazione, per Brecht occorre che la totale immersione nella finzione scenica sia impedita da procedimenti che spezzino l'illusione di assistere ad un fatto reale: proiezioni di filmati, cambiamento "a vista" delle scene. Allo stesso fine devono contribuire le scenografie, la recitazione degli attori: essi non devono immedesimarsi nella psicologia dei personaggi, vivere i loro sentimenti rendendoli realisticamente, ma mostrare dei gesti, indicare i personaggi come dall'esterno. Brecht definisce tale procedimento "effetto di straniamento"; in tal modo il teatro non è solo banale forma di divertimento, ma strumento politico, che induce il pubblico ad una presa di coscienza critica. Brecht fu anche poeta, molti testi poetici sono inseriti nelle stesse opere drammatiche, ma copiosa è la produzione lirica vera e propria. E' anch'essa una poesia "politica" finalizzata a comunicare messaggi, a stimolare la riflessione del lettore.
Eduardo De Filippo ..
La letteratura drammatica
In ambito europeo il tedesco Bertolt Brecht rappresenta un teatro politico, che affronta
con durezza critica gli aspetti negativi della realtà moderna, al fine di sollecitare nel
pubblico una presa di coscienza. Ma sarebbe sbagliato considerare i suoi testi solo da
questo punto di vista; egli mira agli obiettivi politici utilizzando strumenti espressivi che
innovano profondamente il linguaggio teatrale. Innanzitutto spezza l'illusione scenica,
l'illusione cioè di assistere a qualcosa di "vero", poi incide sulla recitazione degli attori,
che non si immedesimano nel personaggio ma lo "mostrano" come dall'esterno. Un'altra
rivoluzione drammaturgica è costituita dal "teatro dell'assurdo", che si impone dagli anni
50; il rappresentante più significativo è Samuel Beckett. Il suo teatro punta a far sentire la
mancanza di senso di tutta la realtà. Ma privo di senso è anche il teatro, inteso in senso
tradizionale ed è per questo che le soluzioni drammaturgiche di Beckett sconvolgono
dalle radici le convenzioni teatrali.
In Italia il maggior scrittore di testi drammaturgici del dopoguerra si può forse considerare
Eduardo De Filippo; siamo però in una dimensione del tutto diversa rispetto al teatro
politico di Brecht o a quello dell'assurdo di Beckett. De Filippo si collega a una tradizione
naturalistica dialettale tipicamente italiana. La "naturalezza" dei suoi personaggi e delle
sue situazioni, che riproducono vividamente scene e costumi della vita quotidiana
napoletana è l'esatto contrario sia dello "straniamento" sia dell'"assurdo" e induce a
scivolare nel sentimentalismo o nel patetico.
Con i testi di Dario Fo ritroviamo un teatro politico, che si propone come strumento di
lotta e affronta con comicità aspetti del costume e della società; se da un lato si collega
alla tradizione comica della rivista, dall'altro vuole anche riportare in vita certe tradizioni
giullaresche. Negli anni 60 si assiste in Italia a una vera e propria rivoluzione teatrale, di
cui il protagonista è Carmelo Bene, che non è solo attore e regista, ma anche autore dei
testi che recita. Egli si contrappone al mercato teatrale, dolorosa della loro
impraticabilità.
Bertolt Brecht quel teatro che propone spettacoli come merce facilmente vendibile, in
cerca del successo commerciale. I suoi testi sono una parodia straziata di un linguaggio
teatrale ormai impraticabile, ma con una nostalgia violenta del tragico e del sacro, che
nasce proprio dalla consapevolezza
E' uno degli autori cardine della cultura del Novecento, in particolare nel campo teatrale,
nel quale conduce una critica alla realtà contemporanea nei suoi aspetti storici, sociali ed
economici, valendosi degli stumenti dell'ideologia marxista. Nato nel 1898 da famiglia
borghese, si trasferì prima a Monaco e poi a Berlino, divenendo critico teatrale e
drammaturgo, nonchè regista delle sue composizioni. Dopo il 1928 si avvicinò al
Marxismo e strinse rapporti con il Partito Comunista, pur senza mai iscriversi. Nel 1933
lasciò il suo paese e si stabilì in Danimarca, compiendo però frequenti viaggi nelle grandi
capitali culturali, Parigi, Londra, New York; raggiunse gli Stati Uniti dove rimase sei anni,
lavorando come sceneggiatore di Hollywood, successivamente tornò in Europa in cerca di
maggiore libertà di espressione. Nell'ultimo periodo si stabilì a Berlino Est, dove ebbe a
disposizione un teatro e nel 1949 fondò la sua compagnia del Berliner Ensemble,
destinato ad esercitare una profonda influenza sulla scena europea. Morì nel 1956.
Le prime prove teatrali, Baal, Tamburi nella notte si collegano alla tendenza
dell'Espressionismo ed esaltano forme di asocialità ed energie distruttive. Al problema dei
rapporti sociali e della società divisa in classi, che sarà poi centrale nella sua
drammaturgia, Brecht comincia ad accostarsi dopo l'adesione al marxismo. L'effetto si
vede subito nell'"Opera da tre soldi" che rappresenta la vita dei delinquenti e degli
emarginati come specchio del funzionamento della società borghese, Brecht conduce una
feroce satira di quest'ultima; in questo testo cominciano a delinearsi i principi del "teatro
epico", che prenderà forma compiuta un decennio più tardi. Dopo il 1933 nascono i testi
più maturi, in cui lo schematismo dei drammi didattici sfuma in una più complessa
problematicità, in cui cioè il positivo e il negativo non sono così rigidamente divisi e
contrapposti. In queste opere l'idea brechtiana di "teatro epico" assume la sua forma più
compiuta; si tratta di un teatro che vuole contrapporsi polemicamente a quello borghese.
Secondo Brecht la forma dominante di teatro, spingendo lo spettatore a identificarsi
emotivamente nell'azione scenica, lo stacca dai problemi reali e gli impedisce di pensare.
Al contrario Brecht vuole che lo spettatore dinanzi all'azione assuma un contegno attivo,
vigile e critico.
Al fine di rompere l'incantesimo ipnotizzante dell'identificazione, per Brecht occorre che la
totale immersione nella finzione scenica sia impedita da procedimenti che spezzino
l'illusione di assistere ad un fatto reale: proiezioni di filmati, cambiamento "a vista" delle
scene. Allo stesso fine devono contribuire le scenografie, la recitazione degli attori: essi
non devono immedesimarsi nella psicologia dei personaggi, vivere i loro sentimenti
rendendoli realisticamente, ma mostrare dei gesti, indicare i personaggi come
dall'esterno. Brecht definisce tale procedimento "effetto di straniamento"; in tal modo il
teatro non è solo banale forma di divertimento, ma strumento politico, che induce il
pubblico ad una presa di coscienza critica. Brecht fu anche poeta, molti testi poetici sono
inseriti nelle stesse opere drammatiche, ma copiosa è la produzione lirica vera e propria.
E' anch'essa una poesia "politica" finalizzata a comunicare messaggi, a stimolare la
riflessione del lettore.
Eduardo De Filippo
Nasce a Napoli nel 1900 dalla relazione del grande attore e autore del teatro napoletano
Eduardo Scarpetta con Luisa De Filippo; allestisce una compagnia con i fratelli Peppino e
Titina ed è un attore dotato di un eccezionale talento nella mimica e nella recitazione,
desta l'ammirazione dello stesso Pirandello, con il quale ha da ultimo l'opportunità di
collaborare, lavorando alla riduzione teatrale della novella "L'abito nuovo". Nel
dopoguerra dà vita con Titina alla "Compagnia di Eduardo", per portare sulle scene le
numerose commedie che scrive. E' morto a Roma nel 1984. Il merito di De Filippo, come
autore, è quello di avere saputo elevare il teatro napoletano a un livello di dignità e di
risonanza nazionale, anche al di fuori delle sue straordinarie capacità di interprete. Egli
ha saputo innestare la tradizione ottocentesca sulle istanze della poetica neorealistica,
sia per quanto riguarda l'uso del dialetto, sia per la vivace rappresentazione della vita
popolare, con gli ambienti di una dolorosa miseria e i problemi di una precaria
sopravvivenza. De Filippo ridà un nuovo volto, "realistico" e palpitante, alla maschera
eterna e universale di Pulcinella, l'uomo comune alle prese con le difficoltà e le sofferenze
dell'esistenza quotidiana e depositario di una profonda dignità, di un'umanità incrercibile.
Non a caso la critica ha sottolineato il carattere meno convincente dei testi in cui
prevalgono un'intenzione di denuncia sociale fine a se stessa o un'astratta ricerca di
soluzioni pirandelliane.
Filumena Marturano
Prostituta e donna "da niente", è stata per 25 anni l'amante di Domenico Soriano, che,
anche dopo la morte della moglie, non ha voluto sposarla. Domenico si è adesso
innamorato di una giovane, Diana, ma Filumena, fingendosi in punto di morte, riesce a
farsi sposare. Scoperto l'inganno, Domenico incarica il suo avvocato Nocella, di avviare
subito la pratica dell'annullamento. A questo punto Filumena convoca i suoi 3 figli, che ha
aiutato a loro insaputa a trovare una decorosa sistemazione, rivelando di essere la loro
madre. Domenico, anch'egli all'oscuro di tutto, pensa che la donna sia impazzita, ma
Filumena gli comunica che uno di essi è anche figlio suo. Invano Domenico cerca di
conoscerne il nome; alla fine l'uomo riuscirà a comprendere le ragioni del comportamento
di Filumena, accettandola come sua moglie e rinunciando a cercare la verità, nel nome di
un'idea della famiglia e degli affetti domestici che va al di là di ogni gretto interesse
individualistico.
Dario Fo
E nato nel 1926 a Varese, ha studiato a Milano all'Accademia di Brera e alla facoltà di
architettura. Esordisce negli anni 50 in alcune trasmissioni comiche della radio insieme a
Franco Parenti e Giustino durano, e poi sul palcoscenico, con gli stessi attori, in due
riviste, Il dito nell'occhio e Sani da legare. Si tratta di riviste diverse da quelle al tempo in
voga, che puntano solo su i tre attori, senza sforzo scenografico, ballerine e coreografie.
Nel 1959, insieme alla moglie Franca Rame, formula compagnia in proprio e scrive testi
su misura per sé e per la Rame, si tratta di commedie "leggere", in cui però assume un
ruolo importante la satira politica e sociale. In rispondenza al clima del 68 Fo e la Rame
rifiutano il teatro borghese con il suo pubblico d'elité e puntano ad allargare il pubblico,
coinvolgendo strati esclusi dal teatro. Sciolgono perciò la compagnia e abbandonano il
circuito normale delle sale teatrali, dando vita al "Associazione Nuova Scena" ma ben
presto Sull'onda della contestazione e del nascere di movimento che si oppone da sinistra
al pc e, Fo e la Rame sciolgono anche l'associazione e fondano nel 1970 il "Collettivo
teatrale La Comune". Il loro teatro assume caratteristiche più fortemente politicizzate e si
diffonde attraverso circuiti alternativi, legati alla sinistra extraparlamentare. Gli
spettacoli, pur conservando la loro comicità farsesca, buffonesca e surreale, si legano
strettamente all'attualità, divenendo nell'intenzione degli attori strumenti diretti di lotta
politica. Il legame con l'attualità è garantito dalla continua improvvisazione di battute,
Che si riferiscono a fatti e problemi del giorno e che variano di spettacolo in spettacolo.
Cade inoltre la tradizionale barriera tra palcoscenico e platea e gli attori dialogano,
discutono, polemizzano a volte con il pubblico. Tra le opere si possono ricordare "Morte