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1)LETTERATURA
La malattia è un tema così diffuso in letteratura che se ne può parlare come di un vero e proprio
Esso può essere presente in vari modi in un testo: può essere malattia di alcuni
topos letterario.
personaggi o malattia di un'intera collettività, può essere malattia corporale o morale, può avere un
valore proprio, diciamo "casuale", o, più spesso, un valore simbolico
Qualche autore
Sono molti gli autori moderni legati al tema della malattia. Ne diamo qui di seguito una breve lista:
Alessandro Manzoni
Nei vi sono tre capitoli dedicati alla peste del 1600. Qui, la malattia che distrugge
Promessi sposi
l'ordine e la vita dell'intera città di Milano è del guazzabuglio, del
metafora dell'irrazionalità,
cattivo governo.
«Del pari con la perversità, crebbe la pazzia: tutti gli errori già dominanti più o meno, presero dallo
sbalordimento, e dall'agitazione delle menti, una forza straordinaria...» (cap. 32)
«Il buon senso c'era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune» (cap. 32)
Kafka
Tema importante sopratutto al Kafka annota continuamente riflessioni sul
livello biografico:
legame tra la propria malattia (la tubercolosi) e il suo rapporto difficile con il padre e la fidanzata.
In questo caso, la malattia è espressamente interpretata come la conseguenza e il simbolo delle
condizioni interiori: sensazione di fallimento generale e desiderio di sentirsi integrato in famiglia e
accettato dall'autorità paterna. Questi due elementi si ritrovano come costanti in tutta la sua
produzione letteraria, dal al dalla alle novelle.
Processo Castello, Metamorfosi
Pirandello
Oltre alla malattia frequente e simbolo di una in
tisi, personalità diversa da quella del borghese,
Pirandello è importante anche il tema della sviluppato sia nei romanzi che nelle novelle più
follia,
sperimentali. L'uomo in bilico tra il razionale e l'irrazionale, l'oggettività del reale contro la
soggettività del ricordo e del sogno, l'integrità del mondo oggettuale contro lo spezzettamento
dell'io sono che indicano il disagio dell'uomo razionale
tra gli aspetti pirandelliani più moderni
di fronte allo sfaccettamento e all'insicurezza di base della società moderna.
«Da quale remota lontananza i miei occhi, quelli che mi par d'avere avuti da bambino, guardano
ora, sbarrati dal terrore, senza potersene persuadere, questo viso di vecchio? Io, già vecchio? Così
subito? E com'è possibile?» (Una giornata)
«E gli altri? Gli altri non sono mica dentro di me. Per gli altri che guardano da fuori, le mie idee, i
miei sentimenti hanno un naso. Il mio naso. E hanno un paio d'occhi, i miei occhi, ch'io non vedo e
ch'essi vedono. Che relazione c'è tra le mie idee e il mio naso?» (Uno, nessuno e centomila) 3
Italo Svevo
. I personaggi di Svevo sono diversi dagli altri perché individui sostanzialmente fallimentari. Nella
l'opposizione tra malattia e salute si basa sull'opposizione tra l'inettitudine e la
Coscienza di Zeno,
sicurezza, dove le persone "in salute" sono quelle sicure di sé, forti, decise e fiduciose nella vita. Ma
siccome l'attività e la sicurezza nel mondo non sono mai duraturi, la malattia appare alla fine come
l'unico vero stato dell'intera società.
«Io sto analizzando la salute [di Augusta], ma non ci riesco perché m'accorgo che, analizzandola, la
converto in malattia. E scrivendone, comincio a dubitare se quella salute non avesse avuto bisogno
di cura o d'istruzione per guarire» (cap. 6)
Jean-Paul Sartre
La malattia sartriana è dell'uomo moderno, il quale scopre la "contingenza"
La Nausea
cioè la sua ingiustificabilità, la sua irrazionalità. È nausea di fronte alla gratuità della
dell'esistenza,
vita, all'inutilità dell'uomo, alle modalità esistenziali fasulle della società borghese, retta sul lavoro,
la produttività, il ricordo, la famiglia, il potere e i beni materiali (le proprietà).
«L'essenziale è la contingenza. Voglio dire che, per definizione, l'esistenza non è necessità. Esistere
è esserci, molto semplicemente [...]. ...ecco la nausea; ecco quello che i Salauds [i borghesi] - quelli
del Coteau Vert e gli altri - tentano di nascondere con la loro idea di diritto. Ma che povera bugia:
nessuno ha alcun diritto; essi sono interamente gratuiti, come gli altri uomini, non riescono a non
sentirsi di troppo» 4
2)FILOSOFIA
Nell’opera LA MALATTIA MORTALE di S. Kierkegaard
La disperazione è definita come malattia mortale…
A. CHE LA DISPERAZIONE SIA LA MALATTIA MORTALE
B. LA DISPERAZIONE È UNA MALATTIA NELLO SPIRITO NELL'IO, E COSÌ PUÒ ESSERE
TRIPLICE: NON ESSERE CONSAPEVOLE DI AVERE UN IO
1)DISPERATAMENTE
(DISPERAZIONE IN SENSO IMPROPRIO);2) DISPERATAMENTE NON VOLER ESSERE SE
STESSO; VOLER ESSERE SE STESSO.
3)DISPERATAMENTE
L' uomo è spirito. Ma che cos'è lo spirito? Lo spirito è l'io Ma che cos'è l'io? È un rapporto Che si
mette in rapporto con se stesso oppure è, nel rapporto, il fatto che il rapporto si metta in rapporto
con se stesso; l'io non è il rapporto, ma il fatto che il rapporto si mette in rapporto con se stesso.
L'uomo è una sintesi dell'infinito e del finito, del temporale e dell'eterno, di possibilità e necessità,
insomma, una sintesi. Una sintesi è un rapporto fra due elementi. Visto così l'uomo non è ancora un
(S. Kierkegaard, La malattia mortale, Roma, Newton Compton)
io.
Nell'opera La malattia mortale Kierkegaard riprende ed approfondisce il tema della disperazione.
Abbiamo già visto ch'egli presenta la disperazione sia come l'elemento che caratterizza la vita
dell'esteta, sia come la condizione che permette il salto dalla vita etica a quella religiosa. Si tratta di
due aspetti, spiega il filosofo, di due facce dello stesso fenomeno. La disperazione, cioè, è sempre
una negazione di sé, del proprio io; ma nel primo caso essa ha luogo in quanto l'uomo è sempre alla
ricerca di se stesso, di un io che non coincide mai con quello che di volta in volta egli è, e che però
egli non trova mai; nel secondo caso essa è rifiuto totale di sé, è quella rinuncia a sé che si traduce,
sul piano della fede, nella assoluta autodonazione a Dio. Anche la disperazione dunque, come
l'angoscia, caratterizza un rapporto: la seconda, quella del singolo con il mondo, la prima quella del
singolo con se stesso. Infatti l'angoscia insorge al cospetto di quegli «infiniti possibili», e
dell'«infinità del possibile» che il mondo rappresenta per l'uomo; la disperazione nasce invece di
fronte a quella radicale incognita che è il proprio io. Due sono i possibili modi di relazionarsi a se
stesso; uno è quello di accettare di essere se stesso, l'altro è quello di rifiutare di essere se stesso; ma
la disperazione si verifica in entrambi i casi, sia quando l'uomo vuole essere se stesso, sia quando
non vuole assolutamente essere se stesso, cioè quando egli rinnega totalmente se stesso, quello che
è e quello che potrebbe essere. Nel primo caso il singolo si dispera perché vuole ma non riesce a
trovare se stesso nei vari possibili, in quanto tutte le possibilità di essere se stesso si rivelano
insufficienti e inadeguate. Nel secondo caso egli si dispera quando percepisce che non c'è piú
alcuna possibilità di trovare il vero se stesso, e vi rinuncia; e vorrebbe semplicemente distruggere se
stesso senza potervi riuscire. Questa seconda è dunque la forma piena, totale, della disperazione; è
quella che Kierkegaard chiama malattia mortale.
Cadere nella malattia mortale è non poter morire; ma non come se ci fosse la speranza della vita;
l'assenza di ogni speranza significa qui che non c'è nemmeno l'ultima speranza, quella della morte.
Quando il maggior pericolo è la morte, si spera nella vita; ma quando si conosce un pericolo
ancora piú terribile, si spera nella morte. Quando il pericolo è cosí grande che la morte è divenuta
la speranza, allora la disperazione nasce venendo a mancare la speranza di poter morire. In
quest'ultimo significato la disperazione è chiamata la malattia mortale: quella contraddizione
penosa ... di morire eternamente, di morire e tuttavia di non morire, di morire la morte. Perché (La
morire significa che tutto è passato, ma morire la morte significa vivere sperimentare il morire.
malattia mortale)
Questa disperazione è la porta della fede. 5
3)INGLESE portrays the sickness of modern mankind in the poem –the Hollow man-
Thomas Stearn Eliot
He convey the idea of emptiness and chaos, alienation, absence of any ideal of modern society.
Eliot makes a comparison from the passed golden age of man to todays corruption of modern age
and the lack of sense of our days human existence.
Eliot believes that modern society lacks a vital sense of community and a spiritual centre.
The waste land of the poem is modern European culture, which has come too far from its
spiritual roots.
Eliot's poem, depicts modern society as being in the infertile part of the cycle. Human
beings are isolated, and sexual relations are sterile and meaningless.
Instead in the sickness is shown as different mental disease :
Becket
1)Apathia 2)Athambia
indifference imperturbability
3)Aphasiainability to speak and communicate
Different interpretation said that Godot could be maybe God or Charlotte.
Waiting for Godot could be considered a work embodied in the Theatre of Absurd non-
realistic genre of the 20° century, this genre shows the absurdity of human existence.
Beckett pointed out this absurdity through the setting: an only road which suggests the
homelessness of the characters and emphasizes the fact that they're going nowhere and it
could be any place, any time any situation. There is also a stylised tree, with 2 or 3 leaves
attached, in this country road. The real absurdity it's better underlined through the characters
in fact they are nothing but empty puppets, clown, interchangeable between each other.
Vladimir and Lucky represents the mind, the intellect while Estragon and Pozzo represents
the body. The characters in the first act try to contemplate suicide but they are even unable
to do this( that underline perfectly the cynic ironic situation of the characters). 6
4)BIOLOGIA
La seconda causa di morti nel mondo –la malattia :il cancro…
Il numero crescente dei casi di cancro è in parte dovuto all'aumento della durata media della
vita, ottenuto in questi ultimi decenni, grazie all'influenza positiva dei progressi della terapia
(igiene pubblica, vaccinazioni preventive, agenti medicamentosi, farmaci antinfettivi e altri,
rianimazione nelle affezioni acute, chirurgia d'urgenza). Inoltre oggi sono possibili molte
diagnosi, con esattezza e frequenza maggiori di quelle consentite un tempo. La biopsia, ad
esempio, non è entrata in pratica che da qualche decina d'anni. Le statistiche dimostrano
variazioni di frequenza; l'aumento di frequenza dei cancri primitivi del polmone è fortissimo,
come pure quello dei cancri del fegato, che si stanno verificando in tutto il mondo dopo la
seconda guerra mondiale. Incidenza e mortalità tra la popolazione variano in funzione di molti
fattori: età, sesso, salubrità dell’ambiente, dieta etc. Il cancro rappresenta la seconda causa di
morte dopo le malattie cardiovascolari (nel 1996 i decessi sono stati 160.000); ogni anno si
registrano circa 300.000 nuovi casi e nel 1997 i malati erano 1.400.000. La percentuale di
sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi (cioè con buona probabilità di guarigione) è salita al
50%.
Il termine cancro indica tutte le neoformazioni di tessuti, generate da un disordine della
moltiplicazione e del metabolismo cellulare; esso tuttavia non delimita uno stato morboso unico. È
possibile una definizione analitica:
1. si tratta di un aumento della massa delle cellule e dei tessuti;
2. tale aumento supera in velocità e intensità la crescita tissurale e cellulare normale;
3. è, almeno in gran parte, indipendente dai fattori di crescita dei tessuti normali;
4. questa crescita continua dopo la cessazione dell'azione scatenante;
5. si evolve verso regioni dell'organismo nelle quali la presenza di tale tipo cellulare o tissurale
non è normale.