Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Nel Medioevo, il termine "autore" era associato al concetto di "auctoritas", indicando una figura autorevole più che un creatore di opere.
  • Non esisteva una netta distinzione tra chi scriveva, recitava, o copiava un testo, portando a confusione nei ruoli di autori e copisti.
  • L'anonimato dei testi era comune, poiché il valore era dato ai contenuti tradizionali e alla loro autorevolezza, piuttosto che alla paternità dell'opera.
  • La diffusione orale dei testi era prevalente, con giullari e trovatori che recitavano opere in pubblico, modificandole o componendo nuove poesie legate alle corti signorili.
  • Il basso Medioevo vide l'emergere di intellettuali laici, provenienti da ambienti non ecclesiastici, segnando un cambiamento rispetto al predominio precedente dei chierici.

Indice

  1. Significato del termine “autore”
  2. “Autore” un termine con vari significati
  3. Anonimato dei testi
  4. Oralità dei testi
  5. Giullari, goliardi, trovatori e troveri
  6. Aumento degli intellettuali laici a scapito dei chierici
  7. Gli intellettuali al tempo della Signoria

Significato del termine “autore”

Nel Medioevo, soprattutto nell’ alto Medioevo la parola “autore” (dal latino “auctor”) aveva un significato diverso da quello di oggi. Innanzitutto, esso era collegato al concetto di “auctoritas” col valore di autorevolezza, persona autorevole con cui, fra l’altro, condivide la radice.
Nel Medioevo, il termine “auctor” faceva pensare soprattutto ai classici o a coloro che si occupavano di interpretare i testi sacri, ossia era un sinonimo di “esegeta”. In sintesi, si trattava di colui che era depositario di un sapere consolidato nel tempo e pertanto “autorevole”. Durante il Medioevo, l’ “auctoritas” si fondava sulle Sacre Scritture e solo più tardi il termine cominciò ad essere applicato anche ai contemporanei. In altre parole si potrebbe dire “auctor” non era tanto colui che creava un’opera, quanto piuttosto chi era impegnato a trasmetterne i contenuti.

“Autore” un termine con vari significati

Nel Medio Evo esisteva anche una sorta di confusione fra colui che inventa il testo e colui che lo recita (= esecutore), colui che lo traduce (= volgarizzatore), glossatore (= colui che inserisce le note e commenta il testo) e il copista (chiamato anche “amanuense”). Oggi, questi termini sono distinti, ma nell’alto Medioevo non esisteva alcuna differenza. Basti pensare che Turoldo firmo, il manoscritto della Chanson de Roland come se ne fosse l’autore, ma in realtà, era soltanto il copista.
Nelle piazze, i giullari che erano soltanto degli esecutori, in realtà nei testi dei loro spettacolo, toglievano o aggiungevano delle parti. Modificandoli, così, a piacere. Anche negli ambienti dei monasteri dove lavoravano gli amanuensi non era chiara la distinzione fra copisti, glossatori e autori veri e propri. Era anche frequente il fatto che gli amanuensi si prendessero la libertà di correggere il testi che copiavano, aggiungendo o togliendo interi passi dall’originale, D’altra parte, poiché il concetto di paternità letteraria non esisteva gli stessi autori nei loro scritti riportavano frasi altrui senza citarne la fonte.

Anonimato dei testi

Da questa mancanza del concetto di paternità di un testo, deriva anche la diffusione dell’anonimato e non solo nell’alto Medioevo. Un esempio ci è dato da ” Il Novellino”. Non si trattava di una dimenticanza. La motivazione è da ricercare nel fatto che si dava valore soltanto a ciò che era tradizionale e quindi che faceva riferimento al concetto di “auctoritas” e solo con queste premesse lo scrittore poteva far si che ciò che aveva scritto potesse essere apprezzato dal pubblico. Sempre ne “Il Novellino”, l’anonimo copia testi da altri, ne inserisce dei propri senza fare alcuna distinzione fra quanto copiava e quanto era frutto della propria capacità.
La moderna nozione di “autore” si fa avanti nel basso Medioevo in cui gli scrittori cominciano ad essere consapevoli della propria professionalità e qui si preoccupano di tramandare il proprio nome con la propria opera. Questo cambiamento ha inizio alla fine dell’IX secolo, soprattutto in ambito universitario e cittadino. Significative, in questo senso sono le cronache di alcuni mercanti-scrittori, fra cui la “Cronica” di Buonaccorso Pitti che nella sua opera predilige particolarmente l’uso della prima persona singolare.

Oralità dei testi

Occorre fare anche una precisazione sull’importanza dell’oralità. All’inizio, anche i testi scritti, venivano destinati principalmente alla recitazione o al canto, ma mai alla lettura silenziosa. I testi venivano scritti soltanto per uso privato e non venivano fatti circolare sotto forma di libro. Anche durante il periodo comunale, i testi avevano una duplice diffusione: scritta e orale. Anche una parte delle opere di Dante era destinata ad essere messa in musica e cantata, come per esempio, il passo del “Purgatorio” in cui Dante incontra il musico Casella, che intona una composizione poetica dello stesso Dante.

Giullari, goliardi, trovatori e troveri

La diffusione orale coinvolgeva anche i testi in prosa: gli exempla sacri e profani, i romanzi cortesi o le novelle erano oggetto di lettura silenziosa e di lettura ad alta voce, effettuata in pubblico. Gli specialisti della trasmissione orale erano i goliardi, i giullari, i troveri e i trovatori. . I trovatori operavano nel sud della Francia e adoperavano la lingua d’oc, cioè l’antico provenzale: i troveri erano diffusi nel nord della Francia e cantavano in lingua d’oïl, l’antico francese.
I goliardi erano chierici che, spostandosi da una città all’altra per motivi di studio, si dilettavano a scrivere composizioni di tipo profano.
Invece, i giullari erano laici, spessi in antagonismo con la Chiesa e le autorità costituite verso cui non risparmiavano pesanti battute e in questo si facevano portatori del malcontento del popolo. Molto spesso erano messi al bando. I giullari non avevano dimora fissa; recitavano il loro repertorio nelle piazze, nei mercati, lungo le vie dei pellegrinaggi o sul sagrato dei santuari. Il loro repertorio era vasto: cantavano le vite dei santi, le imprese eroiche, le leggende, i costumi dei nobili e dei preti. De la loro più grande aspirazione era di essere assunti in pianta stabile alla corte di un signore feudale. I trovatori erano esecutori- autori di testi poetici di una certa levatura. A differenza dei giullari, erano legati ad una corte signorile, soprattutto in Provenza dove si parlava la lingua d’oc. La loro produzione era molto elegante e raffinata anche dal punto di vista musicale, proprio perché vivevano a corte. Con loro, in anticipo di almeno un secolo rispetto all’Italia, inizia la trasmissione scritta dei testi poetici.

Aumento degli intellettuali laici a scapito dei chierici

Un altro aspetto che interessa la diffusione dei testi, è il progressivo aumento del numeri degli intellettuali laici, soprattutto durante il basso Medio Evo. Questo significa che molti scrittori, pur professando la religione cristiana, non provengono più dall’ambiente ecclesiastico, ma dalle file della nobiltà o della vita attiva: notai, giudici, artigiani, medici o mercanti mentre prima l’intellettuale era quasi esclusivamente un chierico. A quel tempo, l’intellettuale veniva chiamato “clericus” e “litteratus”; quest’ultimo termine significa “colui che sa leggere e scrivere in lingua latina”, cioè che ha appreso la “littera”, termine sinonimo di “latino”. Infatti per occuparsi di temi culturali si adoperava il latino e questi era prevalentemente monaci, e a volte anche chierici secolari che insegnavano le arti liberali oppure la teologia, all’interno delle poche scuole esistenti. L’aumento di scrittori laici non è uniforme. Diventa consistente nei secoli XIII e XIV, soprattutto in Sicilia, alla corte di Federico II di Svevia dove emergono giudici, notai e funzionari di corte. Si tratta di intellettuali che non hanno problemi economici la cui professione abituale e totalmente diversa da quella di scrittore.

Con questo, però, non si deve credere che la figura del chierico scompaia del tutto. Essi mantengono un predominio molto saldo nel campo della filosofia e della teologia e anche nelle Università, controllate dalla Chiesa dal punto di vista giuridico e culturale. Dal punto di vista sociologico, nel Medioevo, gli intellettuali erano dei dilettanti, anche se raggiungevano un elevato livello di produzione poetica. Viveva del guadagno derivati da un’altra professione, dal fatto che appartenessero al clero o dalle rendite, nel caso di nobili

Gli intellettuali al tempo della Signoria

Nel corso del Trecento la situazione cambia nuovamente: se durante il periodo dei Comuni, l’intellettuale era autonomo, con l’avvento della Signoria, la corte diventa un polo di attrazione per gli intellettuali che rinunciano alla propria autonomia in cambio di una certa tranquillità economica, garantita dal signore. La figura dell’intellettuale cortigiano resterà tale fino all’età moderna. Anche la Chiesa costituisce un polo di attrazione per gli intellettuali che usufruiscono di benefici economici e perfino di una certa libertà nel trattare argomenti profani. Addirittura, non è raro il caso di intellettuali a cui la Chiesa conferisce incarichi importanti perché si sono distinti nello studio dei testi classici.

Domande da interrogazione

  1. Qual era il significato del termine "autore" nel Medioevo?
  2. Nel Medioevo, il termine "autore" era legato al concetto di "auctoritas", riferendosi a una persona autorevole, spesso associata ai classici o agli esegeti dei testi sacri, piuttosto che a chi creava un'opera.

  3. Come veniva percepita la paternità dei testi nel Medioevo?
  4. La paternità dei testi non era un concetto ben definito nel Medioevo, portando a una diffusione dell'anonimato, poiché il valore era attribuito a ciò che era tradizionale e autorevole.

  5. Qual era il ruolo dei giullari e dei trovatori nella trasmissione dei testi?
  6. I giullari e i trovatori erano specialisti della trasmissione orale, con i giullari che spesso modificavano i testi e i trovatori che creavano opere poetiche eleganti, legati a corti signorili.

  7. Come è cambiata la figura dell'intellettuale nel basso Medioevo?
  8. Nel basso Medioevo, vi fu un aumento degli intellettuali laici, provenienti da ambienti non ecclesiastici, come notai e mercanti, mentre prima erano principalmente chierici.

  9. Quali cambiamenti si verificarono per gli intellettuali durante il periodo della Signoria?
  10. Durante il periodo della Signoria, gli intellettuali iniziarono a gravitare verso le corti per una maggiore stabilità economica, rinunciando alla loro autonomia, e la Chiesa continuò a essere un polo di attrazione.

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