emmebivenezia
Habilis
15 min. di lettura
Vota 3 / 5

Concetti Chiave

  • Il sogno è un tema ricorrente nella letteratura italiana, esplorato sia in prosa che in poesia da autori come Giacomo Leopardi e Giovanni Pascoli.
  • Nella poesia "Il sogno", Leopardi immagina un incontro onirico con una giovane donna amata, che trasmette un messaggio di solitudine e disperazione, segnato da un destino ineluttabile.
  • Leopardi utilizza un linguaggio aulico ed elegiaco per esprimere il dolore e l'angoscia legati alla perdita e all'amore non corrisposto, influenzato dalla lettura di Petrarca.
  • In "Ultimo sogno", Pascoli descrive un'esperienza onirica in cui la morte è vista come una liberazione dal dolore, attraverso immagini di silenzio e pace.
  • Nonostante le differenze nelle loro visioni del sogno, sia Leopardi che Pascoli condividono un'atmosfera di angoscia e dolore, riflessa attraverso il linguaggio e le immagini utilizzate.

Indice

  1. Il Sogno nella Letteratura Italiana
  2. Analisi del Sogno di Leopardi
  3. Ultimo Sogno di Pascoli
  4. Confronto tra Leopardi e Pascoli

Il Sogno nella Letteratura Italiana

In questo appunto si descrive approfonditamente il tema del sogno nel pensiero letterario di Giacomo Leopardi e di Giovanni Pascoli. Si descrive la sfera onirica in Leopardi e in Pascoli, si riporta ad esempio anche il testo de Il sogno di Giacomo Leopardi, con l'analisi del testo poetico.

Si riporta anche l'analisi del testo poetico “Ultimo sogno” di Giovanni Pascoli.

Sogno in letteratura - Leopardi e Pascoli articolo

In letteratura italiana il sogno é un tema che viene trattato più volte e sotto forma sia di poesia che di prosa. Tra le molteplici poesie dedicate a questo particolare tema ho scelto di analizzare due componimenti di due importanti autori del XIX secolo: Giacomo Leopardi e Giovanni Pascoli.

Era il mattino, e tra le chiuse imposte

Per lo balcone insinuava il sole

Nella mia cieca stanza il primo albore;

Quando in sul tempo che più leve il sonno

E più soave le pupille adombra,

Stettemi allato e riguardommi in viso

Il simulacro di colei che amore

Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.

Morta non mi parea, ma trista, e quale

Degl'infelici è la sembianza. Al capo

Appressommi la destra, e sospirando,

Vivi, mi disse, e ricordanza alcuna

Serbi di noi? Donde, risposi, e come

Vieni, o cara beltà? Quanto, deh quanto

Di te mi dolse e duol: né mi credea

Che risaper tu lo dovessi; e questo

Facea più sconsolato il dolor mio.

Ma sei tu per lasciarmi un'altra volta?

Io n'ho gran tema. Or dimmi, e che t'avvenne?

Sei tu quella di prima? E che ti strugge

Internamente? Obblivione ingombra

I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno;

Disse colei. Son morta, e mi vedesti

L'ultima volta, or son più lune. Immensa

Doglia m'oppresse a queste voci il petto.

Ella seguì: nel fior degli anni estinta,

Quand'è il viver più dolce, e pria che il core

Certo si renda com'è tutta indarno

L'umana speme. A desiar colei

Che d'ogni affanno il tragge, ha poco andare

L'egro mortal; ma sconsolata arriva

La morte ai giovanetti, e duro è il fato

Di quella speme che sotterra è spenta.

Vano è saper quel che natura asconde

Agl'inesperti della vita, e molto

All'immatura sapienza il cieco

Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara,

Taci, taci, diss'io, che tu mi schianti

Con questi detti il cor. Dunque sei morta,

O mia diletta, ed io son vivo, ed era

Pur fisso in ciel che quei sudori estremi

Cotesta cara e tenerella salma

Provar dovesse, a me restasse intera

Questa misera spoglia? Oh quante volte

In ripensar che più non vivi, e mai

Non avverrà ch'io ti ritrovi al mondo,

Creder nol posso. Ahi ahi, che cosa è questa

Che morte s'addimanda? Oggi per prova

Intenderlo potessi, e il capo inerme

Agli atroci del fato odii sottrarre.

Giovane son, ma si consuma e perde

La giovanezza mia come vecchiezza;

La qual pavento, e pur m'è lunge assai.

Ma poco da vecchiezza si discorda

Il fior dell'età mia. Nascemmo al pianto,

Disse, ambedue; felicità non rise

Al viver nostro; e dilettossi il cielo

De' nostri affanni. Or se di pianto il ciglio,

Soggiunsi, e di pallor velato il viso

Per la tua dipartita, e se d'angoscia

Porto gravido il cor; dimmi: d'amore

Favilla alcuna, o di pietà, giammai

Verso il misero amante il cor t'assalse

Mentre vivesti? Io disperando allora

E sperando traea le notti e i giorni;

Oggi nel vano dubitar si stanca

La mente mia. Che se una volta sola

Dolor ti strinse di mia negra vita,

Non mel celar, ti prego, e mi soccorra

La rimembranza or che il futuro è tolto

Ai nostri giorni. E quella: ti conforta,

O sventurato. Io di pietade avara

Non ti fui mentre vissi, ed or non sono,

Che fui misera anch'io. Non far querela

Di questa infelicissima fanciulla.

Per le sventure nostre, e per l'amore

Che mi strugge, esclamai; per lo diletto

Nome di giovanezza e la perduta

Speme dei nostri dì, concedi, o cara,

Che la tua destra io tocchi. Ed ella, in atto

Soave e tristo, la porgeva. Or mentre

Di baci la ricopro, e d'affannosa

Dolcezza palpitando all'anelante

Seno la stringo, di sudore il volto

Ferveva e il petto, nelle fauci stava

La voce, al guardo traballava il giorno.

Quando colei teneramente affissi

Gli occhi negli occhi miei, già scordi, o caro,

Disse, che di beltà son fatta ignuda?

E tu d'amore, o sfortunato, indarno

Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.

Nostre misere menti e nostre salme

Son disgiunte in eterno. A me non vivi

E mai più non vivrai: già ruppe il fato

La fe che mi giurasti. Allor d'angoscia

Gridar volendo, e spasimando, e pregne

Di sconsolato pianto le pupille,

Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi

Pur mi restava, e nell'incerto raggio

Del Sol vederla io mi credeva ancora.

Analisi del Sogno di Leopardi

La poesia Il sogno fu composta probabilmente tra il 1820 e il 1821 a Recanati. La poesia fa parte dei numerosi idilli che il poeta scrisse in quel periodo: più precisamente “Il sogno” viene anche chiamato “Idillio IV”. Nella poesia Leopardi racconta di avere sognato una giovane donna: si tratta di Teresa Fattorini, una delle poche donne da lui amate, scomparsa molto giovane. Nel sogno, la giovane donna si avvicina al poeta e gli chiede se lui si ricorda ancora di lei; egli le risponde che si ricorda certamente ma vorrebbe scoprire che cos’é che la tormenta (E che ti strugge/ Internamente?). Ella risponde che lui l’aveva vista morire nel fiore della sua giovinezza (nel fior degli anni estinta,/ Quand'è il viver più dolce), il cielo infatti aveva destinato a lei una vita breve mentre lui era ancora in vita. Il destino aveva riservato ad entrambi una vita dedicata al pianto (Nascemmo al pianto,/ Disse, ambedue). Il Leopardi, ancora colmo di pianto per la morte di lei, domanda se in vita lei abbia mai provato qualche sentimento d’amore nei suoi confronti (Favilla alcuna, o di pietà, giammai/ Verso il misero amante il cor t'assalse/ Mentre vivesti?). La risposta é positiva, al punto che Leopardi chiede gentilmente alla giovane donna di avvicinare la mano destra al suo petto (concedi, o cara,/ Che la tua destra io tocchi) e lei corrisponde alla richiesta. Il poeta, allora, ansimante e pieno di sudore, accosta la mano destra della ragazza al suo cuore e la bacia. A quel punto, la giovane donna, guardandolo dritto negli occhi, gli dice che ormai lei é priva di bellezza fisica mentre lui freme ancora inutilmente di amore. Il destino ha spezzato l’amore e la fedeltà che lui le aveva giurato in vita (già ruppe il fato/ La fe che mi giurasti) e così la donna avverte il poeta che lui non vive e non vivrà più per lei (A me non vivi/ E mai più non vivrai). Leopardi, a quel punto, ansimando e piangendo, si risveglia dal sonno, anche se gli sembra ancora di vedere la fanciulla negli occhi e nella luce tenue della stanza.

Si crede però che la poesia non sia interamente dedicata a Teresa Fattorini ma che nello scriverla, Leopardi abbia armonizzato due vivide esigenze. Da un lato esprime il suo profondo dolore per la morte della Fattorini (donna che il poeta ascoltava cantare e guardava dal suo balcone prima che lei morisse), dall’altro lato si crede che l’ispirazione a scrivere la poesia sia stata data dal desiderio di baciare un’altra giovane donna di Recanati, Teresa Brini. Con la poesia quindi, trasferendo tutto in un sogno, il giovane Leopardi immagina di poter soddisfare il desiderio di dare un bacio reale alla Brini.

Il messaggio che ci dà la poesia (messaggio che viene rivelato a Leopardi nel sogno) é la terribile verità che egli non avrà più un amore nella sua vita. Attraverso le parole della giovane donna, la quale dice che non lo rivedrà più perché il fato ha interrotto il loro amore, Leopardi é disperato, piange e si sveglia dall’incubo che gli ha annunciato questa triste verità in piena mattina. Leopardi capisce che é destinato a restare da solo e l’unica cosa che gli rimane dopo il risveglio é quella di attendere e sperare.

La poesia sembra sia stata influenzata dalle letture di Petrarca; egli aveva infatti descritto in forma onirica ed elegiaca il suo incontro con Laura morta. Infatti, questo canto di Leopardi sintetizza in forma poetica ed elegiaca il mondo interiore e sentimentale del poeta. Il poema é composto da versi endecasillabi sciolti ed il linguaggio é aulico e raffinato. Il tema emotivo dominante della poesia é la disperazione, la tristezza e l’angoscia che prova il poeta per la perdita di questa giovane donna. Il sogno in Leopardi é quindi un sogno che é portatore di verità, verità che possono fare male; é un sogno che si trasforma in incubo per il finale che presenta.

Da un immoto fragor di carrïaggi

ferrei, moventi verso l'infinito

tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi...

un silenzio improvviso. Ero guarito.

Era spirato il nembo del mio male

in un alito. Un muovere di ciglia;

e vidi la mia madre al capezzale:

io la guardava senza meraviglia.

Libero!... inerte sì, forse, quand'io

le mani al petto sciogliere volessi:

ma non volevo. Udivasi un fruscio

sottile, assiduo, quasi di cipressi;

quasi d'un fiume che cercasse il mare

inesistente, in un immenso piano:

io ne seguiva il vano sussurrare,

sempre lo stesso, sempre più lontano.

Ultimo Sogno di Pascoli

“Ultimo sogno” é il componimento che chiude la raccolta Myricae, la cui terza edizione uscì nel 1897. Il titolo della poesia é molto emblematico e poco chiaro. Qual é l’ultimo sogno a cui Pascoli si riferisce? Leggendo la poesia ci troviamo su un confine tra vita e morte, dove a tutto il rumore dell’esistenza che sembrava infinito si sostituisce il silenzio. Tutto lo scompiglio ed il rumore, gli schiocchi e i fremiti, si esauriscono all’improvviso ed il motivo di tutto ciò é la guarigione. Dunque Pascoli stava sognando. Nella seconda quartina, il poeta apre lentamente gli occhi (un muovere di ciglia) e vede al suo capezzale la madre, da tempo morta. Egli la guarda senza meraviglia, forse convinto che quella guarigione in realtà fosse la morte e quel silenzio fosse tipico dell’aldilà. La terza strofa si apre con un’esclamazione: “Libero!”. Il poeta si sente libero da qualsiasi affanno e da qualsiasi dolore e comincia ad udire e quindi ad immaginare un paesaggio formato da cipressi e da un fiume che confluisce in un mare. Tutto ciò é un chiaro simbolo di morte, che però Pascoli vede come una liberazione da tutto il dolore che ha provato. Pascoli é convinto di essere morto, vedendo la madre e udendo il fruscio dei cipressi.

La poesia é formata da quattro quartine, caratterizzate da una rima alternata ABAB.

Sogno in letteratura - Leopardi e Pascoli articolo

Confronto tra Leopardi e Pascoli

Il sogno in Pascoli non é quindi un sogno di dolore come per Leopardi, ma più una liberazione dal dolore fisico avuto in vita che se ne va una volta che pure la vita se n’é andata. Un sogno che é capace di viaggiare in un mondo che può essere quello dell’aldilà.

Leopardi e Pascoli oltre la somiglianza del tema trattato, si accomunano tra loro per lo sviluppo di esso. Sia in Leopardi che in Pascoli l’atmosfera é angosciosa e predominata dal dolore: le parole di Leopardi (pallor, strugge, angoscia, gridar, pianto), esprimono le stesse emozioni di quelle di Pascoli, date da parole come carrïaggi, schiocchi, fremiti, male, fruscio sottile (…) di cipressi, sussurare, lontano.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale trattato nella poesia "Il sogno" di Giacomo Leopardi?
  2. Il tema principale è il sogno come portatore di verità dolorose, in cui Leopardi esprime la disperazione e l'angoscia per la perdita di un amore giovanile, rappresentato da Teresa Fattorini.

  3. Come viene descritto il sogno nella poesia "Ultimo sogno" di Giovanni Pascoli?
  4. In "Ultimo sogno", il sogno è descritto come una liberazione dal dolore fisico, un passaggio verso un mondo di pace e silenzio, simboleggiato dall'incontro con la madre defunta.

  5. Quali sono le differenze tra il sogno in Leopardi e in Pascoli?
  6. Mentre in Leopardi il sogno è un incubo che rivela verità dolorose, in Pascoli è una liberazione dal dolore, un viaggio verso un aldilà sereno.

  7. Quali elementi comuni si trovano nei sogni di Leopardi e Pascoli?
  8. Entrambi i sogni sono caratterizzati da un'atmosfera angosciosa e predominata dal dolore, con un linguaggio che esprime emozioni intense e malinconiche.

  9. Qual è il messaggio finale della poesia "Il sogno" di Leopardi?
  10. Il messaggio finale è la consapevolezza della solitudine e della mancanza di amore nella vita di Leopardi, una verità rivelata attraverso il sogno che si trasforma in incubo.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community