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Concetti Chiave

  • Il dialogo tra Plotino e Porfirio esplora il tema del suicidio filosofico, motivato dal tedium vitae e dalla percezione dell'infelicità come condizione inevitabile della vita.
  • Porfirio critica la filosofia di Platone, sostenendo che la paura dell'aldilà è inefficace nel migliorare la moralità umana e che il suicidio può essere una liberazione dall'infelicità.
  • Plotino controbatte che la natura, che preserva la vita, rende il suicidio un atto contro natura, mentre Porfirio ritiene che la razionalità giustifichi la morte come soluzione alla sofferenza.
  • La discussione evolve su due piani: la liceità del suicidio e l'importanza della solidarietà e del supporto reciproco come antidoti all'infelicità umana.
  • La speranza e l'illusione sono viste da Plotino come strumenti naturali che possono sopraffare la ragione, offrendo una prospettiva di resistenza all'infelicità tramite i legami umani.

Indice

  1. Dialogo tra Plotino e Porfirio
  2. Il dilemma del suicidio filosofico
  3. Critica alla filosofia di Platone
  4. La natura e l'istinto di sopravvivenza
  5. La nuova natura razionale
  6. Il ruolo della speranza
  7. Solidarietà e pietà reciproca

Dialogo tra Plotino e Porfirio

Dialogo tra due esseri umani, in particolare due filosofiche seguono Platone: Plotino è il maestro di Porfirio. La forma non segue tuttavia la tradizione dialogica, il rapporto tra i due interlocutori non è sbilanciato, la verità del maestro non fa mai sentire inferiore l’alunno, il quale non è sminuito in alcun modo, non è dunque volto alla dimostrazione della propria bravura dialettica.

Il dilemma del suicidio filosofico

Porfirio è arrivato a concepire il suicidio ed il maestro se ne accorge [paese=parere]. Plotino dice che l’alunno non sta ragionando, sopraffatto dall’umor nero, sospetta che stia meditando il peggio. Porfirio fa finta di non capire le sue domande [la parola “suicidio” non viene neanche pronunciata per malaugurio]. Rapporto confidenziale abbatte le barriere, fa affrontare un tema anche così delicato, ma vuole confrontarsi perché tiene troppo a lui, e quindi lo invita ad aprire il suo animo. Lui sta contemplando un tipo di suicidio filosofico, non causato da una sciagura o disavventura, bensì per il tedium vitae, male ontologico, sofferenza interiore. Porfirio ha sperimentato la vanità di ogni cosa, non c’è più alcun valore. La noia è infatti un sentimento onnipervasivo, che risponde alla realtà, alla vera situazione degli uomini [Leopardi temeva censura, mette suo opinione nelle bocche di altri].

Critica alla filosofia di Platone

Platone per Porfirio ha facoltà scolastica e non è applicabile alla vita, lui infatti ha creato una concezione di paura verso l’aldilà con lo scopo di rendere le persone più buone in vita, fallendo. Porfirio ritiene infatti che non si debba temere la morte, in quanto è liberazione. Platone ha creato paura per impedire malvagità, ma questo timore accompagna gli uomini solo nel momento prima di morire: le persone buone e deboli non hanno bisogno di questa paura, mentre quelle cattive non vengono neanche turbate dal sentimento. Dunque il fine ultimo di questa filosofia è inutile, comportamenti vengono regolamentati dalle leggi. Può capitare tuttavia che avvenga che qualche malintenzionato venga condizionato da questa paura, ma nessuna persona buona deve la sua natura al timore. L’uomo è l’essere in cui l’infelicità viene più sentita, e questo primato veniva riconosciuto già dagli antichi come Omero, gli animali invece non hanno desideri suicidi perché sono mossi solo da istinti. Gli uomini patiscono e vivono ogni dolore, il male che Platone ha recato al genere umano è più grande del dolore a cui la natura condanna gli uomini secondo Porfirio.

La natura e l'istinto di sopravvivenza

Plotino interviene, per lui la natura ci insegna che il suicidio non è lecito “atto più contrario a natura che esista”. La natura ha disposto le cose per preservare la vita delle varie specie viventi, aggiunge inoltre dentro di noi un istinto di sopravvivenza. Porfirio chiede: se si vive dunque, bisogna rassegnarsi all’infelicità? La natura sembra volere vita ma senza dare la possibilità di essere felici, in noi esiste una gerarchia di pulsioni che viene capitanata dalla felicità seguita dalla vita, dunque l’unico modo per sfuggire all’infelicità è uccidersi. Plotino afferma che gli animali si comportano sempre seguendo la natura e non mostrano interesse per il suicidio, ma Porfirio risponde dicendo che, ammesso che il suicidio sia contro natura, noi “inciviliti” siamo contro natura? Ci presentiamo quasi come una specie diversa rispetto agli uomini che vivono in India o in Etiopia. Il progresso ci ha cambiati, ha accresciuto la nostra infelicità, e noi “inciviliti” siamo dunque contro natura, quindi è lecito che pensiamo contro natura e contempli il suicidio. Porfirio propone un’ipotesi impossibile, dice infatti che se l’uomo primitivo non ha questo desiderio, allora si può tornare indietro. La medicina moderna è per lui contro natura, è un metodo innaturale che guarisce da mali altrettanto innaturali, dunque non tutte le cose contro natura sono negative, altro rimedio è infatti il suicidio.

La nuova natura razionale

In noi è nata una nuova natura, dominata dalla ragione che afferma che la morte sia l’unico rimedio valevole. La nuova natura, quella dell’uomo razionale, è diversa da quella primitiva. Ragiona vs natura. Questa seconda natura si sostituisce alla prima e diventa antagonista della vita. All’interno di questa nuova natura, il pensiero della morte trova uno spazio che non aveva prima. L’idea del suicidio è conforme a questa nuova natura perché si comprende che la morte è il maggior bene dell’uomo, cosi dice Porfirio. Questo avviene perché la ragione fa vedere le cose in maniera diversa: rende desiderabile la morte perché la vita è condannata all’infelicità. Sono cambiati i criteri: la ragione spiegata di cui parlava vico nella scienza nuova, una ragione che detta le leggi, che ispira le decisioni, sarebbe singolare e curioso che la ragione non dovesse governare anche la scelta di togliere la vita. Non si vede perché la prima natura dovrebbe essere ancora rispettata se ormai la natura è cambiata. Così Porfirio ritiene di aver dimostrato che il togliersi la vita sia una cosa lecita, che nulla possa impedirlo. Adesso resta da verificare se sia anche utile. È inutile portarci sul terreno dell’utilità (la filosofis del 700 aveva fatto dell’utilitarismo sulla considerazione del utile, corrente di pensiero che parte dal sensismo e dal materialismo sfociata nel utilitarismo, corrente filosofica molto in auge nel periodo di leopardi). Ma plotino dice che il problema è vedere ancora se l’atto è lecito o no. Patire o non patire: sposta la riflessione dal piano ontologico al piano etico, cioè quello che da più vicino coinvolge il piano della scelta. Devo decidere. Bivio molto chiaro: patire o non patire. Sono entrambi d’accordo che la vita sia infelice, se decidi di fare i conti con l’infelicità decidi di vivere, se non vuoi soffrire allora scegli la morte. Qual è la scelta giusta? Nella prima parte sembra che potino acconsenta alla tesi di Porfirio. L’ideale sarebbe soffrire e godere: saremmo disposti a soffrire per un po’ se avessimo la certezza di poter usufruire dei godimenti e dei piaceri.

Senonché noi viviamo afflitti dal desiderio oppure dalla noia che ci dimostra la vanità di tutte le cose che non può appare il nostro desiderio di felicità. Porfirio rincara la dose: desiderio e noia sono cause permanenti che producono il desiderio di togliersi la vita. L’errore è un errore di calcolo: errore di chi continua a pensare che anche se non è mai stato felice potrà esserlo, è l’illusione che rinasce. Introduce inoltre la figura di Egesia per sostenere la sua tesi: lui era infatti un filosofo dell’IV secolo, il quale affermava consistere il piacere nell’assenza del dolore, cioè nella morte, e per questo venne soprannominato “persuasor di morire”. E proprio sull’illusione che Plotino fa leva per la sua argomentazione finale.

Il ruolo della speranza

Plotino riconosce le argomentazioni di Porfirio, ma vuole ritornare alla natura prima quello che Porfirio vuole sganciare dalla natura prima per seguire solo il punto di vista della ragione. La natura ha portato infelicità, ma molta meno rispetto alla ragione. L’incivilimento dovuto alla ragione ha aumentato l’infelicità. La natura matrigna è stata per certi versi benevola: ha reso infelici, ma ha cercato di nasconderci la verità, scoperta invece dalla ragione. Quindi attenua la tesi radicale di Porfirio: siamo diversi da come eravamo, ma non è detto che la natura primigenia sia spenta del tutto, qualcosa rimane. Questa facoltà di illudersi, l’autoinganno, è uno dei rimedi che ci ha offerto la natura e la prova che l’uomo civile non si è ancora del tutto affrancato dalla natura è questo. Non solo gli idioti ma anche i colti si illudono e continuano a sperare davanti ad ogni insuccesso. Vuol dire che la natura continua ad agire. Non c’è nulla che può impedire di tornare a sperare anche se questa speranza sappiamo è irragionevole. Comincia dall’osservazione psicologica delle persone: constata che le persone dopo gli insuccessi si rialzano, una speranza torna a rifiorire in tutti. La speranza finisce per avere il sopravvento anche sulla ragione. Sia ragionevole l’uccidersi. E la speranza non ragionevole. Il suicidio è un atto fiero e inumano. Il pensiero che uno dei freni al consumare questo suicidio dovrebbe essere il pensiero del dolore che rechiamo ai nostri cari, a quelli che ci volevano bene. Uccidersi per quanto ragionevole è un atto fiero e inumano, ma soprattutto egoista, pensare solo a se stessi, dimenticandosi delle possibili conseguenze sulle altre persone che non saprebbero rassegnarsi alla nostra perdita né al modo in cui l’abbiamo fatto. Bisogna essere duri di cuore per non pensare al dolore che arrechiamo agli altri.

Solidarietà e pietà reciproca

Chi non è colpito da calamità straordinarie, di chi non soffre per malattie o menomazione, può sopportare il dolere e far vedere di essere un uomo saggio. Senso eroico della vita che è nelle corde di leopardi. È una prova di forza d’animo far fronte ai dolori. Poi si fa leva sugli affetti: se un amico chiede di non togliersi la vita perché non accontentarlo? Sapendo che non accontentandolo gli daresti un grave dolore. Chiede al discepolo di non farlo sia perché l’uomo è portato a superare le sue paure e le sue debolezze, ma soprattutto per pietà e solidarietà delle persone che ti vogliono bene. Aiuta le persone a sopportare la sofferenza -> social catena della ginestra. “Viviamo e confortiamoci insieme”.

Tema finale: solidarietà e pietà reciproca, consolarci insieme dell’infelicità comune, darci aiuto e sostegno in tutte le circostanze in cui sia possibile lenire almeno in parte il dolore dei nostri amici. La ragione morale per la quale si deve esimere dal toglierci la vita è quella di non privarci di consolare gli altri, secondo quella social catena che ha una dimensione difensiva e protettiva nei confronti di una natura devastante (pensando alla ginestra) e qui di una natura che ha dispensato l’infelicità. Non aggraviamo la situazioni con la scelta personale, ma aiutiamoci insieme. Si arriva persino a questa solidarietà che vince persino la morte, che stabilisce un legame affettivo che si conserva con la memoria tra i vivi e i morti. Poter morire senza rimpianti e con la consolazione che le persone che ci hanno voluto bene non ci dimenticheranno.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema centrale del dialogo tra Plotino e Porfirio?
  2. Il dialogo esplora il dilemma del suicidio filosofico, con Porfirio che contempla il suicidio non per disavventure ma per il tedium vitae, mentre Plotino cerca di dissuaderlo, sottolineando l'istinto di sopravvivenza e il ruolo della speranza.

  3. Come Porfirio critica la filosofia di Platone?
  4. Porfirio critica Platone per aver creato una paura dell'aldilà per migliorare il comportamento umano, ma ritiene che questa paura sia inefficace, poiché le persone buone non ne hanno bisogno e quelle cattive non ne sono influenzate.

  5. Qual è la posizione di Plotino riguardo al suicidio?
  6. Plotino sostiene che il suicidio è contro natura, poiché la natura ha predisposto un istinto di sopravvivenza per preservare la vita, e invita a considerare la speranza e la solidarietà come motivi per continuare a vivere.

  7. Cosa rappresenta la "nuova natura razionale" secondo Porfirio?
  8. La nuova natura razionale, secondo Porfirio, è dominata dalla ragione che vede la morte come l'unico rimedio all'infelicità, sostituendo la natura primitiva e rendendo il suicidio un atto lecito.

  9. Qual è il ruolo della solidarietà e della pietà reciproca nel dialogo?
  10. La solidarietà e la pietà reciproca sono viste come motivi per non togliersi la vita, poiché aiutano a sopportare la sofferenza e a confortarsi insieme, creando un legame affettivo che supera persino la morte.

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